martedì 31 maggio 2011

BATTERIO KILLER, PRIMA VITTIMA NON TEDESCA


STOCCOLMA - Una donna svedese di 50 anni è morta in un ospedale dell'area sud-occidentale del Paese scandinavo, per l'infezione da escherichia coli che in diverse nazioni d'Europa ha colpito oltre 300 persone provocando 14 decessi, tutti concentrati in Germania. La donna, che probabilmente è stata contagiata proprio durante un soggiorno in Germania, è la prima vittima dell'epidemia al di fuori del Paese. Secondo il ministro della Salute della città-stato di Amburgo, Cornelia Pruefer-Storcks, non sono i cetrioli spagnoli quelli alla base dell'epidemia provocata dal batterio E.coli in Germania.

Dall'Italia arrivano intanto rassicurazioni dal ministro della Salute Ferruccio Fazio: se anche il batterio killer dovesse arrivare in Italia, non si corre il pericolo di infezione rispettando le comuni norme igieniche. "Bisogna leggere le etichette - raccomanda - e guardare la provenienza delle verdure. Per i cetrioli che vengono dall'Italia i consumatori non devono temere nulla, quelli di provenienza non italiana devono essere lavati accuratamente, e allora non avranno nulla da temere".

Per il ministro "non si può escludere" che la variante di E. coli responsabile dell'epidemia in Germania "possa arrivare in Italia. Ma - spiega - poiché le contaminazioni delle verdure sono esterne, si può escludere che a seguito di lavaggi accurati delle mani, e soprattutto dei prodotti, si possa trasmettere l'infezione. Se vengono adottate sempre queste regole d'igiene, seppure fosse sulle verdure, il batterio non può essere veicolato all'uomo".


Adnkronos

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GIU' DAL SETTIMO PIANO, SI SUICIDA A 15 ANNI


TORINO - E' morto a quindici anni, precipitando dal settimo piano dell'appartamento in cui abitava con i genitori, in via Bertoletti 17, non lontano da piazza Solferino, nel centro di Torino. Secondo gli investigatori il ragazzino si è ucciso probabilmente per una delusione a scuola anche se la madre continua a sostenere che suo figlio non aveva alcun problema. Il dramma è avvenuto all'ora di pranzo. Il padre è un maresciallo del Genio militare.


Repubblica

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lunedì 30 maggio 2011

SCANDALO SANITA' PIEMONTESE, INIZIANO GLI INTERROGATORI


Ci sono le prime ammissioni nell'inchiesta sulla sanità che ha portato a sette arresti e a un avviso di garanzia per l'assessore Caterina Ferrero. Marco Mozzati, titolare di uno studio dentistico, in carcere per un episodio di corruzione, dopo l'interrogatorio di garanzia tenuto dal gip Cristiano Trevisan è stato ascoltato anche dai magistrati inquirenti, ammettendo una parte delle sue responsabilità. "Mi sono prestato per fare un favore a un amico - avrebbe detto Mozzati davanti ai magistrati - non sapevo quale fosse la ragione di quei pagamento però e non immaginavo potessero avere una provenienza illecita". Mozzati fa riferimento evidentemente ai soldi che Pierfrancesco Camerlengo, attraverso Villa Iris, la Siom, faceva pervenire alla sua società, pagamenti piuttosto regolari che arrivavano per bonifico e che Mozzati, poi, girava a Vito Plastino, sempre secondo quanto ricostruiscono i pubblici ministeri. Quanto alla convenzione con tutti i dipendenti della Regione, ricevuta da Mozzati in cambio della propria disponibilità, l'odontoiatra avrebbe detto che si trattava di una convenzione regolarissima e nel rispetto della legge.

Mentre sono in corso gli interrogatori di garanzia delle persone arrestate nell'inchiesta sulla sanità piemontese, in Procura si svolgono le audizioni di numerosi dirigenti e funzionari della Regione. Tra i testimoni sentiti dal pm Paolo Toso c'è stato Luciano Ponzetti, ex numero uno (durante la giunta di centrosinistra) di Scr, la società di committenza della Regione che è finita al centro delle indagini per le attività di un nuovo consigliere dell'ente, Piero Gambarino, braccio destro dell'assessore Caterina Ferrero (Pdl) anche lei indagata per turbativa d'asta.

La maxi inchiesta della Procura, coordinata dai pm Paolo Toso e Stefano Demontis, ha portato all'arresto venerdì scorso di sette persone, tra cui professionisti, direttori generali di aziende sanitarie e Pierfrancesco Camerlengo, figlio del re delle cliniche private. La figura principale attorno alla quale ruota l'inchiesta è proprio quella di Piero Gambarino, il braccio destro dell'assessore alla Sanità - ora dimessa - Caterina Ferrero che ha ricevuto a sua volta un avviso di garanzia. Le accuse per lei sono di turbativa d'asta ma dalle prime testimonianze raccolte venerdì subito dopo gli arresti, la posizione della Ferrero sembra si sia ancora aggravata. Gamabarino risponde delle accuse di turbativa d'asta, corruzione e concussione. Gli altri arrestati di turbativa d'asta e corruzione.

Inizialmente Cristiano Trevisan, il giudice per indagini preliminari ha sentito, Pierfrancesco Camerlengo, Piero Gambarino, Vito Plastino, commissario straordinario dell'Asl To5, e Marco Mozzati e Franco Sampò, Sindaco di Cavagnolo. Successivamente arrivano a Palazzo di Giustizia Luciano Platter, presidente di Federfarma e Marco Cossolo, segretario.


Repubblica

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TENTA LA FUGA MA VIENE FERMATO CON 2,2Kg DI EROINA


TORINO - È uscito dalla stazione con in mano le valigie, ha visto a poche decine di metri i carabinieri, che stavano eseguendo dei controlli, ed è scappato correndo all’impazzata, destando così l’attenzione dei militari, che lo hanno rincorso e bloccato. Così hanno scoperto che nel suo bagaglio si nascondevano oltre 2,2 kg di eroina purissima, del valore sul mercato di circa 260mila euro.

È successo nei pressi della stazione ferroviaria di Porta Susa, a Torino. In manette è finito un cittadino ivoriano di 39 anni, Bakary Doumbia, appena arrivato in stazione col suo carico illegale e fermato dopo poche centinaia di metri di fuga a piedi. La droga era nascosta in tre pacchi.


La Stampa

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domenica 29 maggio 2011

NOVARA, BIMBO ANNEGA INSIEME AL SOCCORRITORE


Un bambino di sei anni, di origine pachistana, è morto annegato, insieme a un amico di famiglia che aveva tentato di salvarlo, nelle acque del canale Quintino Sella, a Novara. La tragedia, nella tarda serata di ieri, è avvenuta in pochi istanti, in un quartiere popolare della città.

Il piccolo Areez, che stava giocando sul ponte del canale in corso Trieste, è caduto in acqua ed è stato subito trascinato a fondo dalla corrente, particolarmente impetuosa. Un amico di famiglia, il trentenne Hassen Zaibi, insieme a un altro conoscente, si è gettato nel canale per salvarlo, ma è stato immediatamente travolto dalle acque. I due corpi sono stati ritrovati qualche chilometro più a valle, nelle ore successive.


Repubblica

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EMERGENZA CARCERI, TERZO SUICIDIO IN 20 GIORNI


TORINO - Ha infilato la testa in un sacchetto di plastica. E’ morto così, soffocato, un altro detenuto alle Vallette. Era Agostino Castagnola, accusato di aver ucciso la moglie. Domani si sarebbe iniziato il processo a suo carico. Ieri pomeriggio ha atteso che il compagno di cella uscisse per l’ora d’aria. Ha lasciato un biglietto, forse per spiegare il perché del suo gesto.

