lunedì 28 febbraio 2011

AFGHANISTAN, MORTO TENENTE ALPINO, ALTRI 4 RIMASTI FERITI


Un militare italiano, il tenente Massimo Ranzani, è morto e altri quattro sono rimasti feriti nell'ovest dell'Afghanistan in un attentato rivendicato dai talebani.

I militari italiani, del quinto Reggimento Alpini, erano a bordo di un veicolo blindato Lince che e' saltato su un ordigno improvvisato. L'attentato e' avvenuto nel corso di un pattugliamento nella zona di Shindand.

Il convoglio italiano saltato in aria su uno Ied a Shindad stava rientrando alla base dopo un'operazione di assistenza medica alla popolazione locale. Lo sottolinea la Difesa precisando che l'agguato ai militari italiani è avvenuto alle 12.45 ora locale, a 25 chilometri a nord di Shindad. L'operazione per l'evacuazione dei quattro militari feriti è ancora in corso.

BERLUSCONI, CI SI CHIEDE SE SFORZO SERVA - "E' un tormento, un calvario e tutte le volte ci si chiede se questo sacrificio che impegna il parlamento con voto unanime e tutto il popolo italiano ad essere lì in un paese ancora medioevale sia uno sforzo che andrà in portò". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi commentando l'attentato in Afghanistan dove è morto un ufficiale dell'Esercito. Berlusconi ha quindi precisato: "dobbiamo andare avanti". Quindi ha ricordato che oltre al tenente morto vi sono altri quattro feriti dei quali tre gravi.

NAPOLITANO, PROFONDA COMMOZIONE - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profonda commozione la notizia del gravissimo attentato perpetrato a Shindand, in Afghanistan, contro il contingente italiano impegnato nella missione internazionale ISAF, in cui un militare ha perso la vita e altri quattro sono rimasti feriti, esprime i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei famigliari del caduto e un affettuoso augurio ai militari feriti. Lo rende noto un comunicato del Quirinale.

SCHIFANI, ALTO PREZZO MA RIMANIAMO - "L'Italia continua a pagare degli alti prezzi ma lo fa in piena coscienza e nella consapevolezza che la libertà è un bene da garantire anche al di fuori dei propri confini". Lo ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani, in visita ad una scuola dell'infanzia a Barete (L'Aquila), distrutta dal terremoto e ricostruita grazie anche al contributo del Senato. Ai giornalisti che gli chiedevano se l'Italia rimane in Afghanistan, Schifani ha risposto: "L'Italia non può che rimanere, la nostra presenza è condivisa all'interno della comunità internazionale e sarà essa a decidere i metodi di abbandono dell'Afghanistan, sicuramente quando esso sarà portato a piena democrazia". Il presidente del Senato ha espresso "profondo dolore per un'altra vita che cade immolandosi sull'altare della democrazia" e "vicinanza ai familiari dei nostri feriti".

CORDOGLIO FINI PER MILITARE UCCISO - "Ho appreso con sgomento e dolore la notizia dell'esplosione di un ordigno che ha colpito un veicolo blindato Lince nei pressi di Shindand, nell'ovest del Paese e provocato la morte del tenente Massimo Ranzani del quinto reggimento alpini. Desidero rinnovarLe il mio apprezzamento per il coraggio, la professionalità e lo spirito di sacrificio con cui i nostri militari svolgono la loro opera in questo tormentato Paese. La prego di voler far pervenire, unitamente al sentimento di profondo cordoglio e vicinanza alla famiglia del soldato caduto, i miei più fervidi auguri di pronta guarigione ai militar feriti e l'intensa solidarietà mia personale e di tutta la Camera dei deputati", è quanto ha scritto il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, in un messaggio inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Biagio Abrate.

DOLORE TRA ALPINI BELLUNO PER MILITARE UCCISO - E' stata accolta con 'profondo dolore'' tra gli alpini della caserma 'Salsa' di Belluno, sede del 7/mo Reggimento alpini, la notizia della morte del tenente Massimo Ranzani, ucciso nell'esplosione di un ordigno in Afghanistan e appartenente al quinto Reggimento alpini, con sede a Vipiteno (Bolzano). Ranzani aveva svolto servizio a Belluno per qualche anno, fino al 2004, come sottufficiale, prima di diventare ufficiale e essere riassegnato a Vipiteno. Appartenevano al 7/mo Reggimento di Belluno i quattro alpini caduti in Afghanistan il 9 ottobre scorso - il Primo caporal maggiore Gianmarco Manca, Primo caporal maggiore Francesco Vannozzi, Primo caporal maggiore Sebastiano Ville e il maggiore Marco Pedone - e il Caporal maggiore Matteo Miotto ucciso il 31 dicembre scorso.


Ansa Leggi tutto...

PRIMARIE "PD", A TORINO VINCE FASSINO, VOTANO IN 53MILA


Questa volta il Pd vince le primarie. A Piero Fassino va la prima battaglia per diventare sindaco di Torino. Ottiene il doppio dei voti del suo avversario, il giovane Davide Gariglio, che aveva fatto del rinnovamento generazionale il principale atout nella lotta tra candidati del partito di Pierluigi Bersani.

I rappresentanti delle altre forze di centrosinistra si dividono meno del trenta per cento dei voti. Ma il vero vincitore della domenica torinese è il popolo delle file, quasi 53 mila elettori che si sono messi in coda fin dal mattino, spesso attendendo in mezzo alla strada di fronte ai camper trasformati in seggi, polverizzando ogni precedente record di affluenza in città.

Alla fine dello scrutinio, l'ex segretario dei Ds ha raccolto 29.297 voti, pari al 55,28%; Gariglio il 27,39%, Gianguido Passoni il 12,42%; Michele Curto il 4,15% e Silvio Viale lo 0,76%. Alla consultazione hanno partecipato 53.185 persone, più o meno un elettore su 4 del centrosinistra. Fassino ha ricevuto le prime telefonate di congratulazioni da Bersani e Prodi. Anche l'ex leader dei Ds ha lanciato un appello simile a quello di Gariglio: "Adesso lavoriamo tutti uniti per la scaenza di maggio". Felice anche il sindaco uscente della città, Sergio Chiamparino. "La fase della mia successione inizia nel migliore dei modi. L'elevata affluenza al voto e la serenità e compostezza della partecipazione hanno riabilitato le primarie".

Questo è il responso di una domenica in cui protagonista assoluta è stata la partecipazione al voto. Del tutto inattesa in queste dimensioni, al termine di una campagna elettorale non sempre serena, giocata spesso sulla contrapposizione personale. Eppure, alle quattro del pomeriggio Giuseppe governa la fila che si snoda in silenzio di fronte al camper di piazza Guala, periferia sud di Torino, alle spalle di Mirafiori. Sono trenta, quaranta persone: "Alle 10 del mattino erano anche un centinaio". Ordinate e soprattutto silenziose: "Signora per chi vota?". "Ho deciso di venire qui, ma il voto è segreto. Non lo dico". Proprio come se quel camper parcheggiato di fianco a un'aiuola, in una piazza che conoscono tutti solo per essere una delle sedi dell'Aci della città, fosse un seggio vero, di elezioni vere, quelle in cui non si dichiara il voto a nessuno e, per favore, non dimenticate di riconsegnare la matita copiativa. L'età media della fila in questo pezzo di periferia supera chiaramente i 50 anni.

Ma non dappertutto è così. Al seggio di via Chiesa della Salute, alle spalle di quella che un tempo era la federazione torinese del Pci quando Fassino era segretario, in fila ci sono giovani e anziani. Giovanni, uno dei volontari al seggio, approfitta dell'occasione per prendere due piccioni con una fava: "Mentre aspettate di votare perché non firmate l'appello per le dimissioni di Berlusconi?".

Al circolo Garibaldi, zona Molinette, si presenta alle 19 il rettore del Politecnico, Francesco Profumo. Una ragazza con lo stemma di Michele Curto sulla giacca lo invita a trasferirsi cinquecento metri più in là: "Lei non è in questo seggio, professore. Non possiamo accettarla".

Alle 20 molti dei 73 seggi rimarranno aperti per smaltire la fila dei votanti. Alla fine i votanti saranno 52.922: un record. Basti il confronto con città molto più grandi: 42 mila votanti a Napoli, 67 mila a Milano. La partita di maggio si presenta meno difficile. Anche se il centrodestra annuncia battaglia candidando un giovane esponente del Pdl. Il nome sarà reso noto nelle prossime ore ma è chiaro che si giocherà tutto, anche qui, sul rinnovamento generazionale e Fassino sarà costretto a una nuova campagna elettorale in cui far valere il peso dell'esperienza.


Repubblica
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MUOIONO DUE UOMINI AL LAVORO IN CAMPAGNA


TORINO - Due uomini hanno perso la vita, ieri, mentre eseguivano dei lavori in campagna. Una domenica nella quale, purtroppo, l’intervento dei soccorsi non ha potuto evitare le tragiche conseguenze del caso.

Il primo infortunio ha provocato la morte di Pietro Durisotti, 40 anni, di Cerone di Strambino. Intorno alle 15 Durisotti è finito sotto il suo motocoltivatore ed è morto, dopo un paio di ore di agonia, al Cto di Torino. L’uomo, nel giardino di sua proprietà in via Di Mezzo 24, stava fresando il terreno con il motocoltivatore quando è inciampato in un muretto sporgente ed è caduto a terra. Purtroppo non ha fatto in tempo a spostarsi. Il mezzo agricolo ha continuato la sua corsa e lo ha travolto. Gli ingranaggi gli hanno amputato entrambe le gambe all’altezza del femore. Le urla del poveretto hanno attirato l’attenzione di un vicino di casa che ha subito cercato di aiutarlo chiamando i soccorsi.

I vigili del fuoco, arrivati sul posto, sono riusciti a estrarre il corpo di Durisotti da sotto la macchina agricola. A questo punto i medici del 118 sono riusciti a stabilizzare le condizioni del 40enne in modo da consentirgli il trasporto con l’elisoccorso verso il Centro traumatologico di Torino. Purtroppo, però, tutto è stato inutile. A causa dell’importante emorragia di sangue dovuta alle gravi lesioni provocate dal motocoltivatore, il 40enne è arrivato in ospedale in condizioni disperate e i medici non hanno potuto fare nulla per salvarlo.

I carabinieri della compagnia di Ivrea hanno subito posto sotto sequestro il motocoltivatore e hanno isolato la zona dove è avvenuto l’incidente per poter procedere con le indagini.

Altra tragica morte quella toccata a Edoardo Bosio, 47 anni, di Baldissero Torinese. Anche in questo caso il caso ha giocato un ruolo determinante. L’uomo è infatti morto ieri pomeriggio schiacciato da un albero caduto dopo essere stato colpito da un’altra pianta che lo stesso Bosio stava tagliando a Pecetto Torinese. Bosio si era recato in una zona boschiva del paese per procurarsi della legna da ardere nel camino. Anche in questo secondo episodio purtroppo l’intervento dei soccorsi non ha potuto impedire che l’uomo morisse. A seguire le indagini ci sono i carabinieri del comando provinciale di Torino.


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domenica 27 febbraio 2011

SPEDIZIONE PUNITIVA IN UN BAR, PRENDONO IL RIVALE A MARTELLATE


Lo hanno massacrato ferendolo gravemente, prendendolo a martellate in testa e amputandogli due dita della mano sinistra con un coltello da macellaio, in un bar ristorante cinese del centro di Genova, nell'indifferenza degli avventori.

Le agghiaccianti sequenze dell'escalation di violenza sono documentate in un filmato diffuso stamani dalla squadra mobile di Genova, dopo l'arresto, giovedì da parte dei carabinieri della provincia di Torino, di uno dei due aggressori, Abdel Mounim Baghdadi, marocchino di 29 anni, fermato alla frontiera italo-francese con un tesoro da 240mila euro in cocaina nell'auto. Solo nella fase degli accertamenti i militari piemontesi hanno scoperto che il trafficante era ricercato per un tentato omicidio nel capoluogo ligure.

La scena, di estrema crudeltà, è stata ripresa dalle due telecamere di sorveglianza del locale, il 23 aprile scorso. Nei fotogrammi a colori, si vede l'arrivo dei due aggressori, con i volti nascosti da caschi da moto. Uno ha in mano un coltello con una lunga lama, l'altro un martello. Impiegano qualche istante per individuare la vittima, in mezzo ad un gruppo di uomini assiepati attorno ai videopoker. Un ragazzo con una felpa azzurra cerca di allontanarsi. Ma i due gli sono dietro. Qualche avventore scappa, altri restano accanto alle macchinette. Un uomo continua a sorseggiare la sua birra. Un altro resta seduto, immobile. La proprietaria del bar è dietro il bancone e osserva.

L'uomo con la felpa azzurra ora è nel retro del locale. I due aggressori gli sono addosso. Il filmato, ancorchè sfuocato e privo di audio, restituisce l'orrore: la vittima scompare sotto il roteare delle braccia degli aggressori. Si intuiscono le urla strazianti. Nessuno interviene. L'uomo con la felpa azzurra riesce a sfuggire, corre da una parte all'altra del locale, confuso come una una falena stordita, alla ricerca di una via di fuga. Ha la mano sinistra insanguinata: gli hanno appena tagliato due dita. Lo hanno preso a martellate in testa. Ora è a terra, mentre la titolare del bar cerca di ripulire il sangue, rischiando una denuncia. Dopo l'aggressione resterà due mesi ricoverato all'ospedale, prima di riprendersi.

Sullo sfondo di questo regolamento di conti dal sapore medievale, nel cuore oscuro dei vicoli del centro storico, la guerra per il controllo dello spaccio tra bande di nordafricani.Una guerra che non si ferma, mentre il secondo aggressore è ancora in fuga.


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BUS MAI PUNTUALI, PARTE DA DUE DONNE LA MAXIACCUSA A GTT


TORINO - Domani il tribunale di Torino riceverà la prima class action sul trasporto locale mai provata in Italia. A promuoverla due donne di Piossasco che, stufe del servizio offerto dalla Gtt, hanno deciso di portare in giudizio l’azienda di trasporti per i continui ritardi e per le condizioni igieniche e di sicurezza degli autobus che seguono la tratta Torino-Cumiana.

La class action è stata promossa attraverso l’associazione dei consumatori Adoc ed è stata seguita legalmente dall’avvocato Fabrizio De Francesco dello studio legale Bin & Associati.

Cosa contestano le due donne? Innanzitutto i ritardi nel servizio. Nelle class action l’onere della prova spetta all’azienda: è la Gtt a dover dimostrare di essere puntuale. Ma per rendere più solida la causa, le due donne hanno presentato i risultati di un monitoraggio eseguito da loro stesse e da un comitato, forte di un centinaio di membri, che si è mobilitato al loro fianco. Il controllo, effettuato tra il 4 ottobre e il 23 gennaio, ha fornito esiti interessanti: su 130 corse, gli autobus di Gtt non sono mai stati puntuali. Il ritardo medio è stato di 14 minuti, con picchi di 35 minuti in due occasioni. «D’altra parte - spiega l’avvocato De Francesco -, è la stessa Gtt nella sua Carta dei Servizi ad ammettere questi ritardi quando dichiara che nel 95% dei casi il ritardo non supera i 15 minuti».

Un altro tipo di monitoraggio, corredato da numerose foto, ha invece preso di mira altre carenze del servizio. Per esempio la pulizia. Le due donne denunciano che sulla tratta Torino-Cumiana le tendine parasole sono regolarmente sporche e stracciate, gli utenti le usano per pulire i vetri appannati e non sembrano mai essere state pulite. I portabagagli sono pieni di cartacce, vestiti abbandonati, ombrelli rotti, buste, bottiglie di plastica, assorbenti igienici.

C’è poi il problema della fatiscenza. I sedili (quando ci sono, gli utenti hanno raccolto prove fotografiche anche di posti divelti) sono appiccicosi e unti, ricettacolo di sporcizia e gomme da masticare. I faretti direzionali sono sempre rotti. I vetri non si riescono ad aprire impedendo l’aerazione e il condizionatore, quando non è guasto, viene tarato dal conducente solo sulle prime file, lasciando le ultime nel gelo o nell’afa a seconda della stagione.

Particolare attenzione è dedicata alla sicurezza sui bus. Le due donne denunciano la cronica assenza di martelletti frangivetro ed estintori, per non parlare della presenza di prostitute e tossici che disturbano e molestano gli utenti. Il progetto «Linea Sicura» sponsorizzato da Gtt non sarebbe operativo. In parte perché i vigili urbani possono operare solo all’interno del territorio torinese, un po’ perché la stessa Gtt ammetterebbe di avere solo 22 controllori su 5400 dipendenti. Un po’ pochi per dedicarsi alla sicurezza su tutte le linee.

La class action, come è tipico di questo nuovo strumento giudiziario, dovrà prima superare un’udienza di ammissibilità per incardinarsi in tribunale. Se ciò dovesse avvenire, la causa contro Gtt potrebbe diventare un modello per altre class action contro il trasporto pubblico, ferroviario come tramviario. Le due donne chiedono la restituzione di quanto speso per l’abbonamento e un risarcimento per danni morali pari a 500 euro, cifra che potrà essere chiesta da chiunque aderisca alla class action nel caso venga ammessa in tribunale.


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sabato 26 febbraio 2011

YARA , RINVENUTO IL CORPO IN UN CAMPO NEL BERGAMASCO


In un campo a Chignolo d'Isola, in provincia di Bergamo, è stato trovato il cadavere in stato di decomposizione di Yara Gambirasio, scomparsa da Brembate Sopra lo scorso 26 novembre. Il corpo della tredicenne è stato rinvenuto sabato pomeriggio da una persona del luogo che stava provando un aeromodello telecomandato. Il campo è stato recintato dalle forze dell'ordine.

RICONOSCIMENTO - Il riconoscimento è stato possibile grazie a un portachiavi, ad alcuni brandelli degli abiti che Yara indossava il giorno della scomparsa e all'apparecchio per i denti che la ragazza portava. La polizia scientifica e il medico legale stanno effettuando i primi rilievi sul cadavere.

RITROVAMENTO - Il ritrovamento è stato effettuato in un campo in via Bedeschi, nella zona industriale tra Chignolo d'Isola e Madone, a pochissima distanza da dove, lo scorso 16 gennaio, era stato commesso un omicidio al termine di una rissa tra clienti di una discoteca. Il corpo è stato trovato in un'area incolta che si trova a poche centinaia di metri da quello che era un centro di coordinamento delle ricerche.

DUBBI - Molti abitanti della zona hanno però dubbi sul fatto che il cadavere di Yara si trovasse da tempo nel luogo dove è stato trovato. «Io fino a un mese fa abitavo qui», dice per esempio all'Ansa un uomo che si fa conoscere solo con il proprio nome, Lorenzo. «Passavo tutti i giorni in quell'area, frequentata da decine di persone ogni giorno. Ci sono persone che fanno jogging, cacciatori, pescatori, gente che porta a spasso il cane. Mi sembra inverosimile che un cadavere possa essere stato abbandonato lì e non trovato per tre mesi, anche perché questa zona è stata più volte battuta dai soccorritori e volontari della Protezione civile».