E’ il terzo detenuto della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno a uccidersi nel giro di pochi giorni; a metà maggio si era impiccato con la cintura nel bagno della cella Vincenzo Lemmo, 48 anni, di Forcella, in carcere con una pesante condanna definitiva per traffico di stupefacenti e per i suoi legami con la camorra. La sua pena sarebbe terminata solo nel 2025.

Aveva raccontato ai compagni di soffrire per la lontananza dalla sua famiglia, privo di qualsiasi contatto anche con il suo clan, forse isolato anche tra i compagni della sezione A. Una settimana prima si era impiccato un altro detenuto, sempre nel bagno, questa volta con un lembo di lenzuolo. Era nato a Udine e arrestato per violenza sessuale.

Leo Beneduci, segretario del sindacato della polizia penitenziaria Osapp, commenta: «Dall’inizio dell’anno è il venticinquesimo suicidio, il terzo a Torino in venti giorni. E’ una strage continua. E la polizia penitenziaria è sempre più abbandonata al destino di prendere atto del disastro delle carceri italiane». Aggiunge con amarezza: «E’ evidente che l’unica soluzione è incrementare l’organico con un provvedimento straordinario: quello che il ministro Alfano promette e non mantiene».

Agostino Castagnola aveva ucciso la moglie, Paola Carlevaro, nell’ottobre dello scorso anno, a Silvano d’Orba nell’Ovadese. All’alba, l’aveva strangolata con una corda. Poi si era costituito ai carabinieri. La donna era la farmacista all’Iper di Serravalle. I due, lui 44 e lei 40 anni, erano stati una «coppia perfetta, innamoratissima, sempre insieme in ogni i momento libero» come raccontavano i vicini e gli amici. Poi qualcosa si era spezzato nell’equilibrio di quelle due vite. L’operaio era in cura da tempo per una profonda depressione e anche la donna negli ultimi mesi aveva sofferto del male oscuro. Tre giorni prima del delitto una lite banale aveva fatto saltare l’apparente normalità dell’uomo. Poi il delitto e ieri la morte forse per sfuggire alla morsa del rimorso e della solitudine.


La Stampa

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SCANDALO SANITA', COSI' "GAMBARINO" ELIMINAVA I SOGGETTI SCOMODI


TORINO - Disposto a tutto. Pur di limitare il ruolo di onesti e diligenti ispettori dello Spresal - il Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro presente in tutte le Asl - Piero Gambarino, braccio destro dell’assessore alla Sanità regionale (da due giorni senza deleghe) Caterina Ferrero, non ha esitato a «silurare» chi si limitava a svolgere il proprio dovere.

Incurante del mancato rispetto delle norme di sicurezza a tutela dei lavoratori. Sull’ordinanza cautelare si legge che molte persone, anche del mondo politico, contavano perché «intervenisse riconducendo a più miti consigli la polizia giudiziaria che si occupava di prevenzione» degli incidenti sul lavoro. In una conversazione telefonica intercettata dagli inquirenti si sente Gambarino vantarsi, con l’assessore, di avere «risolto già cinque o sei casi».

E, come se non bastasse, l’alter ego della Ferrero ha tagliato la strada anche a chi non gli aveva creato direttamente problemi, ma doveva comunque essere «bloccato» per non sollevare sospetti. La consigliera regionale Pdl Rosanna Valle telefona a Gambarino per protestare contro i controlli effettuati dallo Spresal alla ditta di un amico. Gambarino non si limita a vietare la qualifica di polizia giudiziaria all’ispettrice Claudia Ferrara, colpevole d’aver lavorato onestamente, ma fa anche togliere la carica già assegnata a Silvia Nobile, del Verbano Cusio Ossola.

Le intercettazioni in merito sono inequivocabili. Gambarino non riesce a intervenire direttamente sulla direttrice Spresal dell’Asl 1, Annalisa Lantermo, ritenuta intoccabile «perché è comandata dalla procura... è la consulente di Guariniello... ed è pure di area Rifondazione». Preferisce allora fare pressione su Michela Audenino, dirigente regionale del settore vigilanza, dipendente direttamente dalla struttura dell’assessore e «di fatto gestita dall’indagato». Audenino non è indagata ed è descritta dalle Fiamme Gialle, guidate dal colonnello Carmelo Cesario, come persona «in sudditanza psicologica».

Ferrara e Nobile sono laureate e hanno titoli equipollenti per la qualifica di polizia giudiziaria. Sulla Ferrara, Gambarino invita Audenino «a non fare sforzi, che le viene l’ernia». E su Silvia Nobile, già promossa, impone un dietrofront: «Blocchiamo anche quella. Sono venuti dei consiglieri regionali... è venuta una consigliera regionale e non posso permettermi di dargli un’altra risposta, perché guarda che non ha i titoli, quindi quella lì non dovete metterla». Audenino: «Ok, ho capito, va bene, ho capito il problema».

Ancora Gambarino: «Io non so se ci sono gli estremi nel penale, lo deciderà il procuratore, però non è sicuramente un modo per far lavorare le aziende». Poi aggiunge: «Io adesso toglierei quel signore lì (uno degli ispettori Spresal, ndr) dal territorio e lo manderei in un ufficio, e adesso creda a me interverrò. Sono incavolato perché è andato a dire che in ogni caso lui faceva togliere la macchina al cantiere». La Audenino, nella conversazione, si dice d’accordo con Gambarino e addirittura si «scusa» di non poter fare di più: «Le nostre - afferma - sono attività di prevenzione e non di infliggere... insomma... molti di noi se ne dimenticano e diventano i poliziotti della situazione». Gambarino racconta il successo sulle funzionarie Spresal silurate a Caterina Ferrero che lo elogia con un «grazie, sei stato bravissimo».


La Stampa

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sabato 28 maggio 2011

BREMBATE, ULTIMO SALUTO A YARA, "ASSASSINI USCITE DALL'OSCURITA'"


BREMBATE SOPRA (BERGAMO) - «Yara non è semplicemente morta, ma su di lei abbiamo visto accanirsi il male. Questo male ha dei volti e noi vorremmo guardarli in faccia, vorremmo incrociare i loro sguardi per dire: uscite dall'oscurità che sta mangiando anche voi». È uno dei passaggi più significativi dell'omelia celebrata dal vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi ai funerali di Yara Gambirasio a Brembate Sopra (Bergamo). «Il peso della morte di Yara - ha detto ancora il vescovo - è il peso di una sconfitta che ci fa male». Il papà di Yara Gambirasio, Fulvio, e la mamma, Maura, si avvicinano al feretro di loro figlia mentre vanno verso all'altare per ricevere l'eucarestia. La mamma si china sulla foto della figlia, appoggiata sulla bara bianca, e la bacia, imitata poco dopo da papà Fulvio. All'esterno del palazzetto dello sport i moltissimi amici e concittadini della 13enne che partecipano alla funzione, si all'interno del palazzetto dello sport che nel giardino, hanno applaudito, tra le lacrime, la piccola Yara. Poi si sono subito ricomposti e hanno formato lunghe file per partecipare all'eucarestia. Al termine della cerimonia un sacerdote ha letto delle parole scritte dai genitori della ragazzina. «Yara sei immensa - hanno scritto Maura e Fulvio Gambirasio - per quello che hai fatto, per come lo hai fatto, con tanta, tanta, allegria».

NAPOLITANO - Durante le esequie è stato letto dal sindaco di Brembate Sopra un messaggio inviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Si chiude oggi con i funerali una pagina della tragedia di Yara che ha così terribilmente colpito la famiglia e l'intera cittadinanza, commuovendo tutta l'Italia. La prego di farsi interprete di mia partecipazione al dolore dei genitori e della popolazione. Il mio auspicio è che si riesca a far luce sull'orrendo delitto, per quanto il cammino per questi risultati sia davvero difficile».

I MESSAGGI - In precedenza in un silenzio surreale la bara bianca con il corpo di Yara Gambirasio ha fatto ingresso nel Palazzetto dello Sport di Brembate Sopra. Dietro al feretro, i genitori della ragazzina uccisa e i suoi fratellini si tengono abbracciati. In molti non hanno retto alla commozione. «Rimani un sogno in questa tragica realtà! Ciao Yara». È uno dei messaggi scritti sul libro all'entrata del Palazzetto dello Sport di Brembate Sopra in cui, in mattinata, si terranno le esequie della tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso e trovata morta tre mesi dopo. Accanto al libro c'è una fotografia della ragazzina promessa della ginnastica artistica sorridente. A sei mesi dal suo omicidio gli inquirenti non hanno ancora individuato i colpevoli. A celebrare le esequie di Yara sarà il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, e il parroco del paese, don Corinno Scotti. Nella palestra solo i familiari e le autorità, mentre i concittadini di Yara assistono ai funerali all'esterno della struttura, grazie ad un maxischermo. Il sindaco Diego Locatelli ha rinnovato l'invito alla stampa «affinchè l'evento sia trattato con la maggiore discrezione possibile». Nessun fotografo o telecamera potrà accedere alla palestra.

I NUMERI - Migliaia di persone hanno riempito il piazzale del centro sportivo. Intorno al paese sono stati predisposti 3 grandi parcheggi per un totale di circa 600 posti auto. Oltre 200 persone stanno operando per l'ordine pubblico e l'assistenza: 50 uomini tra polizia di Stato e carabinieri, 30 membri dell'associazione carabinieri a riposo (sezione di Grumello, Ponte San Pietro e Valle del Chievi) con un'ambulanza, 60 membri della Croce Rossa con 8 ambulanze, 30 persone dell' Anpas con 3 ambulanze, 15 agenti della polizia locale, 6 della polizia provinciale, 15 vigili del fuoco e 15 volontari della protezione civile (rigorosamente senza divisa secondo gli ordini del presidente della Provincia di Bergamo).

LE AUTORITÀ - Presenti oltre a parenti, amici e conoscenti della famiglia, anche numerose autorità. Dentro il palazzetto il questore di Bergamo Vincenzo Riccardi, il pubblico ministero Letizia Ruggeri, titolare dell'indagine sull'omicidio della ragazzina, il procuratore di Bergamo Massimo Meroni e l'onorevole bergamasco Mirko Tremaglia. Tra le tante le corone di fiori, ci sono anche quelle del prefetto di Bergamo Camillo Andreana, della Provincia, del gruppo di facebook «Per trovare Yara Gambirasio», di Telefono Azzurro e dei detenuti del carcere di Rebibbia.


Corriere

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IN TRE LITIGANO PER UN ASSEGNO, PARTONO I COLPI DI PISTOLA


Un operaio di 48 anni, di None (Torino) è stato arrestato ieri dai carabinieri per aver sparato contro due commercianti che, fortunatamente, non sono stati colpiti. È accaduto nel corso di una lite per un assegno.

L’arrestato, Rocco Legato, è accusato di tentato omicidio, i due commercianti, rispettivamente di 37 e 55 anni, denunciati in stato di libertà per favoreggiamento in quanto, dopo aver disarmato l’aggressore, avrebbero cercato di far sparire l’arma.

Motivo del diverbio un assegno di Legato a uno dei due commercianti e incassato prima del periodo pattuito. I tre ieri pomeriggio si sono incontrati per un chiarimento, ma ne è scaturita una lite ben presto degenerata. Giunti i carabinieri, i tre hanno prima negato,poi confessato quello che era successo. Nel sacco in cui è stata trovata la pistola i militari hanno trovato anche un fucile a canne mozze risultato rubato ad Alba (Cuneo) nel 1998.


La Stampa

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SANITA', CONCORSI TRUCCATI E FALSE FATTURE, INDAGATO ASSESSORE PDL


TORINO - Cinque episodi eclatanti in poco meno di un anno. Tangenti mascherate con il nome di brochure, o di fotocopie, bandi di gara prima pubblicati e poi ritirati per affidare direttamente le forniture. Intrecci di rapporti tra la politica del territorio e gli investimenti in Sanità. Il quadro a tinte fosche che emerge dall'indagine coordinata dai pm Paolo Toso e Stefano Demontis lascia intendere che ancora molti fatti potranno venire alla luce.

Nonostante da molti mesi ormai si parlasse di una possibile inchiesta per tangenti in assessorato alla Sanità, Piero Gambarino, factotum dell'assessore Caterina Ferrero - indagata per turbativa d'asta e per aver pilotato il concorso di un dirigente - e chiamato dai maligni "mister 15 per cento" (ma lui ribatte di aver anzi fatto risparmiare alla Regione dai 12 ai 15 milioni), non avrebbe esitato a favorire gli amici imprenditori affidando loro forniture a prezzi stratosferici (pannoloni che in altre regioni si pagano 5 euro, qui avrebbero dovuto essere acquistati dalla pubblica amministrazione per 11 euro) e agevolando gli affari dei gestori delle cliniche private. Il procuratore Giancarlo Caselli tuttavia non vuole fare di tutta l'erba un fascio: "Un'operazione chirurgica che riguarda fatti specifici e non la sanità piemontese nel suo complesso, dove operano funzionari onesti e leali che, in queste vicende, hanno impedito la commissione di altri reati".

Il riferimento è a Paolo Monferino, direttore generale della sanità che si è adoperato per impedire che venissero compiuti altri reati.
Cinque sono dunque i singoli filoni sui quali si è concentrata l'indagine degli uomini della Finanza. Quattro ipotesi di reato: turbativa d'asta per Piero Gambarino, Luciano Platter (presidente di Federfarma), Marco Cossolo (segretario di Federfarma) e Caterina Ferrero, assessore alla Sanità, Franco Sampò, sindaco di Cavagnolo, Vito Platino, commissario straordinario della Azienda sanitaria To5, Pierfrancesco Camerlengo, figlio del "re delle cliniche private", già coinvolto anni fa in una inchiesta per truffa alla Regione, e Maurizio Pasqualino Fico, collaboratore di Camerlengo e dipendente dell'ufficio tecnico del Comune di Cavagnolo; turbata libertà del procedimento di scelta del contraente per Gambarino, Ferrero e Sergio Bertone, ex direttore amministrativo di Novara - e sedicente parente di Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano - per il quale, secondo l'accusa, si sarebbe disegnato un concorso ad hoc in assessorato; corruzione per Plastino, Marco Mozzati, professionista odontoiatra e Pierfrancesco Camerlengo; concussione, infine, per Piero Gambarino.
Ieri mattina circa 60 uomini del comando provinciale della Gdf, coordinati dal colonnello Carmelo Cesario, hanno consegnato gli avvisi di garanzia e condotto in carcere gli arrestati, perquisito le abitazioni e gli uffici, anche dell'assessore Caterina Ferrero, che poche ore dopo ha rimesso le sue deleghe al presidente Roberto Cota. Su di lei il quadro probatorio non era sufficiente per chiedere l'arresto. Piuttosto imbarazzante invece la colpa politica di aver assistito, senza mai porre un freno, al delirio di onnipotenza del suo braccio destro Gambarino.