LA VICENDA - Yara scomparve nel tardo pomeriggio del 26 novembre 2010 all'uscita dal palasport del paese. Le sue tracce svaniscono intorno alle 18,30 e già 15 minuti dopo il suo cellulare non dà più segnali. Un vicino racconta di aver visto la ragazzina parlare con due uomini vicino a un'auto, ma gli inquirenti lo ritengono inattendibile. Inizia subito una grande mobilitazione per le ricerche di Yara: volontari e forze dell'ordine battono il Bergamasco palmo a palmo, senza risultati mentre si moltiplicano le notizie di persone che dichiarano di aver visto Yara nei posti più disparati e i «veggenti» che assicurano di sapere dove si trova il cadavere. Il 5 dicembre un giovane marocchino, che lavora nel cantiere dove si erano concentrate le ricerche, viene fermato su una nave diretta in Marocco, ma dopo gli accertamenti risulta del tutto estraneo ai fatti. Decade anche la pista di un ricatto della camorra nei confronti del padre di Yara. Il 28 dicembre i coniugi Gambirasio rivolgono un appello ai sequestratori e il 15 gennaio chiedono il silenzio stampa. Il 26 febbraio, purtroppo, il triste esito: nei pressi di Chignolo d'Isola avviene il ritrovamento del cadavere di Yara.


Corriere Leggi tutto...

DROGA, SCATTA ALLERTA NAZIONALE DOPO LE MORTI SOSPETTE A TORINO


Un allerta sanitario nazionale è stato diramato dal Dipartimento per le politiche antidroga per una serie di overdose sospette, nove secondo le prime informazioni, che si sono verificate a Torino negli ultimi 30 giorni.

La notizia è stata confermata oggi da Giovanni Serpelloni, capo del dipartimento: "Abbiamo allertato ieri il 'Sistema di allerta precoce per le droghe' a seguito di una serie di segnalazioni per morti sospette. Dalle prime analisi infatti le overdose potrebbero essere state causate da una o più partite di eroina dall'eccessivo principio attivo".

L'allerta, in particolare, serve alle strutture sanitarie, pronto soccorso e sert in testa, per valutare con attenzione i sintomi di casi analoghi e riferire immediatamente al sistema sanitario nazionale oltre che ai tossicodipendenti utenti dei vari servizi di sostegno.


Repubblica Leggi tutto...

A 120 L'ORA UBRIACO, SEQUESTRO VETTURA E 1000 EURO DI MULTA


TORINO - Il Comune aveva avvertito gli automobilisti. Ad autovelox di corso Moncalieri spento, in attesa che la Prefettura si esprima sulla legittimità dell’apparecchio, questa strada (pericolosissima sino all’avvento del controllo automatico di velocità) sarebbe stata superpattugliata. E finora è stata una decisione sacrosanta. Perché senza lo spauracchio della multa gli automobilisti continuano a fare i pazzi.

Soltanto giovedì sera gli agenti della Polizia municipale, verso le tre del mattino hanno ritirato la patente ad un trentaquattrenne che viaggiava in corso Moncalieri a 122 km all’ora a bordo della sua Smart. Fermato, è stato trovato positivo all’alcoltest. Il conducente è stato multato con una sanzione di 1038,67 euro, gli sono stati tolti dieci punti dalla patente ed è stato denunciato penalmente per guida sotto l’influenza di alcol. Infine gli è stata sequestrata l’auto. Poco più in là, in piazza Vittorio (con il supporto della Croce Rossa e del personale del centro antidoping) altri controlli a tappeto che hanno dato questi risultati: 498 veicoli controllati con sistema autodetector che ha prodotto una pioggia di multe.

Che farà l’amministrazione se tra una settimana la prefettura chiederà al Comune di non utilizzare più l’impianto? Che ne sarà delle multe già staccate? E di quelle per cui si è presentato ricorso? «È presto per dirlo - taglia corto l’assessore Sestero - nessuno comunque ci vieterebbe di costruire in tempi abbastanza rapidi uno spartitraffico centrale. Per il momento comunque si tratta di discorsi prematuri». Intanto il centrodestra ribadisce i suoi dubbi: «Non ci hanno ancora spiegato perché, nonostante la decisione della Cassazione, l’autovelox di corso Moncalieri ha continuato a multare per tutto lo scorso fine settimana. E poi vorremmo sapere quanto prima come si è deciso di procedere riguardo le multe “illegali” elevate dal rilevatore di velocità negli ultimi due anni. In che modo l’amministrazione pensa di rifondere l’ammontare delle multe pari a 2,7 milioni?». Poi un altro quesito: «Quante pattuglie di civich sono state impiegate sul tratto di corso Moncalieri e da quale mansione sono state distolte?».


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venerdì 25 febbraio 2011

BENZINA, ECCO "L'EFFETTO LIBIA", MAXI AUMENTO DI 2 CENTESIMI AL LITRO


Maxi-aumento per la benzina e il diesel di Eni, che in un sola battuta aumenta i listini di due centesimi al litro. E’ “l’effetto Libia” che si abbatte così in maniera sempre più pesante sui carburanti nazionali, secondo quanto emerge dalle rilevazioni di Quotidiano Energia. Il market leader, che porta così la verde a 1,536 euro e il gasolio a 1,426 euro, nell’occasione non è però solo, visto che anche Esso e Q8 aumentano entrambi i prodotti di un centesimo. Intanto, la benzina al Sud è arrivata a 1,565, oltre il record del 2008.

Nel dettaglio, a livello Paese, la media dei prezzi praticati della benzina (in modalità servito) va dall’1,521 euro degli impianti IP e Tamoil all’1,536 di Eni, con i no-logo fermi a 1,445 euro. Per il diesel invece si passa dall’1,410 euro delle stazioni di servizio Tamoil all’1,426 rilevato negli impianti Eni, mentre le no-logo sono a 1,355. Il Gpl, infine, si posiziona tra gli 0,789 euro registrati nei punti vendita Eni allo 0,799 euro degli impianti Q8 (0,771 euro/litro le no-logo).

La benzina ha raggiunto i 975,50 dollari a tonnellata (+11,50), il diesel i 963,25 (poco meno di 20 dollari in più rispetto alla precedente quotazione). Staffetta Quotidiana ricorda che questa mattina Eni ha messo mano ai listini per la terza volta nel giro di otto giorni. In questo modo, in poco più di una settimana i prezzi Eni sono aumentati di ben 4 centesimi al litro, toccando livelli che l’ultima volta si erano registrati nel luglio del 2008, prima dello scoppio della crisi finanziaria internazionale.


BlitzQuotidiano Leggi tutto...

MOLINETTE, NUOVO CASO DI H1N1, RICOVERATA UNA DONNA DI 28 ANNI


TORINO - Nuovo caso di influenza A alle Molinette. Si tratta di una giovane donna di 28 anni che da fine gennaio era ricoverata nel reparto di ematologia dell'ospedale perché affetta da leucemia mieloide acuta che ieri è stata trasferita in rianimazione e sottoposta ad Ecmo, l'apparecchiatura che permette la circolazione extracorporea del sangue.

Intanto, sono migliorate le condizioni di un'altra paziente ricoverata da alcune settimane nel reparto che pertanto è stata ritrasferita all'ospedale di Casale, nell'alessandrino, da dove proveniva. Da inizio anno sono 16 i pazienti trasferiti alle Molinette perché affetti dal virus H1N1. L'ospedale piemontese è infatti unodei 5 centri italiani di riferimento decisi dal ministero della sanità per l'utilizzo dell'Ecmo. Sette sono stati i decessi dall'inizio dell'anno.


Repubblica Leggi tutto...

SANITA', MENO AMBULANZE CON IL MEDICO A BORDO


TORINO - Dalla riduzione del personale alla riclassificazione dei Dea, dagli accorpamenti dei laboratori al ridisegno della rete opedaliera, dal ridimensionamento delle emodinamiche ai tagli dell’edilizia sanitaria. Per tacere di altre novità in prospettiva: come il dimezzamento delle centrali operative del 118 da 8 a 4, con un recupero di 30 infermieri e di 17 medici, la diminuzione delle ambulanze con medico a bordo o le nuove tariffe previste nelle strutture di cure intermedie per i pazienti stabilizzati negli ospedali ma non in condizione di essere dimessi.

Alla fine il piano di rientro del debito sanitario impostato dalla Regione, un malloppo di 300 pagine, è stato finalmente consegnato ai capigruppo di maggioranza e opposizione innescando una nuova ondata di polemiche. Il discorso vale in particolare per le minoranze che ieri mattina, dopo un blitz dei rispettivi consiglieri in sala giunta duramente censurato da Roberto Cota, avevano ribadito la richiesta di ottenere il documento: il capogruppo del Pd Aldo Reschigna era arrivato a minacciare un esposto in Procura.

Ora che il famoso provvedimento è arrivato, monta la protesta nel centrosinistra ma anche i primi mugugni nel Pdl e da parte di qualche esponente della stessa Lega: negli ultimi due casi il discorso riguarda la riorganizzazione del 118 e il taglio delle ambulanze medicalizzate. L’occasione per discuterne è stato il vertice di maggioranza convocato ieri mattina sul tema, presente Cota e l’assessore alla Sanità Ferrero. «Un conto è il taglio delle sale operative, trattandosi solo di postazioni telefoniche, mentre occorre mantenere il livello di prestazioni per gli interventi d’urgenza - commenta Luca Pedrale, capogruppo del Pdl -. Auspico il mantenimento delle ambulanze medicalizzate: questo tipo di soccorso avanzato spesso ha sostituito la presenza di punti di pronto soccorso e di primo soccorso». La questione sarà oggetto di un approfondimento il 3 marzo.

Per la cronaca, il piano di rientro, che è tutt’uno con la riforma sanitaria, prevede l’aumento delle ambulanze presidiate da infermieri, passano da 10 a 25, mentre scendono i mezzi con medico a bordo: da 62 a 55.

A una primissima scorsa, emergono altre novità. Confermato il declassamento del Martini a pronto soccorso semplice. Sul fronte dell’assistenza ospedaliera, spiega Elenora Artesio, Federazione della Sinistra, «si prevede una riduzione di mille posti letto nelle strutture per acuzie e di 1.342 in quelle di post-acuzie».

«Rigida», secondo l’opposizione, la definizione di «paziente fragile»: età superiore a 80 anni, malattia invalidante in età adulta, non autosufficienza, problematiche accertate dalle unità di valutazione geriatrica o handicap. Si riconosce la particolare condizione dei soggetti anziani, ma non dismissibili, e si ipotizza il ricovero nelle cure intermedie da 10 a 40 a giorni. Qui entrano in scena le tariffe: nulla fino al decimo giorno, 15 euro fino al quarantesimo, poi scatta il 50% della tariffa.

Sono solo alcuni degli elementi di un piano corposo, da valutare pagina per pagina. Un piano che, c’è da scommetterci, non mancherà di innescare nuove polemiche.


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giovedì 24 febbraio 2011

GHEDDAFI PARLA IN TV, RIBELLI MANIPOLATI DA BIN LADEN


"Questa gente non ha richieste. Le loro richieste vengono dettate da Bin Laden, che ha distribuito pillole stupefacenti e droghe agli abitanti di Zawia per combattere contro il nostro caro Paese". E' questa l'accusa rivolta da Gheddafi ai rivoltosi di Zawia, che si stanno scontrando con i suoi sostenitori. E ha aggiunto: "Se volete questo caos siete liberi. E se volete continuare a combattere fra loro, continuate pure".

''Dovreste ascoltare Dio, non Bin Laden, quello che sta facendo nel Paese è terrorismo internazionale'', ha proseguito il leader libico, aggiungendo che ''non ci deve essere misericordia''. Al Qaeda infatti secondo il colonnello ''vuole creare un emirato islamico in Libia''.

Gheddafi, che ha manifestato le sue condoglianze alle famiglie dei manifestanti e degli ufficiali morti negli scontri, ha poi lanciato un appello: "Voglio chiedere alla gente di Zawia di cessare le attività militari". Il raìs, che è intervenuto al telefono alla tv pubblica di Tripoli, ha aggiunto che intende concedere l'autonomia a tutte le province del Paese.

Nel discorso al popolo libico si parla anche di "un aumento dei salari", mentre sulla questione petrolio Gheddafi minaccia:"Se la situazione peggiorerà, si interromperanno i flussi del greggio". Rivolgendosi alla popolazione di Zawia, dove i ribelli si stanno scontrando con le sue milizie, ha poi aggiunto: "Vedete cosa è successo in Iraq, in Afghanistan. Se continuate, succederà lo stesso qui. Voi state distruggendo la storia del vostro Paese". ''Se questo è ciò che volete - ha continuato -, è una vostra scelta. Se siete felici di ciò che sta accadendo, buona fortuna a voi. Continuate a uccidervi l'un l'altro''.

Gheddafi ha anche messo in guardia da un ''intervento militare americano'' in Libia ''con la scusa di combattere al Qaida''. Poi ha esortato i libici a una jihad contro i rivoltosi così come "quando gli italiani colonizzarono una nostra terra ci fu una jihad contro gli italiani".

Il leader libico ha proseguito affermando di avere "solo un potere di indirizzo". Il raìs ha elencato i successi ottenuti dal suo governo e ha spiegato che "il potere nel Paese è nelle mani del popolo, perché io l'ho lasciato nel 1977".

E a proposito della sua permanenza come leader in Libia, ha ricordato che "la regina Elisabetta in Gran Bretagna è al potere da più tempo di me, ma a lei non accade nulla". Infine il colonnello ha parlato anche di malocchio. "Il nostro Pease - ha affemato - è vittima di una malocchio, sono stati gli invidiosi a lanciarlo".


Tgcom
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AUSTRIA, TASSISTA RAZZISTA RIFIUTA CORSA AD UNA DONNA DI COLORE


VIENNA – Il conducente di un taxi a Vienna ha rifiutato di far salire a bordo una donna nera adducendo a motivazione proprio il colore della sua pelle. L’incredula cliente è risultata poi essere un famoso soprano, Angel Blue, che canta questi giorni al Theater an der Wien.

”Non porto donne nere, esci!”, ha intimato il conducente, secondo quanto riferisce un’anticipazione del settimanale News, in edicola domani.

”Sono scesa e sono scoppiata a piangere, volevo solo scappare”, ha raccontato la vittima al settimanale. L’episodio razzista risale al 10 febbraio ed è avenuto nel pieno centro della capitale austriaca. Il 17 la cantante era sul palco del Theater an der Wien per la prima dell’opera di Benjamin Britten The rape of Lucretia (lo stupro di Lucrezia), chiusasi con un trionfo.

La Blue cantava il ruolo femminile del coro e aveva conquistato il pubblico per la sua bellezza, bravura e presenza scenica. La direzione della società dei taxi ha fatto sapere che per risalire all’autista è necessario conoscere la targa dell’auto. Nel caso l’uomo venga mai individuato, rischia una multa o anche il ritiro della licenza.


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ADDIO AL POLIZIOTTO DI QUARTIERE, SARA' SOSTITUITO DALLE TELECAMERE


TORINO - Addio poliziotto di quartiere. I tagli della spesa pubblica, anche nel settore della sicurezza, il calo del personale (concorsi bloccati, chi va in pensione non viene sostituito) hanno fatto sparire uno dei simboli di nuova immagine della polizia, sintetizzata in uno slogan che oggi non si pronuncia quasi più, la «polizia di prossimità». Cancellato, nella realtà, già da tempo ma il de profundis finale porta la firma del vicecapo della polizia Francesco Gratteri. Poche righe inserite in una circolare dedicate alla riorganizzazione dell’Ufficio di prevenzione generale, il settore che coordina la centrale operativa e le volanti del 113.

Nella giungla delle sigle e degli acronimi, ne è spuntato uno nuovo, l’Uct, Ufficio Controllo del Territorio. La sede, i commissariati di zona. «Il servizio polizia di quartiere viene organicamente unificato in seno all’Upg e all’Sp, quale ulteriore momento strumentale all’operatività, anche perchè il conseguimento di alcuni obiettivi di prevenzione richiede spesso lo sviluppo di progetti di prossimità di “impatto” da svolgere in tutte le zone in maniera uniforme e con metodologie omomogenee...». Segue la constatazione di doversi misurare «con la generale riduzione delle risorse.

Tradotto in italiano, vuol dire semplicemente che i turni legati alla figura del poliziotto di quartiere non sono più sostenibili, poichè sono venute meno «le unità di riserva». Ma non è finita. «Non può escludersi la necessità di una riduzione delle aree coperte dai servizi di vigilanza, prevedendo interventi correttivi sia in termini di modifica dell’estensione delle zone, sia mediante la predisposizione di diversificate forme di intervento di controllo del territorio...». Sempre cercando di tradurre dal burocratese, questo concetto parrebbe - forse - significare, in sostanza, questo: non possiamo più tenere sotto controllo tutte le aree delle metropoli per mancanza di uomini e mezzi, per cui aumenterà l’uso delle telecamere e di altre forme di “presenza”, coordinando meglio le risorse superstiti, ancche perchè, di risorse, non ce ne sono più. E poi prove di federalismo, anche nel campo della sicurezza e della prevenzione.

Il ministero dell’Interno vuole coinvolgere le amministrazioni, attraverso le polizie locali, per condividere almeno una parte del controllo del territorio. Ci sono troppi «doppioni», troppe forze sprecate o usate in modo poco efficace. Il buon senso suggerirebbe un più efficace lavoro di squadra tra le forze dell’ordine.

Critico il sindacato. Massimo Montebove, dell’esecutivo nazionale Sap: «Il ministero cerca di usare quel poco che ha. E’ da tempo che contestiamo le scelte penalizzanti del governo, adesso è finita anche la fase di un “mascheramento” dei problemi in campo. Sparisce il poliziotto di quartiere, si ammette che non tutte le aree metropolitane potranno essere tenute sotto sorveglianza. Insomma, una ritirata strategica. I poliziotti diminuiscono di numero e si alza l’età media. Le assunzioni sono poche. A chi verranno affidati i servizi operativi? Ai cinquantenni o agli ultraquarantenni? E poi l’istituzione dell’Utc è un modo per indebolire i commissariati. Il comando vero è delegato alla questura centrale. Si perde così l’idea di decentrare la rete di controllo. Per noi, una sconfitta».



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DENUNCIA MAESTRE, "HANNO MESSO IL SAPONE IN BOCCA AL MIO BAMBINO"


TORINO - Sul portone della scuola di via Trieste campeggia un cartello: «Se pensi che l’educazione sia costosa, prova con l’ignoranza». È una sintesi efficace, perché in definitiva tutta questa storia, minima solo in apparenza, ruota intorno al concetto di educazione.

A Sant’Ambrogio, in bassa Val di Susa, una mamma ha denunciato le maestre del figlio perché, a suo dire, avrebbero inflitto al bambino, che frequenta la terza elementare, una punizione eccessiva. «Non siamo più ai tempi del ghetto», dice testualmente la donna, che a tutela del figlio preferisce non comparire con nome e cognome. Abuso dei mezzi di correzione, hanno scritto i carabinieri di Avigliana, che hanno raccolto la denuncia e dopo alcuni accertamenti hanno trasmesso il fascicolo in Procura a Torino.