Il primo episodio al centro delle contestazioni riguarda una gara bandita dalla società di committenza regionale S. c. r., di cui è consigliere Piero Gambarino, per la fornitura di pannoloni. Gara pubblicata e poi ritirata con una scusa, per procedere all'affidamento di uno dei tre lotti in maniera diretta alle farmacie. Fissando un prezzo esorbitante e di molto superiore a quello stabilito inizialmente come base di gara. L'insediamento del nuovo direttore generale della Sanità, Paolo Monferino, avrebbe in realtà reso impossibile l'accordo tra Gambarino e segretario e presidente di Federfarma. E l'affare sarebbe saltato all'ultimo. Caterina Ferrero è indagata in questo caso in quanto relatrice della delibera ma non è provato che fosse consapevole dell'imbroglio. Pesantissime le accuse di corruzione invece per Vito Plastino, Pierfrancesco Camerlengo e Piero Gambarino, che tramava affari per le sue cliniche senza sosta utilizzando i due dipendenti pubblici come complici. Plastino, è provato, almeno in quattro episodi ha ricevuto "mazzette" da Camerlengo che lo pagava abitualmente per i suoi servigi attraverso fatture false alla società di Mozzati.


Repubblica

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venerdì 27 maggio 2011

PROTESTE AL LICEO, CANTI FASCISTI NELL'ORA DI MUSICA


CHIERI (TORINO) - Giovinezza, Faccetta Nera, Inno a Roma. Non è la scaletta di un ritrovo per balilla nostalgici, sono i canti selezionati per le lezioni del liceo linguistico di Chieri. Fatti ascoltare in classe tra lo stupore degli studenti.

Non c'è pace per l'Augusto Monti: 1300 allievi inseriti nel campus scolastico di via Montessori, alle porte della città. Non bastavano le polemiche per il muro, che il preside avrebbe voluto costruire per dividere i suoi ragazzi da quelli dell’istituto gemello, che sorge a pochi metri di distanza. Adesso arrivano anche le canzoni di mussoliniana memoria, presentate dal professore di musica. Lui, Davide Cantino, 52 anni, da alcuni giorni non si presenta a scuola. Docente dell’Istituto tecnico Pascal di Giaveno, completa il suo piano ore insegnando a Lanzo e Chieri.

«E’ in malattia» confermano dalla scuola, ma si sa anche che l’insegnante ha già presentato una lettera di dimissioni. Un gesto che arriva troppo tardi per spegnere il clamore delle ultime lezioni. Gli alunni disorientati, si sono rivolti al dirigente scolastico, Salvatore Perna. I genitori, arrabbiati, hanno chiesto a loro volta spiegazioni. Il caso è uscito dalle mura scolastiche, diretto in municipio: i consiglieri del Partito Democratico hanno presentato un'interrogazione, perché l'episodio venga chiarito in Consiglio comunale.

Come si sono svolte le lezioni lo spiega Diego Portogallo, quindici anni, rappresentante di classe. «Il prof è arrivato a scuola con dei dischi, contenevano i canti fascisti». Gli studenti hanno ascoltato i brani e analizzato i testi. «Ci è sembrata una cosa strana. L’anno scorso avevamo esaminato le musiche di Bach e Rossini. Non ci sono state date motivazioni sul cambio di genere, e non ci è stato chiesto di studiare le canzoni».

Gli studenti sono tornati a casa confusi, e hanno tempestato di domande i genitori. «Siamo tutti sorpresi da questa storia - conferma Massimo Gaspardo Moro, rappresentante dei genitori - Davvero non capiamo l'importanza musicale di Giovinezza o Faccetta nera. Era proprio il caso di portarli a lezione?»

Il preside Perna prova a chiarire la vicenda. «Non voglio difendere il professore, ma la libertà d’insegnamento. Non credo che il fine di queste lezioni sia stato quello di esaltare l'ideologia fascista». Come a dire che Cantino non ha infranto nessuna regola. «Bisogna anche tenere conto di come sono nate quelle canzoni. Giovinezza, prima di diventare l'inno del Fascismo, era un semplice canto universitario. Lo intonavano persino gli alpini durante la campagna di Libia».

Anche il preside, tuttavia, ammette che qualche perplessità è venuta anche a lui, e parla di scelta inopportuna. «Forse quel che è mancato è il buon senso, in un contesto per certi versi già difficile». Perché il prof Cantino e i suoi allievi sono già ai ferri corti da mesi. «E' arrogante è irrispettoso» sostengono i ragazzi, che già a marzo avevano chiesto l'intervento degli altri insegnanti. «In quell’occasione io e il docente di musica ci eravamo chiariti» insiste Perna. «Le cose sembravano andare meglio. Oggi la situazione è nuovamente precipitata».

Adesso i canti fascisti saranno oggetto di discussione in Consiglio. «Tutta questa storia deve essere chiarita. In primo luogo per gli studenti, che non devono essere confusi da ricostruzioni storiche sommarie» conferma Manuela Olia, capogruppo Pd. «Al Comune non competono certo i programmi di insegnamento, ma non possiamo far cadere nel silenzio un fatto così grave».


La Stampa

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TANGENTI, SCANDALO IN PIEMONTE, INDAGATO ASSESSORE SANITA'


Un terremoto giudiziario scuote la sanità regionale piemontese. Stamane la Guardia di Finanza di Torino ha eseguito sette ordinanze di custodia cautelare nell’ambito di un’inchiesta per corruzione, concussione e turbativa d’asta.

Con questa accusa è stato raggiunto da un avviso di garanzia l'assessore Caterina Ferrero (Pdl), mentre il suo braccio destro, Piero Gambarino, è finito in manette. Nel mirino delle Fiamme Gialle numerosi nomi di spicco dell'area politica e imprenditoriale piemontese, tra cui Vito Plastino commissario straordinario To5 , Pier Francesco Camerlengo, re delle case di cura private, il medico odontoiatra Marco Mozzati, e il sindaco di Cavagnolo Franco Sampò. Agli arresti domiciliari si Luciano Platter, presidente di Federfarma Piemonte e il sindaco di Carignano, nonchè segretario di Federfarma Torino Marco Cossolo. Nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Torino risulta indagato anche l'architetto Pasqualino Fico, che è stato interdetto dai pubblici uffici per due mesi.

L'inchiesta per corruzione e concussione è partita nell' autunno 2010 per delle irregolarità riscontrate nella gara d'appalto da 50 milioni di euro per la distribuzione di pannoloni alle persone incontinenti. Nell'ambito della gara Gambarino, - uomo di fiducia della Ferrero accusato di concussione e turbativa d'asta -, avrebbe preso accordi con Platter e Cossolo, favorendoli nell'attribuzione dell'appalto. Un altro filone dell'inchiesta vede ancora Gambarino coinvolto in una gara d'appalto per la vendita di un terreno nel comune di Cavagnolo, nella quale avrebbe favorito l'imprenditore Camerlengo, che intendeva edificarvi una nuova casa di cura. Per questi "favori" il commissario straordinario della To5, Vito Plastino, avrebbe riscosso del denaro ogni quindici giorni - vere e proprie tangenti - che gli pervenivano attraverso fatture false emesse dallo studio odontoiatrico di Mozzati.

Gli interrogatori e le perquisizioni delle Fiamme Gialle negli uffici dell’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte in corso Regina Margherita proseguirannonel corso della giornata. Non si escude che nuovi nomi possano aggiungersi nella rosa degli indagati.