Secondo il racconto di Luca, nome di fantasia, le due insegnanti gli avrebbero lavato a forza la bocca con acqua e sapone: poco prima, in classe, il bambino aveva detto alcune parolacce e in particolare si era lasciato sfuggire una bestemmia. «Queste cose non si dicono, adesso sciacquati la bocca!» sarebbe stato il commento delle maestre. Un castigo eccessivo, per la madre di Luca: «Certo, lui ha sbagliato a dire quelle parolacce e soprattutto a bestemmiare, è un comportamento che dà fastidio anche a me. Ma via, non siamo più nel secolo scorso: certi insulti si ascoltano ogni giorno in televisione e a chi non scappa, ogni tanto, un “porco...”?

Adesso il bambino da due settimane non va più a scuola. «Non se la sente e di notte ha gli incubi - racconta la madre - E poi non voglio che ritorni in classe se prima non verranno allontanate quelle due persone». Un provvedimento al quale la dirigente scolastica Claudia Rolando non pensa neppure lontanamente: «Fino a quando non ci sarà una decisione della magistratura le due colleghe resteranno al loro posto, si tratta di insegnanti competenti e di grande professionalità».

Lo ribadisce anche la vice dirigente Donatella Gagliardi, che all’interno del circolo didattico segue più da vicino le scuole di Sant’Ambrogio. Ieri è stata ascoltata dai carabinieri, non vuole sbilanciarsi ma conferma che le insegnanti sono molto qualificate e con esperienza nell’attività di sostegno.

Già, perché Luca è a detta di tutti un bambino «difficile». Lo conferma anche la madre: «È seguito da una psicologa ma non ha problemi mentali, è solo esuberante, non riesce mai a star fermo». «È indisciplinato, a tratti violento - ribattono alcune colleghe delle maestre sotto accusa - insulta compagni e insegnanti e a volte volano anche le sedie. Dall’inizio dell’anno già sette bambini sono stati messi in altre scuole dai loro genitori perché la classe è considerata troppo turbolenta».

Antonella Falchero, assessore all’Istruzione del Comune di Sant’Ambrogio, è anche insegnante. «Metterei la mano sul fuoco per quelle due maestre - commenta - e non per spirito di corpo. Le conosco e so che sono persone che alla scuola hanno sempre dato l’anima. Nessuno vuole criminalizzare il bambino né sua madre, ma sappiamo che Luca è un soggetto difficile, la verità è che in casi come questo, a scuola manca un supporto efficace per i docenti».

Ma la mamma del bambino insiste: «Finché ci sono quelle due, Luca a scuola non torna. E non finisce qui, mi sono rivolta a un avvocato e sto pensando di fare una causa civile».


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mercoledì 23 febbraio 2011

LIBIA, PER "AL ARABIYA" 10MILA MORTI, LA FIGLIA DI GHEDDAFI TENTA LA FUGA


Pochi dubbi che si tratti di una situazione drammatica, ma in Libia all'ottavo giorno di rivolta i contorni esatti della tragedia restano tutti da decifrare. Si va da un bilancio di 10 mila morti e 50 mila feriti annunciato dalla tv Al Arabiya, alle oltre mille vitttime "certificate" come verosimili dal ministro degli Esteri Franco Frattini, passando per una serie di testimonianze di ong e medici al lavoro sul posto che parlano di centinaia e centinaia di caduti.

"I titoli, le notizie dei giornali, per quanto riguarda Tripoli, sono stati perlomeno esagerati", ha dichiarato stamani l'ambasciatore italiano nella capitale libica, Vincenzo Schioppa, in una intervista a Sky Tg24, precisando che oggi "la situazione in città appare calma". "Ci sono stati nei giorni scorsi episodi molto gravi - ha aggiunto il diplomatico - ma che non hanno riguardato la Tripoli centrale della quale noi possiamo essere testimoni. Non posso confermare che vi siano stati bombardamenti o azioni di questo genere per quanto riguarda Tripoli perché ce ne saremmo accorti", ha quindi affermato. Il che non significa che "non vi siano motivi di grandissima preoccupazione", ha sottolineato.

Da verificare anche l'attendibilità e l'esatta portata di un video 1 che ha fatto il giro del web e che riprende la presunta realizzazione di una fossa comune in riva al mare per accogliere il numero crescente di vittime della guerra civile.

Quale che sia il quadro esatto della situazione, ciò che appare evidente è che la il controllo del paese sta progressivamente sfuggendo dalle mani di Gheddafi. Il canale in inglese di Al Jazeera ha mostrato immagini in diretta di una folla di persone a Tobruk, città costiera dell'est della Libia, che festeggiano con cartelli e bandiere la "liberazione" della città dalle forze governative. Le bandiere sono quelle libiche e sui cartelli c'è scritto in inglese "Free Libya", Libia libera. Inoltre, stando a quanto riferito il viceministro degli Esteri libico, Khaled Kaïm, incontrando i diplomatici dell'Ue, Al Qaeda avrebbe costituito un emirato islamico in Libia, a Derna, nell'est del Paese.

Fuori controllo anche l'aeroporto di Tripoli dove secondo Philip Apap Bologna, uno dei piloti arruolati per le operazioni di rimpatrio, dipendente dell'Air Malta, una folla di passeggeri "travolti dalla disperazione" ha "lottato" tra i corridoi del terminale libico per salire sui voli di evacuazione adottati dalla comunità internazionale per il rientro dei propri connazionali dalla Libia". Secondo quanto riferito da Al Jazeera, circa 20mila persone hanno lasciato invece la notte scorsa la Libia attraverso il valico di Sallum con l'Egitto. Altre 5700 sono fuggite invece secondo la Croce Rossa verso la Tunisia.

E una conferma che il regime stia vacillando arriva anche dalle notizie che rimbalzano da Malta, dove, secondo indiscrezioni, sul volo ATR 42 della compagnia di bandiera di Tripoli che ha cercato di atterrare all'aeroporto internazionale della Valletta, ci sarebbe stata anche la figlia del leader libico Muammar Gheddafi, Aisha. L'aereo è arrivato in modo inatteso sui cieli di Malta con a bordo 14 persone e le autorità aeroportuali gli hanno negato l'atterraggio, costringendolo a tornare indietro. Fallito questo tentativo, secondo fonti dell'opposizione libica citate dall'emittente satellitare Al Arabiya, Aisha si sarebbe diretta verso Cipro.


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ARRESTATO IL "MARATONETA DELLE TRUFFE", ERA TRAVESTITO DA PRETE


TORINO – E’ stato arrestato travestito da prete dopo aver commesso la sua ennesima truffa, ma il suo curriculum è così lungo che ne parlò all’inizio degli anni ’90 Antonio Lubrano in una trasmissione televisiva. Angelo Salvioni, 60 anni, residente a Reggio nell’Emilia, è stato definito dagli investigatori torinesi che l’hanno scoperto di nuovo in flagranza dello stesso reato di cui è ormai esperto, il ”maratoneta delle truffe”.

La prima volta venne arrestato nel ’94 e restò in carcere due anni. Quando uscì, secondo quanto riferito dalla polizia, ritornò a delinquere, ma a suo carico risultano soltanto denunce che gli evitarono la detenzione. Fino al 22 febbraio, quando gli agenti delle volanti lo hanno nuovamente arrestato. E’ stato incastrato grazie alla prontezza di un fruttivendolo del quartiere San Salvario da cui, travestito da prete, si era appena fatto consegnare del denaro attraverso trucchi e raggiri.

Poco dopo si è recato da un panettiere nel tentativo di ripetere la truffa, ma è stato bloccato perché nel frattempo il commerciante precedente aveva chiamato il 113. In una borsa, Salvioni aveva lo stesso armamentario che gli era stato trovato in occasione del precedente arresto: volantini a sfondo religioso, pass di reti e testate giornalistiche televisive, manifesti di film famosi e contratti in bianco per comparse cinematografiche. Secondo gli investigatori, con le sue 20 pagine di precedenti penali, tutti per truffa, si tratta di uno dei più attivi nel campo in Italia.


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LIBIA, SECONDO FRATTINI RISCHIO DI 300MILA PROFUGHI IN EUROPA


La crisi in Libia si fa di ora in ora più complessa. Ieri il discorso di Gheddafi alla nazione ha probabilmente sorpreso buona parte dell'Europa. Il leader libico ha scelto la linea dura, le sue intenzioni sono quelle di soffocare la rivolta, lui, a capo della rivoluzione, senza un incarico da cui dimettersi (perchè non è un presidente) e che vuole "morire da martire", in patria, parole sue.

La preoccupazione per l'Italia è altissima. A parte le mobilitazioni militari, il problema, secondo il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, è una possibile ondata di profughi dal paese libico, che potrebbe portare in Europa ( passando per l'Italia) oltre 300.000 profughi. Persone che fuggono dalla guerra civile.

La situazione nelle città della Libia inoltre non è tutta uguale. Bengasi e Tobruk, secondo fonti locali, sarebbero in mano al popolo, Tripoli invece no. Ieri le notizie del bombardamento sui dimostranti con caccia e carri armati, manifestanti che Ghedadfi nel suo discorso ha chiamato "ratti".

Frattini ha poi presentato un'ulteriore questione "Il problema della Libia - ha spiegato - è che a parte Gheddafi non conosciamo niente altro. E adesso ci è impossibile immaginare un futuro dopo di lui". Sostanzialmente un paese del quale non si conosce né società né cultura se non rapportate a Gheddafi. La Cirenaica è popolata da tribu- continua il Ministro - "ma non abbiamo idea di chi siano quelli delle tribù". Difficile quindi un intervento in simili condizioni.

Ciò che "Sappiamo - prosegue, è - cosa ci aspetta quando verrà giù il sistema paese Libia: un'ondata anomala di 2-300.000 immigrati. Ovvero dieci volte il fenomeno degli albanesi negli anni novanta".

Secondo Umberto Bossi, leader della Lega Nord, una possibile ed almeno parziale soluzione sarebbe quella, nel caso si verificasse un esodo di massa dalla Libia, di "dirottare" parte dei flussi in Francia e in Germania, in modo da alleggerire il fenomeno per l'Italia.


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"HO UCCISO QUATTRO PERSONE", SCONVOLTO FUGGE NEL BOSCO


TORINO - In fuga da tutto e da tutti. Come un animale braccato. Nascosto, senza giacca e camicia, a piedi nudi tra la fitta boscaglia, tra grovigli di rovi che assomigliano a trappole, ruscelli che scavano la terra e dirupi che cadono a picco per decine di metri fino a raggiungere quello che qui chiamano «l'Orrido», il torrente Chiusella che corre dritto fino alla Dora Baltea, tra massi taglienti e canaloni bui.

La fuga di Daniele Busetti il ragazzo di 20 anni scomparso sabato sera da Cavernago, nel bergamasco, subito dopo aver causato un incidente e provocato il ferimento di quattro persone, è terminata qui. Tra questi castagni spogli, quasi incollati l'uno all'altro e le colline di Pramonico e Pramarzo, due frazioni di Baldissero Canavese, a pochi passi da Damanhur, la Comunità esoterica che attira affiliati da mezzo mondo. Una fuga di quasi 200 chilometri. Dopo aver vagato per le campagne del bergamasco, viaggiato con 50 euro in tasca su un treno preso a Milano fino alla stazione di Ivrea. Poi, da lì, sotto choc, Daniele è stato portato in ospedale da un'autoambulanza scortata dai carabinieri. Lo hanno visto che camminava, stanco e senza meta. «Sono caduto» ha raccontato lui. Non c'era motivo di dubitare di quelle parole. Fino a quel momento, del resto, non era stato diramato nessun allarme sulla sua scomparsa.

Poi, dall’ospedale, è cominciata la fuga verso le colline attorno a Baldissero. Non è un caso che sia finito qui. Forse ne aveva sentito parlare anche lui di Damanhur, forse è qui che cercava rifugio. Un po' come Marilena Piretti, la triestina di 27 anni scomparsa giorni fa da Trieste: i suoi famigliari erano convinti fosse finita qui, invece era a Siena, in un'altra Comunità. Daniele a Baldissero ci è arrivato davvero. Un autista di pullman, l'altro ieri, ha chiamato il 112 subito dopo aver sentito la notizia del ragazzo scomparso e aver visto la sua fotografia al telegiornale: «Mi ha chiesto che strada doveva fare per arrivare fino a Damanhur - ha raccontato - io gliel’ho indicata. E mi ha salutato».

Ed è qui che lo cercano da lunedì pomeriggio decine di volontari della protezione civile, squadre dei vigili del fuoco del Saf, lo speleo alpino fluviale, unità cinofile e carabinieri. Anche Damanhur sta dando sostegno logistico: «Partecipiamo anche noi alle ricerche» spiega Roberto Sparagio, alias Coboldo Melo, uno degli abitanti storici della Comunità. L'elicottero dei pompieri ha battuto per tutto ieri, fino a pochi minuti prima che calasse il buio, l'intera zona: quasi 80 ettari tra campi, boschi, ruscelli, fino a perlustrare buona parte del greto del torrente. A bordo sono saliti anche il fratello più piccolo e il papà di Daniele, Pasquale Busetti. «Mio figlio pensa di aver fatto una strage in quell’incidente, ma la sua unica colpa è quella di non aver rispettato uno stop. Stiamo vivendo da sabato in un incubo». Dall’elicottero, col megafono, il fratello ha cercato di convincere Daniele ad arrendersi: «Quelle persone coinvolte nell’incidente stanno bene, vieni fuori, non avere paura. E' tutto a posto».

Lui non ha ascoltato nessuno. Ieri mattina lo hanno avvistato tre volte: prima due boscaioli, poco dopo le 9. Poi una coppia che passeggiava vicino al cimitero di Baldissero, infine una squadra di volontari della Croce rossa. Lui è sempre riuscito a scappare. «Corre come una lepre» raccontano. Sperano che prima o poi possa arrendersi. Il problema è che ora Daniele corre scalzo, è senza giacca e camicia. Infreddolito e impaurito. I suoi indumenti li hanno trovati, bagnati, vicino ad un rigagnolo d'acqua. Gli scarponcini, poco lontano da una pozzanghera, adagiati uno di fianco all'altro a ridosso di uno strapiombo. «Non sono segnali buoni» dice, scuotendo la testa, un vigile del fuoco.


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DELITTO SARAH SCAZZI, ARRESTATI FRATELLO E NIPOTE DI MISSERI


Nuovo colpo di scena nel delitto di Avetrana. I carabinieri del comando provinciale di Taranto, nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio di Sarah Scazzi, hanno arrestato Carmine Misseri e Cosimo Cosma, fratello e nipote di Michele Misseri, l'agricoltore che ha confessato il delitto chiamando in correità la figlia Sabrina. Gli arrestati sono accusati di concorso in soppressione di cadavere.

Gli arresti sono stati eseguiti su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del Tribunale di Taranto Martino Rosati e richiesta dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dal sostituto procuratore Mariano Buccoliero.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 26 agosto 2010, giorno del delitto, il corpo di Sarah venne trasportato dal garage dell'abitazione di Michele Misseri, in via Deledda 20 ad Avetrana, nelle campagne del paese in contrada Mosca e nascosto in un pozzo in un podere appartenuto agli stessi Misseri. A far ritrovare il cadavere fu Michele Misseri, nella sua prima confessione del 6 ottobre 2010.

In caserma le mogli dei due arrestati - Nella caserma dei carabinieri della Compagnia di Manduria (Taranto) sono arrivate le mogli di Carmine Misseri e del nipote Cosimo Cosma. Non si sa al momento se le due donne siano state convocate dai carabinieri per essere sentite dagli inquirenti.


Tgcom
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martedì 22 febbraio 2011

LIBIA, INIZA IL RIMPATRIO DEGLI ITALIANI, VOLO SPECIALE ALITALIA


Con la Libia spaccata in due e praticamente sull'orlo della guerra civile, gli stranieri iniziano a lasciare in massa il paese. L'aeroporto di Bengasi è fuori uso - l'unica pista è stata bombardata - ma a Tripoli nella giornata di oggi lo scalo sarà attivo ininterrottamente.

E’ partito alle 13, dall'aeroporto di Fiumicino, il primo volo speciale Alitalia, concordato con la Farnesina per il rimpatrio di connazionali dalla Libia. Il volo speciale, un Boeing 777 da 291 posti affianca i voli di linea per consentire in tempi rapidi il rientro degli italiani che hanno intenzione di lasciare Tripoli a causa della guerra civile in corso. Alitalia finora ha messo a disposizione anche un altro volo speciale da 100 posti, su richiesta dell'Eni.

Per il momento, non sono ancora noti invece gli orari e gli scali di partenza e di arrivo del C130 dell'aeronautica militare che dovrà rimpatriare altri 100 connazionali rimasti bloccati in Libia.


LaStampa
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ODORI SGRADEVOLI A TORINO, ARPA INDIVIDUA ORIGINE


L'impianto Punto Ambiente di Druento sarebbe all'origine degli odori sgradevoli percepiti in gran parte di Torino. Ad affermarlo e' l'Arpa. ''Si ribadisce - afferma l'Arpa - che il fenomeno lamentato si origini dall'impianto Punto Ambiente di Druento, a cui occorre pero' aggiungere una componente dovuta all'emissione di odori della discarica CIDIU sita in localita' Cassagna di Pianezza. Non e' tuttavia da escludere la possibilita' che in alcuni periodi si sovrappongano le emissioni prodotte da altri impianti''.


ANSA
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SPENDE 100 EURO SU HOT LINE E POI SIMULA UNA RAPINA


Per nascondere ai genitori di aver speso 100 euro chattando su una hot line pornografica ha raccontato ai carabinieri di essere stato rapinato del portafogli da un giovane dal volto coperto ed armato di coltello. Ma il tentativo maldestro di uno studente 16enne di Canale d'Alba, nel Cuneese, è finito male. Gli accertamenti dei militari hanno permesso di stabilire che il racconto era del tutto inventato: il ragazzo è stato perciò denunciato per procurato allarme, simulazione di reato e false attestazioni a pubblico ufficiale. Da subito i carabinieri giunti sul luogo per avviare le indagini si erano accorti di alcune anomalie nel racconto del sedicenne, a cominciare dal fatto che dell'aggressione non c'era traccia nei video della sorveglianza comunale registrati dalle telecamere posizionate nei pressi del luogo dove era stata denunciata la rapina. Messo alle strette, il ragazzo ha confessato di aver speso su un sito pornografico i soldi ricevuti qualche giorno prima dai genitori e di essersi inventato la rapina perchè non sapeva come giustificare l'ammanco.


Repubblica
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lunedì 21 febbraio 2011

LIBIA, BOMBE SUI MANIFESTANTI, E' ALLERTA NELLE BASI ITALIANE


Libia in fiamme: la rivolta contro il governo ora non risparmia neanche Tripoli. Nella capitale è stata saccheggiata la sede della tv di Stato, mentre altri edifici sono stati dati alle fiamme. Il bilancio delle vittime stimato da Human Rights Watch è arrivato a quota 233. Intanto mentre i leader islamici sostengono che la rivolta è un dovere divino di ciascuno, si diffondono voci di golpe militare. Giallo sulle sorti di Gheddafi, smentito un suo arrivo in Venezuela. L'Onu e l'Ue chiedono stop dell'uso della forza. Frattini: siamo sull'orlo della guerra civile. Ma il regime non si ferma.
Secondo al Jazira le forze aeree hanno bombardato la folla che a Tripoli partecipava ai funerali delle vittime degli scontri, causando 250 morti. Allerta massimo in tutte le basi aeree italiane.
Esodo degli stranieri: soprattutto il personale delle società petrolifere come Shell, Bp, Statoil e Eni, che ha imbarcato su charter i dipendenti non operativi con le famiglie, oltre a Finmeccanica e altre aziende italiane.