La Stampa

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giovedì 26 maggio 2011

DONNA SEVIZIATA E UCCISA IN UN BOX. IPOTESI SERIAL KILLER


MILANO - A Cinisello Balsamo, alle porte di Milano, è stato ritrovato il cadavere di una donna, incaprettato e con segni di sevizie, in un box trasformato in una sorta di «stanza delle torture». La donna è stata identificata giovedì pomeriggio: si tratta di una 23enne romena. Il corpo presenterebbe segni di strangolamento e non di lesioni da arma da taglio: lo strangolamento potrebbe essere stato provocato proprio dal modo in cui è stata legata. Il decesso risale a un paio di giorni prima del ritrovamento: sarà l'autopsia disposta dal pm Franca Macchia a spiegare le cause esatte della morte. I carabinieri del Gruppo di Monza sono impegnati, in particolare, a vagliare l'ipotesi che la donna sia rimasta vittima di un serial killer. E' stato fermato un uomo, Antonio Giordano, di 44 anni, il proprietario del box in vicolo Villa Rachele: un muratore separato e con due figli, che in precedenza viveva lì e che dopo la separazione era tornato a casa della madre a Sesto San Giovanni. Forse per questo aveva arredato il box della vecchia casa come un monolocale insonorizzato, dove riceveva le prostitute. Mercoledì, interrogato dal pm, l'uomo non avrebbe ammesso di essere l'autore dell'omicidio, ma su quanto da lui detto gli inquirenti oppongono uno stretto riserbo. La convalida del fermo, anche per gli importanti rilievi scientifici in corso, potrebbe scattare lunedì prossimo. I carabinieri stanno conducendo attente investigazioni scientifiche nel box del ritrovamento, che è stato isolato e ora è al setaccio. Da alcune indiscrezioni, sembrerebbe che alcuni particolari sul tipo di sevizie e sulle modalità dell'uccisione potrebbero sostenere l'ipotesi che non si tratti di un crimine isolato.

LA PROSTITUTA GHANESE - L'indagine è nata dalla denuncia di una prostituta ghanese, aggredita sabato scorso intorno a mezzanotte. E' stata questa coraggiosa ragazza, che è riuscita a fuggire, ad accompagnare i militari fino a quel complesso di box sotterranei. All'interno del box, insonorizzato, c'erano un letto, alcuni mobili, una tv con videocassette pornografiche e sul pavimento il corpo della vittima. Gli investigatori dell'Arma stanno quindi compiendo accertamenti nell'ambiente della prostituzione, ma appare oggettivamente difficile discriminare tra lucciole sparite dalla circolazione perché, magari, irregolari, o per le dinamiche dello sfruttamento, e quelle che potrebbero invece essere state aggredite. Sul territorio di Monza, comunque, non risulterebbero recenti omicidi con sevizie analoghi. Sul caso è stato allertato anche il Ris, che si è coordinato con il Gruppo di Monza, che sta autonomamente eseguendo i rilievi per via dell'alta specializzazione del Nucleo Investigativo. Fatti analoghi furono registrati nel 2007 a Monterone, nel lecchese, con l’uccisione di due prostitute romene, legate e gettate in un bosco.

IL TENDONE DI PLASTICA - «Quell'uomo mi faceva accapponare la pelle», racconta una giovane donna il cui box era proprio adiacente a quello del muratore. «Lo vedevo spesso - ha riferito la donna -, veniva in quel box almeno 2-3 volte alla settimana. Non mi piaceva, ma non ho mai notato cose particolarmente strane, tipo un viavai di prostitute o altro, altrimenti l'avrei denunciato o almeno avrei avvisato l'amministratore. Solo era molto strano quel tendone di plastica con cui impediva a tutti di vedere dentro il suo box. Però faceva il muratore, ho pensato che avesse degli attrezzi o i suoi lavori in corso». La donna, come altri vicini, alla notizia del ritrovamento di una donna uccisa nel garage di Antonio Giordano, è stata «percorsa da un brivido lungo la schiena». «Lo conoscevamo bene - dicono due suoi ex vicini di casa, di quando l'uomo abitava ancora al civico 9 di vicolo Villa Rachele -, era un bravo muratore. Lo vedevamo con i suoi figli, due, di 6-7 anni, giocare e talvolta andare anche nei box, dove aveva uno scooter. Non ci saremmo mai immaginati queste cose, anche perché lui non era mai aggressivo e spesso giocava coi suoi figli». Antonio Giordano viveva nel vicolo Villa Rachele fino a 3-4 anni fa; poi la separazione dalla moglie e il ritorno nella casa di famiglia, a Sesto San Giovanni (Milano), dove abitava con la madre. Nel palazzo era rimasta l'ex moglie, ma circa un anno fa era stato venduto l'appartamento e lei era andata ad abitare nella zona di Villa San Giovanni.


Corriere

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CAMPER DI TRAVERSO SULLA STRADA, IMPEDITO L'ACCESSO A CHIOMONTE


TORINO - È passata tranquilla la terza notte di presidio degli attivisti del movimento No-Tav in località La Maddalena, a Chiomonte (Torino), dove è previsto l’inizio dei lavori per il tunnel geognostico propedeutico alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.

I manifestanti rimasti nella zona, monitorati a distanza dai Carabinieri, sono stati circa una decina e hanno continuato a presidiare l’area allo scopo di mobilitare più persone nel caso arrivino le imprese costruttrici e le forze dell’ordine. Sulle strade di accesso alla Maddalena restano le barricate realizzate due notti fa dai manifestanti per impedire l’accesso alla baita costruita dai No-Tav. In alcune di queste sono stati aperti dei varchi allo scopo di consentire il transito dei residenti.

Intanto il blocco di via dell’Avana è stato rafforzato questa mattina: con un camper messo di traverso sulla strada 15 giovani appartenenti alle frange anarco-insurrezionaliste torinesi hanno creato una sorta di casello artigianale in modo da poter decidere chi può entrare nell’area teatro delle contestazioni. I Carabinieri, dopo aver cercato di dissuaderli senza risultati, hanno identificato tutti gli attivisti e poi denunciati in stato di libertà. Le ipotesi di reato sono di interruzione di pubblico servizio, resistenza e occupazione abusiva di suolo pubblico.

Ieri il movimento No Tav ha promesso, inoltre, che non sarà messa in atto nessuna iniziativa di protesta per il passaggio del Giro d’Italia in Valle di Susa, in programma per sabato prossimo. Solo tante bandiere con il treno crociato, simbolo dell’opposizione alla nuova Torino-Lione, a meno che non ci sia «un’aggressione militare con relativo sgombero dalla valle Clarea (dove si trova Chiomonte, ndr). In quel caso non potremmo garantire nessun tipo di transitabilità della valle di Susa, Giro d’Italia compreso».

E per chi intende sfruttare quanto sta avvenendo in questi giorni, i manifestanti affidano a un comunicato le proprie perplessità: «Diffidiamo chi volesse annullare o spostare la tappa dalla Valle di Susa per problemi di ordine pubblico e quindi strumentalizzare l’intero Giro d’Italia per mettere in cattiva luce il movimento No Tav». La ventesima tappa, penultima della corsa rosa, si snoda lungo 242 chilometri da Verbania al Colle del Sestriere passando per Condove, Bussoleno, Susa prima di inerpicarsi al Colle delle Finestre, da cui i corridori scenderanno verso la Valle Chisone.

E mentre i filmati della sassaiola contro gli operai della notte scorsa continuano ad essere passati al vaglio delle forze dell’ordine, arriva la condanna unanime dell’aggressione. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha definito «fascisti, che fanno violenza» i manifestanti: «Reagiremo - ha aggiunto - e faremo un’iniziativa lì, a testimonianza che questo fatto negativissimo e simbolico di sassate contro persone che vanno a lavorare è un fatto deprecabile e condannabile. Saremo lì a ore per una nostra iniziativa che difenderà la dignità dei lavoratori che sono sul posto per guadagnarsi il loro stipendio».


La Stampa

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mercoledì 25 maggio 2011

TERREMOTO L'AQUILA, RINVIATA A GIUDIZIO LA "GRANDI RISCHI"


L'AQUILA - Dovranno rispondere dell'accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni in relazione: sono i sette componenti della commissione Grandi Rischi rinviati a giudizio nell'inchiesta sul terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009.

Dopo tre udienze di fuoco e un'ora di camera di consiglio, il Gup del Tribunale Giuseppe Romano Garganella ha deciso che andranno a processo Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi presidente dell'Ingv, Giulio Selvaggi direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva ordinario di fisica all'Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile, ieri tutti assenti.