ALLERTATI CACCIA TRAPANI E GIOIA COLLE - Allertati al "massimo livello di prontezza" gli Stormi dell'Aeronautica militare di Trapani e Gioia del Colle (Bari), da cui partono i caccia che hanno il compito di intercettare velivoli entrati senza autorizzazione nello spazio aereo nazionale. E' quanto fanno sapere all'Aeronautica. Dopo gli aerei libici atterrati nel pomeriggio a Malta, sono state dunque innalzate le misure per la difesa aerea italiana. Sia da Gioia del Colle (con gli Eurofighter) che da Trapani (con gli F16), tutti gli equipaggi sono così pronti a decollare immediatamente, se necessario, per neutralizzare eventuali minacce aeree. Ulteriori misure potranno essere valutate nel prossimo futuro a seconda dell'evoluzione del rischio.

"Il livello di attenzione degli aeroporti e dell base aeree può essere modificato, e quindi innalzato, a discrezione del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica. Questo è stato fatto, ma non è nulla di più di quanto avviene per casi meno eclatanti". Lo ha detto ad Abu Dhabi, dove si trova in visita ufficiale, il ministro della difesa Ignazio La Russa.
"Abbiamo predisposto l'invio di una piccola unità logistica in Libia, ha detto La Russa - nelle prossime ore avremo una riunione interministeriale con Maroni e Frattini". "Ove fosse necessario siamo pronti ad affrontare il problema" del rimpatrio degli italiani dalla Libia, "ma al momento non è previsto un rimpatrio coatto dei nostri connazionali". Ha sottolineato La Russa.

FARNESINA, PRIMO VOLO SPECIALE RIMPATRI - Nella mattinata partirà per Tripoli un primo volo speciale, concordato con la Farnesina, che si affiancherà ai voli di linea previsti per il rientro dei connazionali. Lo si è appreso alla Farnesina dove si conferma che è in via di attivazione un piano di rimpatri degli italiani in Tripolitania, gestito in coordinamento con l'Alitalia, per consentire in tempi quando più rapidi il rientro dei connazionali che stanno confluendo gradualmente all'aeroporto della Capitale libica. La prospettiva è completare con la massima rapidità consentita il rientro dei connazionali che intendono lasciare il Paese.

VICE-AMBASCIATORE TRIPOLI ALL'ONU,'E' GENOCIDIO' - Il vice-ambasciatore libico all'Onu ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito "un genocidio" perpetrato dal regime di Tripoli e ha chiesto che venga istituita una no fly zone su TRipoli. Lo riferisce la Bbc nel suo sito internet. Secondo l'emittente britannica l'intera delegazione libica presso le Nazioni Unite ha chiesto un'azione internazionale.

SEIF AL ISLAM ORDINA INCHIESTA SU VIOLENZE - Seif al-Islam, uno dei figli del leader libico Muammar Gheddafi, ha ordinato la costituzione di una commissione d'inchiesta sulle violenze, capeggiata da un giudice libico e con la partecipazione di organizzazioni libiche e straniere che si battono per i diritti umani. Lo riferisce la tv di stato libica, secondo al Bbc online.

CAOS ALL'AEROPORTO DI TRIPOLI PER ESODO STRANIERI - All'aeroporto di Tripoli da stamane é il caos più totale. Centinaia di stranieri in attesa di lasciare il paese dopo che la rivolta popolare ha raggiunto Tripoli, dove stanotte "é stato terribile, spari da tutte le parti e una fiumana di gente per le strade anche dei quartieri residenziali", ha detto all'ANSA Albert C., direttore di una società francese raggiunto per telefono all'aeroporto. "Sto cercando di far partire una quarantina di dipendenti con le famiglie", ha aggiunto, "ma qua è un disastro, gli aerei non bastano". Un giovane italiano che lavora nella società di famiglia a Tripoli è riuscito a partire dopo una lunga attesa, perché, protesta con l'ANSA, "ho dovuto lasciare il posto ad alcuni diplomatici, mi hanno fatto slittare di almeno 14 posizioni nella lista...una vergogna".

1.500 GLI ITALIANI, FARNESINA CONSIGLIA DI PARTIRE - Gli italiani che vivono "stabilmente" in Libia sono 1.500 e la Farnesina e l'ambasciata "stanno consigliando di partire" con voli commerciali. Lo riferiscono a Bruxelles fonti della Farnesina, precisando che "al momento l'Italia non prevede un piano di evacuazione". Dei 1500 italiani che vivono stabilmente in Libia, 500 sono dipendenti di grandi imprese italiane. Pochissime unità vivono a Bengasi, la stragrande maggioranza è concentrata a Tripoli. "L'ambasciata italiana sta consigliando di partire, attraverso i voli Alitalia che sono ancora operativi", hanno riferito le fonti. "Chi vuole partire, con l'assistenza della nostra ambasciata, può partire. Tutte le opzioni sono allo studio, incluso un'intensificazione dei voli Alitalia", hanno aggiunto le fonti.


ANSA
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GUERRA TRA RUMENI E ALBANESI PER IL CONTROLLO DELLA CITTA'


TORINO - I «ragazzi di Oarza», un romeno di 36 anni che di nome fa Viorel Marian, un culturista con un passato di rilievo nel mondo dello sport balcanico, ora in carcere per un tentato omicidio (ha sparato una serie di colpi, aprile 2009, contro l'albanese Nol Sheu e l’«infame» Dumitru Pirvan detto «pitbull», romeno passato ai rivali) hanno affiancato, alla croce ortodossa tatuata sui bicipiti gonfiati da ore di palestra, il nome del capo. Si sono così auto-marchiati, e ora sono i «ragazzi di Oarza». Lui, ricercato a suo tempo in Romania e rifugiatosi in Italia e infine a Torino, dal carcere, continuerebbe a tenere sotto controllo la sua organizzazione, in conflitto con i clan albanesi. In particolare, appunto, quello dei potenti Sheu, da decenni radicati anche in Piemonte.

Gli ultimi episodi di questa guerra che ha provocato morti e decine di feriti, tra aggressioni, sparatorie e pestaggi, nel quartiere San Paolo, sono avvenuti pochi giorni fa. Tre albanesi, forse per errore, forse per provocare i rivali, hanno provato a entrare in un club privato controllato dai romeni; presi, picchiati e lasciati sanguinanti sul marciapiede di via Monginevro. Due giorni dopo quattro incappucciati (ripresi dalle videocamere di sicurezza) hanno tentato di incendiare il locale. È facile prevedere che la questione non è finita qui ma anzi, ci saranno altri episodi di violenza, altri regolamenti di conti.

Se i nigeriani controllano il narcotraffico, ormai su un livello industriale, con sistemi di importazione della droga totalmente indipendenti dalle organizzazioni criminali italiane, i romeni si sono dedicati allo sfruttamento delle donne, alla ricettazione e l’esportazione di ogni genere di refurtiva e al controllo dei locali, non più solo di carattere etnico. Perché i «ragazzi di Oarza», fisici da culturista, teste rasate, giubbotti di pelle nera, anfibi e blue jeans, oltre ad altri dettagli, ora si dedicano alla sicurezza di decine di locali di Torino e provincia.

Gli albanesi hanno puntato invece sul controllo delle aree destinate alla prostituzione e al traffico di eroina brown sugar, importata direttamente dalle zone di produzione, Afghanistan e Pakistan, spedita in Italia attraverso i Tir, via Turchia. Ogni tanto, per dare un senso agli imponenti apparati repressivi delle polizie europee, favoriscono sequestri da record e molti arresti in una botta sola. Un modo per ripulire l’organizzazione da soggetti inutili, inaffidabili o da qualcuno che tenta di mettersi in proprio. «Fumo negli occhi - spiega un inquirente - in realtà i flussi di droga sono inarrestabili e di proporzioni enormi. La destabilizzazione politica in atto nel Medio Oriente, va rafforzando le organizzazioni criminali, ormai libere da ogni controllo, anche formale».

Le conseguenze di quanto accade nei lontani scenari internazionali sono tutt’altro che astratte. Gli albanesi vogliono continuare a controllare la rete dei locali pubblici e delle sale delle slot, che vanno acquistando e affidando a gestori di fiducia, anche italiani, organizzati in una specie di rozzo franchising. Paghi una quota, in cambio obbligo di forniture e arredi, sino alle connessioni telefoniche e del Web. Se non paghi o se qualcosa va male, spedizioni punitive, vendette trasversali su familiari o amici dei «rei», anche in Albania. Direttamente a domicilio; i romeni non vogliono che la rete albanese si espanda troppo, anche nei settori, dai trasporti internazionali alla ricettazione, lo sfruttamento delle donne, di cui hanno o avevano il monopolio assoluto.

Non mancano i fatti di sangue. Uno sfruttatore albanese uccide, in via Lima, a colpi di pistola uno dei capi dell’import-export della prostituzione, forse inconsapevolmente. Da lì una scia di sangue e di vendette che non accenna a concludersi. Il 18 gennaio 2010, un gruppo di fuoco albanese spara contro un gruppo di romeni appena usciti da una palestra. Muore Petrica Catalin Scutariu, 34 anni, di Nichelino, già accoltellato alcuni mesi prima e scampato miracolosamente al primo agguato. Adesso la guerra, più sottotraccia, continua. Dicono che i romeni abbiano duramente punito uno dei boss albanesi, picchiando e seviziando una delle loro donne, giovanissima, sorpresa in un club e convinta, con l’inganno («Ti facciamo vedere il tuo ragazzo», le avevano detto) a seguirli in una zona isolata.