L'udienza in composizione monocratica è stata fissata per il 20 settembre. Soddisfazione è stata espressa dai familiari delle vittime del terremoto, un po' meno dagli avvocati difensori degli imputati che hanno annunciato "battaglia" in sede processuale.

Il punto nodale di tutta l'indagine è il verbale redatto subito dopo la riunione del 31 marzo 2009, nel quale si riteneva poco probabile un forte terremoto. La procura contesta "una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione alla attività della commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico". "Sono state fornite dopo la riunione" si legge nel capo di imputazione "informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell'attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione". Secondo i pm, gli imputati "sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione" anche sotto il profilo dell'informazione. Queste notizie rassicuranti "hanno indotto le vittime a restare nelle case".

"Penso di aver fatto sempre il mio dovere, e credo che nessuno possa dire il contrario". Questo il primo commento del presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi, uno dei componenti della Commissione Grandi rischi rinviato a giudizio.


Repubblica

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LA RABBIA "NO TAV", BLOCCATI I LAVORI A COLPI DI SASSATE


CHIOMONTE (TORINO) - Sassi No Tav contro gli operai. Lunedì notte poco dopo le 2, alcuni elementi del movimento, con una componente di militanti del centro sociale Askatasuna e dell’organizzazione anarchica Alpi Ribelli, hanno iniziato un lancio di pietre contro i lavoratori Sitaf che avrebbero dovuto realizzare i nuovi svincoli sull’autostrada del Fréjus, all’altezza di Chiomonte, in vista dell’apertura del cantiere per il tunnel esplorativo della Torino-Lione.

Un’ora di lanci, con il continuo rischio di colpire gli automobilisti e i camion ancora in transito. Polizia e carabinieri hanno così deciso di chiudere per oltre due ore l’autostrada, tra Susa e Bardonecchia. I lavori in programma sono stati momentaneamente sospesi.

Ieri mattina, subito dopo gli incidenti, c’è stato un incontro tra il prefetto Alberto Di Pace e il questore Aldo Faraoni. Un primo scambio di idee, in vista della prossima ripresa dei cantieri, che non subirà comunque alcun ritardo dopo la notte violenta di Chiomonte.

La polizia, con il capo della Digos Giuseppe Petronzi, aveva scelto una linea morbida nei confronti dei No Tav. Pochi carabinieri e pochi poliziotti in assetto anti-sommossa e la decisione di aprire un confronto con i rappresentanti più autorevoli di un movimento che si era sempre auto-definito «determinato ma pacifico».

A Chiomonte c’erano alcuni amministratori e il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano, in contatto con il capitano dei carabinieri di Susa, Stefano Mazzanti. Obiettivo di tutti, non essere costretti a militarizzare la valle per un lavoro che non avrebbe neppure sfiorato il «compound» No Tav de La Maddalena, in parte abusivo e già sotto sequestro giudiziario, presidiato da non più di 2-300 persone, dopo gli appelli alla mobilitazione, gli sms e i comunicati sui siti web dei comitati.

I mediatori hanno riferito ai responsabili dell’ordine pubblico la risposta di Alberto Perino, leader dei comitati: un semplice no. Quando gli operai sono scesi dai mezzi, è iniziato il lancio di pietre, finite sull’autostrada e all’ingresso del tunnel, dov’erano schierate le forze dell’ordine. Ogni fase dell’attacco è stata video-ripresa. Considerato il totale fallimento della mediazione, la polizia decideva di bloccare i lavori e di rientrare a Torino.

Il procuratore Giancarlo Caselli ha seguito con la massima attenzione ogni fase della notte di tensione e, nelle prossime ore, ai pm saranno consegnate le prime note informative sui protagonisti. Alcuni sono già stati identificati: chi ha tagliato gli alberi con le motoseghe per costruire le barricate; chi ha partecipato, nonostante i tentativi di nascondersi il volto, al lancio di pietre.

L’interesse degli inquirenti torinesi non è più rivolto solo a colpire gli autori dei singoli gesti di violenza, ma anche chi incita a commetterli; chi li organizza; chi li preannuncia, programmandoli da tempo in ogni dettaglio. Sembrerebbe delinearsi all’orizzonte il profilo di un’associazione a delinquere, forse un decisivo e inedito balzo in avanti per le indagini.


La Stampa

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martedì 24 maggio 2011

"IN SEMINARIO ACCADEVANO COSE TERRIBILI"


Cinque ore di interrogatorio per ammettere di aver fatto conoscere a don Riccardo Seppia ragazzi minorenni, per confessare di aver avuto rapporti sessuali con un quattordicenne che chiedeva l'elemosina sul sagrato della chiesa, Emanuele Alfano, l'ex seminarista ventiquattrenne arrestato giovedì scorso per induzione alla prostituzione minorile, non solo ha risposto alle domande del pm Stefano Puppo ma ha chiesto di dire di più. «Voglio parlare - ha detto - delle cose terribili che succedono in seminario, dove sono stato un anno prima di andarmene perché non ce la facevo più».

Non ha potuto, i suoi avvocati difensori lo hanno fermato e lo stesso pm è andato oltre senza approfondire perché quello che succedeva, secondo Alfano, in seminario non è materia dell'inchiesta. Il gip ha convalidato l'arresto di Alfano, che resta in carcere per il rischio di reiterazione del reato e inquinamento delle prove. Il presidente della Cei Angelo Bagnasco ieri ha definito la pedofilia nel clero «un'infame emergenza non ancora superata». «Anche un solo caso - ha detto - sarebbe già troppo, quando i casi si ripetono lo strazio è indicibile e l'umiliazione totale» e ha parlato di «danni incalcolabili alle vittime e alle famiglie». L'umiliazione totale è destinata a aumentare via via che dall'indagine della Procura di Genova emerge la vita segreta di don Riccardo Seppia, il parroco arrestato per abusi su minore e cessione di cocaina, e quella dell'ex seminarista. Un ragazzo egiziano, Mohamed, racconta di orge: «Abbiamo fatto sesso in tre, io, don Seppia e il mio amico E.» ha detto agli inquirenti. Poi si è chiuso nel silenzio quando è stato indagato per favoreggiamento della prostituzione minorile, per aver portato l'amico diciassettenne dal prete. Quanto all'ex seminarista ha confessato di aver approfittato di un giovane mendicante: «Ho avvicinato un ragazzo di quattordici anni che chiedeva l'elemosina sul sagrato della chiesa, non quella del Santo Spirito, quella sulla piazza maggiore. L'ho convinto a venire con me e l'ho portato in un appartamento».

Per don Seppia è in arrivo una nuova imputazione, induzione alla prostituzione minorile, mentre si alleggerisce l'accusa di violenza sessuale che sarà riformulata come tentata violenza. Il chierichetto oggetto delle sue attenzioni ha ridimensionato l'accaduto: «Mi ha afferrato alle spalle e si è strofinato contro di me - ha detto - ma non mi ha baciato perché io mi sono scostato». «Io i bambini li accarezzo e li bacio sulla guancia per affetto» ha detto don Seppia al pubblico ministero. Non ci sono accuse legate alla sieropositività del sacerdote. Chattando su un sito per incontri, gayromeo, dove era iscritto con il nome «Porko da usare», don Seppia avvicina un maggiorenne genovese: «Dove sei?» si informa, il ragazzo frequenta la stazione ferroviaria, il prete gli chiede: «Fai di tutto?», poi: «Lo fai anche senza preservativo?». Al «sì» prende accordi per l'incontro: «Va bene ottanta, allora». Interrogato dal pm don Seppia ha risposto che aveva rapporti non protetti solo con sieropositivi. Un altro fronte di indagine si apre su un episodio di diciassette anni fa, quando don Riccardo era parroco a Quinto. Un medico denunciò ai carabinieri telefonate oscene ai suoi due figli. Messa l'utenza sotto controllo si scoprì che le telefonate partivano dalla parrocchia. Dopo poco don Riccardo fu trasferito. Perché quella denuncia - che la Procura sta cercando negli archivi, con l'intenzione di ascoltare il medico - non ebbe alcun seguito? Ieri don Seppia è stato trasferito nel carcere di Sanremo, nella sezione per «predatori sessuali».


Corriere

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UCCIDE IL FIGLIO A COLTELLATE E POI CHIAMA L'AMBULANZA


IVREA (TORINO) - Le liti in famiglia erano ormai diventate una consuetudine ma l'ultima è stata fatale per Andrea Callegari, 41 anni, di Banchette, nel torinese. L'uomo è stato ucciso con una sola coltellata al petto dal padre, Arduino, di 73 anni, arrestato dai carabinieri. La tragedia al termine dell'ennesima discussione avvenuta per futili motivi all'interno dell'appartamento in cui i due vivevano, in via Roma 20/10.

Secondo quanto si è appreso da fonti investigative, Andrea Callegari, con seri problemi di tossicodipendenza, sarebbe rientrato a casa ubriaco e non riuscendo a far funzionare un cd si sarebbe arrabbiato con il padre.

Un crescendo di parole e toni sempre più accesi, tanto da mandare nel panico l'anziano che, non riuscendo più a far ragionare il figlio è corso in cucina. Qui, dopo aver afferrato un coltello, si sarebbe scagliato contro la vittima. Un solo colpo, secco e preciso. Sul posto è intervenuto in poco tempo il 118 ma per lui non c'è stato nulla da fare.

Indagano i Carabinieri della Compagnia di Ivrea. Secondo le testimonianze raccolte pare che l'anziano fosse esasperato dalle continue richieste di soldi da parte del figlio. Denaro che pretendeva per poter acquistare la droga.


La Stampa

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lunedì 23 maggio 2011

E' DISABILE MA PER PARCHEGGIARE ALL'IKEA DEVE MOSTRARE LA PROTESI


PARIGI – Sei anni fa, in seguito ad una sepsi, Pascal da Silva, un trentanovenne girondino del comune di Camarsac, è stato amputato di una parte delle sue dita e di due gambe. E’ quindi un portatore di handicap. “Ho un’invalidità all’80%, ho una carta che lo dimostra”. Un documento essenziale anche se certo il giovane non vorrebbe dimostrarlo in situazioni di piena umiliazione, un po’ quello che gli è successo venerdì scorso quando ha dovuto mostrare le sue protesi per giustificare il parcheggio nel posto riservato a chi è un disabile.

Probabilmente il disabile farà causa contro un vigilante dell’Ikea di Bordeaux. Venerdì sera, quando è andato al centro commerciale per acquistare un divanetto, Pascal ha parcheggiato la sua macchina nel posto auto riservato ai disabili. Ha messo la sua carta che certifica il suo status sotto il parabrezza e si è incamminato con moglie e figlia presso l’Ikea, quando è stato fermato da un’agente di sicurezza che voleva verificare la regolarità del suo parcheggio. Secondo il direttore del negozio, Bruno Salasc, l’eccesso di zelo è dipeso dal fatto che Pascal era arrivato al centro commerciale guidando lui stesso la macchina. L’agente non ha visto nessuna persona apparentemente portatrice di handicap e ha così fermato Pascal, accusandolo di volerlo fregare dopo che gli aveva mostrato i suoi documenti.

“Dopo aver avvertito i colleghi via radio mi ha detto di seguirlo in ufficio, mentre mia figlia piangeva perchè vedeva trattato suo padre come un ladro. L’agente di sicurezza mi diceva che non ero un vero portatore di handicap, perchè avevo solo un paio di dita tagliate. I suoi modi erano oltremodo volgari, oltre che violenti”. Per essere convinto l’agente allora ha voluto una prova, e ha costretto Pascal a mostrare le sue protesi in pubblico, alzando i pantaloni. “Un’umiliazione terribile”, come afferma il trentanovenne girondino.

Per i toni aggressivi e per l’umiliazione subita in pubblico Pascal ha deciso di denunciare la catena svedese.


Blitz Quotidiano

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VIOLENTATA UNA 13ENNE, UNIVERSITARIO DI 24 ANNI IN MANETTE


ENNA - Un ragazzo di 24 anni, studente universitario, è stato arrestato a Enna con l'accusa di aver violentato una ragazzina 13enne. Lo studente aveva trascorso la giornata con la giovane e altre amiche, poi aveva fatto in modo da rimanere solo con lei e ha iniziato ad abusarne. Le aveva già tolto i pantaloni quando la giovane ha iniziato a dimenarsi e il 24enne si è ritratto. La ragazzina è riuscita ad allertare la madre che l'ha accompagnata negli uffici della squadra mobile di Enna per la denuncia. La 13enne ha riconosciuto la foto dello studente, che è stato arrestato nella zona dove si è consumata la violenza.

La ragazzina era uscita di casa intorno alle 8.30 per incontrare un'amica, con la quale si era recata presso la villa comunale della Torre di Federico. Le ragazze, durante la giornata, hanno consumato alcolici e sono state raggiunte da due giovani conoscenti. Uno di questi si è fermato con loro e, approfittando dell'assenza di altre persone e del fatto che la ragazza fosse evidentemente in stato di ebbrezza, tanto da non riuscire a stare in piedi, le è saltato addosso cercando di baciarla, toccarla nelle parti intime e abbassandole i pantaloni. La giovane ha tentato di opporsi ma senza successo. Nel frattempo, la madre preoccupata per la lunga assenza della figlia ha deciso di andare a cercarla e l'ha trovata nel parco con il ragazzo sdraiato addosso. Dopo averla soccorsa l'ha accompagnata all'ospedale dove è stata chiarita la dinamica dei fatti. Il ragazzo è stato arrestato e portato presso il carcere di Enna.


Corriere

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domenica 22 maggio 2011

COSI' IL CUORE DI ELENA HA SALVATO UN BAMBINO


ANCONA - Il cuore della piccola Elena ha salvato un bambino in attesa dell’organo nel Centro Trapianti di Bergamo, il fegato è stato impiantato su un bimbo a Torino, i due reni, destinati a Roma, a quanto si è appreso verranno trapiantati su due piccoli pazienti dell’Ospedale Bambin Gesù. Così, dalla morte della bimba di 22 mesi lasciata per 5 ore un auto dal padre, a Teramo, e dichiarata morta ieri notte alle 23 nel presidio pediatrico-infantile Salesi di Ancona, hanno tratto nuova vita altri quattro bambini.

Lo hanno voluto i genitori di Elena, Chiara Sciarrini, incinta di un’altra bimba, e il marito Lucio Petrizzi, il papà disperato, difeso strenuamente dalla moglie, che ai giornalisti ha detto: «Quello che è capitato a lui può capitare a ognuno di noi, perchè non ci si ferma mai». Il prelievo multiorgano, si legge in un bollettino diffuso dall’Ao Ospedali Riuniti di Ancona, si è concluso questa mattina alle 6. «Terminato il periodo di osservazione alle ore 23 di ieri, e dichiarata la morte della piccola, è partita la complessa organizzazione sanitaria per il prelievo multiorgano. Operazione iniziata alle 2, in presenza di tutte le equipe coinvolte, giunte da varie parti d’Italia».