Adesso non resta che aspettare. Uno degli Sheu mostra l’arcata sopracciliare ricostruita a fatica dai chirurghi plastici. Preso per strada dai romeni. Un occhio fuoriuscito dall’orbita, placche d’acciaio per ridisegnare il volto, segnato da una spaventosa cicatrice. Erano loro, «i ragazzi di Oarza»? «Era buio, non li ho riconosciuti». Solo diplomazia. La risposta, quella vera, è nello sguardo.


LaStampa
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BLOCCA IL BUS PER SALVARE UNA RAGAZZA DAGLI SCIPPATORI


TORINO - Appena ha visto la ragazza aggredita non ha esitato. Ha fermato il bus ed è scesa insieme a un passeggero per salvarla. Alla guida del pullman Gtt c’era una donna. Solo il loro intervento ha evitato che la ragazza, di origine cinese, avesse la peggio sotto le grinfie dei suoi aggressori, due giovani stranieri, probabilmente marocchini. Erano da poco passate le 15. Yoko, 19 anni, era appena scesa dal bus della linea 3: già a bordo si vedeva che era spaesata. Più volte aveva chiesto informazioni all’autista perché non sapeva qual era la fermata giusta.

Le suggeriscono quella di via Borsi, all’angolo con corso Toscana. Ma con lei scendono anche due ragazzi, che già a bordo l’avevano notata. Aspettano che l’autobus riparta e poi l’aggrediscono: cercano di portarle via la borsa e le chiedono il cellulare. Lei, da sola contro due, è terrorizzata: prova a chiedere aiuto, ma in quel momento non passa nessuno. I rapinatori l’hanno scelta proprio perché una preda facile: Yoko si mette a gridare e cerca di trattenere la borsa, ma i due sono intenzionati a portarle via tutto. Fortuna vuole che alla stessa fermata stesse arrivando anche un secondo autobus, sempre della linea 3.

E’ un passeggero che, sentendo le grida di Yoko, dà l’allarme. Indica la scena all’autista: lei, prima avvisa la polizia dal suo posto di guida, poi inchioda l’autobus. Apre le porte e insieme al passeggero che aveva notato l’aggressione scende in soccorso di Yoko. I due rapinatori vedendo tanta gente e un intero bus contro di loro decidono di darsi alla fuga. Lasciano la maglia di Yoko e iniziano a correre. Pochi minuti dopo arrivano anche le volanti della polizia. Un interprete avvicina Yoko per chiederle come sta. Lei è spaventata, ma non presenta ferite o segni di violenza. Anche il bottino che avevano adocchiato i rapinatori è ancora in suo possesso: non manca niente, nella borsa ci sono ancora il portafogli e il cellulare.

La polizia sta ora indagando, grazie alla descrizione della ragazza e dei passeggeri del pullman, per risalire a due aggressori. Intanto, l’autista eroe è tornata al lavoro, a bordo del suo autobus.


Repubblica
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domenica 20 febbraio 2011

STUDENTESSA 27ENNE SCOMPARSA, FORSE VITTIMA DI UNA SETTA


TRIESTE - La famiglia di Marilena Piretti, una studentessa di lingue, di Trieste, di 27 anni, che manca da casa da un mese, teme che dietro alla scomparsa della ragazza ci possa essere una setta. Lo ha raccontato, al 'Piccolo', la nonna della giovane che ha contattato anche la trasmissione "Chi l'ha visto" nel tentativo di riuscire a rintracciarla.

Marilena e' scomparsa il 14 gennaio scorso dopo aver fatto visita per l'ultima volta alla nonna Nella. La madre e soprattutto la zia Samantha, poco piu' vecchia di Marilena e legatissima a lei, hanno sperato per giorni di rivederla o di ricevere almeno una sua telefonata. Poi, non ottenendo piu' notizie, hanno sporto denuncia, segnalando la sparizione della ragazza e ipotizzandone anche un possibile avvicinamento a una comunita' con sede a Ivrea. Realta' che, nel sito internet, si presenta come "centro di ricerca spirituale, artistica e sociale conosciuto in tutto il mondo, che porta avanti una filosofia basata sull'azione, sull'ottimismo e sull'idea che ogni essere umano vive per lasciare qualcosa di se' agli altri e contribuire alla crescita e all'evoluzione dell'intera umanita'".

La nonna e' stata l'ultima parente a vedere la ragazza prima della scomparsa. "Non la sentivo da tre mesi perche' non rispondeva mai al telefono - racconta la signora Nella -. Poco piu' di un mese fa, invece, me la sono trovata in casa con una borsa piena di vestiti. Mi ha detto "ho litigato con la mamma e ho portato qui la mia roba". Non sono riuscita a chiederle spiegazioni di quel gesto perche', dopo un paio di minuti, se n'e' andata, limitandosi ad annunciarmi al citofono che avrebbe portato presto un altro sacchetto di abiti. Ma, purtroppo, non e' piu' tornata".


Libero-News
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TENTA ABUSO SU 14ENNE, MA IL SUO CAGNOLINO LE SALVA LA VITA


MILANO - Una studentessa di 14 anni si è salvata da un tentativo di stupro in un parco di Milano perché il cagnolino dell'aggressore si è messo ad abbaiare agitatissimo, distraendo il suo padrone e permettendo così alla ragazzina di reagire e fuggire. Dopo cinque mesi di indagine nel quartiere Gratosoglio, anche attraverso l'anagrafe canina, l'uomo è stato individuato e riconosciuto dalla stessa ragazzina e quindi arrestato: è un ristoratore 40enne, finito in manette per sequestro di persona e violenza sessuale aggravata.

L'AGGRESSIONE - Era il 29 settembre. La ragazzina voleva saltare la prima ora e stava aspettando al parco il momento di entrare a scuola, un istituto tecnico di Gratosoglio. Intorno alle 9,30 del mattino, la 14 enne si trovava nel parco di via Costantino Baroni, quando è stata avvicinata da un 40 enne che teneva al guinzaglio un piccolo cane nero. L'uomo, un ristoratore italiano che abita in zona con la compagna, aveva appena accompagnato la figlia di 6 anni a scuola. Per conquistare la fiducia della ragazzina, le ha offerto un cappuccino al bar di fronte al parco. Una volta in strada, l'uomo l'ha strattonata e arrivati nel parco, l'ha afferrata per la gola, strappandole i vestiti e iniziando a toccarla nelle parti intime. Il cane però a quel punto si è messo ad abbaiare così forte che il 40enne ha provato a farlo stare zitto. «Briciola stai zitta», ha urlato. Un attimo di distrazione sufficiente alla ragazzina per colpire l'aggressore ai genitali e scappare a casa, dove ha raccontato tutto alla madre. Dopo aver denunciato l'episodio ai carabinieri, la ragazzina è stata portata alla clinica Mangiagalli dove le sono state riscontrate ferite compatibili con l'aggressione. Venerdì, dopo quasi cinque mesi di indagini e riscontri grazie alle celle telefoniche, l'uomo è stato arrestato dai carabinieri della compagnia Gratosoglio. Fondamentale per identificarlo è stato il nome del cane, un bastardino nero, ben impresso nella memoria della giovane. La 14 enne ha anche riconosciuto l'uomo e Briciola tra oltre 100 foto di cani e persone contenute in 2 diversi album.


Corriere Leggi tutto...

LIBIA, I MORTI SONO OLTRE 200, STRETTA CONTRO LE MANIFESTAZIONI


TRIPOLI - Gravissimo il bilancio delle violenze in Libia: se Human Rights Watch, l'organizzazione per la difesa dei diritti umani basata a New York, alza a 104 il numero di morti registrati a Bengasi in quattro giorni di scontri fra manifestanti anti-regime e forze di sicurezza, le cifre riferite da fonti giornalistiche sono ancora più serie. Il sito del quotidiano britannico Independent segnala la circolazione di "altre informazioni", secondo cui ci sono "200 morti e più di mille feriti": lo riferisce al quotidiano un testimone, Ahmed Swelim, il cui cugino lavora in ospedale. E fonti mediche dell'ospedale di al-Jala di Bengasi hanno riferito alla tv araba al Jazeera che i morti sono 250 e oltre 700 i feriti. Lo ha detto il medico Nabil al-Saaiti, che, in un collegamento telefonico con l'emittente qatariota, spiegando che "ieri agenti della sicurezza di origine africana reclutati dal regime hanno aperto il fuoco contro i manifestanti e il numero dei morti è tale che non riusciamo a metterli tutti nella camera mortuaria dell'ospedale per identificarli".

Il precedente bilancio di Human Rights Watch, riferito a tre giornate, era di 84 morti, modificato al rialzo dopo che nella città libica ieri sono state uccise almeno altre 20 persone. L'organizzazione precisa di aver formulato la stima, definita "cauta", contattando testimoni e responsabili di ospedali. Il governo libico non ha fornito alcuna cifra nè formulato commenti ufficiali sulle violenze.

Il paese del colonnello Muammar Gheddafi è in preda ad una contestazione senza precedenti contro un potere che dura da più di 40 anni e sta cercando di resistere alle proteste libertarie scoppiate sull'onda delle rivolte in Tunisia ed Egitto. Il leader libico ha reagito con la forza alle manifestazioni di protesta degli ultimi giorni, schierando la polizia in forze. Almeno 12 persone sono state uccise ieri in scontri tra dimostranti anti-regime e soldati a Bengasi, ha riferito il quotidiano Quryna vicino a uno dei figli del colonnello, Seif el-islam Gheddafi. Cecchini hanno sparato sulla folla che partecipava a un corteo funebre. Ed è stata una notte di scontri anche a Tripoli, ma al momento non è chiaro se vi siano state vittime.


Repubblica Leggi tutto...