I reni sono stati prelevati dal dottore Federico Mocchegiani della Clinica Epatobiliare e dei Trapianti degli Ospedali Riuniti di Ancona, per il prelievo del cuore è intervenuta una equipe chirurgica di Bergamo, per il fegato una equipe di Torino. «Ha seguito tutta l’operazione la dott. Francesca De Pace, Coordinatore Ospedaliero (Ospedali Riuniti di Ancona) per la donazione e i trapianti, in stretta collaborazione con il Nit di Milano (Nord Italla Transplant) per le ricerche necessarie e l’allocazione degli organi, con il Crt-Centro Regionale Trapianti diretto da Duilio Testasecca e con il direttore Medico dott. Leonardo Incicchitti, del Presidio materno infantile Salesi». Per le situazioni pediatriche, ricorda l’Ao, la lista dei pazienti in attesa è nazionale: «il fegato è stato destinato a Torino, il cuore a Bergamo, mentre i reni a Roma. Al momento i trapianti sono in corso».

La piccola Elena Petrizzi non ce l'ha fatta: la morte cerebrale è stata dichiarata ieri alle 17, quella «giuridica» e ufficiale sei ore dopo, alle 23, una volta finito il periodo di osservazione previsto dalla legge. Le sue condizioni, già gravi all’arrivo al presidio materno-infantile Salesi di Ancona, erano peggiorate. I genitori di Elena sono rimasti al suo fianco fino all’ultimo. Il padre, Lucio Petrizzi, docente alla Facoltà di Veterinaria di Teramo, oltre al dolore e al rimorso dovrà affrontare anche l’accusa di omicidio colposo. La sua compagna Chiara Sciarrini, all’ottavo mese di gravidanza di un’altra bimba, si schiera al suo fianco senza esitazione: quello che è successo «può capitare ad ognuno di noi, perchè non ci si ferma mai». E Lucio, «un padre esemplare», che adorava la figlioletta, «non si fermava mai perchè si preoccupava di me, della mia gravidanza e della piccola Elena». «Io non ho mai accusato Lucio e mai lo farò - ha detto ieri pomeriggio, circondata da alcuni familiari e dai medici del Salesi - perchè lui non è colpevole di niente. Elena adorava il suo papà, la sua prima parola è stata "ba-ba"».


La Stampa

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IN GERMANIA LA PRIMA FABBRICA SENZA ORARI E CON FERIE ILLIMITATE


Lavorare quanto a lungo si vuole e con tutte le ferie desiderate. Sembra una favola, invece è realtà nella fabbrica per macchinari Trumpf, guidata dalla signora Nicola Leibinger-Kammueller.

L'azienda del Baden-Wuerttember, in Germania, ha introdotto un sistema di orari flessibili, finora senza precedenti. Il modello - riporta la Bild - è il seguente: a partire dal primo luglio i dipendenti potranno scegliere un orario di lavoro compreso tra le 15 e le 40 ore settimanali, scelta che potrà essere modificata ogni due anni a seconda delle diverse fasi della vita dei lavoratori.

Inoltre i dipendenti possono accreditare fino a 1.000 ore di lavoro supplementari su un "conto ferie" personale che potranno poi utilizzare per ferie supplementari, ore di permesso o di formazione. Questo "conto ferie" consentirà ai dipendenti della Trumpf di godere di "giorni liberi", dalle sei settimane fino ai sei mesi. Vi è anche la possibilità di prendere un anno sabbatico o lavorare per metà anno a mezzo stipendio ed essere in vacanza sempre a mezzo stipendio per i sei mesi successivi.

La pianificazione dei tempi di lavoro individuali significa per l'azienda un dispendio di energie supplementare, ma la Leibinger-Kammueller è convinta dei benefici a livello di rendimento e motivazione dei lavoratori.

La Trumpf è un'azienda leader nel campo dei macchinari laser ad alta precisione e conta 8.000 dipendenti in tutto il mondo, di cui 4.000 nella cittadina tedesca di Ditzingen. Ultimo dettaglio, precisa la Bild: la "responsabile" non possiede un cellulare e non è rintracciabile per nessuno nel suo tempo libero.


Virgilio

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sabato 21 maggio 2011

E' MORTA LA BAMBINA DI 22 MESI DIMENTICATA IN AUTO


La piccola Elena non ce l'ha fatta. I medici hanno constatato la morte cerebrale della piccola di 22 mesi, dimenticata dal padre nell'auto per oltre 5 ore, lo scorso 18 maggio a Teramo. Poco dopo è stato autorizzato il distacco delle macchine che tenevano in vita la piccolina. I familiari hanno autorizzato l'espianto, ma i medici procederanno soltanto al prelievo del cuore.

La bimba era ricoverata al presidio materno-infantile Salesi di Ancona. «L'intervento di decompressione cerebrale effettuato venerdì nel tardo pomeriggio - spiegava poco prima un bollettino medico - ha evidenziato un imponente edema cerebrale. Questo si inserisce in una situazione di insufficienza renale». L'edema cerebrale le è successivamente stato fatale. Elena infatti moriva poco dopo.


Corriere

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I "NO TAV" PRONTI A BLOCCARE IL GIRO D'ITALIA


TORINO - Nel 2006 c’erano le Olimpiadi invernali di Torino. Sabato prossimo la tappa del Giro d’Italia Verbania-Sestriere. Sullo sfondo, oggi come cinque anni fa, l’avvio del primo cantiere Tav in Italia: la realizzazione di un cunicolo esplorativo. Sei anni fa a Venaus. Nei prossimi giorni alla Maddalena di Chiomonte. E il movimento di protesta lancia il suo avvertimento: «Se proveranno a fare forzature bloccheremo la tappa del Giro d’Italia», annuncia Alberto Perino, uno dei leader del movimento. «Uomini avvisati...», aggiungono Davide Bono e Fabrizio Biolé, consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle annunciando la nascita di una sede distaccata del gruppo alla Maddalena realizzata «a costo zero per i cittadini».

Per «forzature» Perino e il Movimento intendono l’avvio del cantiere: «E’ sbagliato utilizzare la definizione di madre di tutte le battaglie (il copyright è di Lele Rizzo, leader di Askatasuna, ndr) ma noi impediremo un sopruso cioè l’apertura di un cantiere che non ha una progettazione e su cui sono pendenti due ricorsi al Tar». Dunque «così come abbiamo fatto nel 2005 bloccheremo la Valle e non è colpa nostra se la prossima settimana è in programma una tappa del Giro». E così se mai dovessero partire i lavori di recinzione «allora la tappa si fermerà a Verbania».

Barbara Bonino, assessore regionale alle Infrastrutture, replica: «Non ci saranno forzature per l’avvio dei lavori. Semplicemente la galleria esplorativa de La Maddalena verrà realizzata perché la Valsusa e il Piemonte non possono perdere la grande opportunità rappresentata dalla Nuova Linea Torino-Lione». E aggiunge: «Ribadisco le rassicurazioni agli abitanti: le istituzioni, Regione in testa, vigileranno attentamente sull’andamento dell’opera. Saremo a Chiomonte ogni giorno per verificare che il cantiere non arrechi danni al territorio e che vengano rispettate tutte le prescrizioni richieste».

Rassicurazioni che non fermano la mobilitazione del movimento. Da giorni i No Tav sono in stato di allerta. Entro il 31 maggio, secondo gli impegni presi con Bruxelles, il cantiere dovrebbe partire e così hanno iniziato a seguire le tracce delle due imprese valsusine a cui Ltf ha assegnato i lavori di recinzione. Perino solleva dubbi sulla capacità delle imprese di realizzare i lavori «visto che una di loro non è stato in grado di completare i lavori lungo la linea storia nella data prevista e ne ha completati circa la metà». E in ogni caso «c’è lavoro e lavoro e non tutti i lavori sono moralmente ed eticamente accettabili».

I comitati conoscono quanto materiale è stato acquistato e dove è stato messo a deposito e controllano ogni movimento che potrebbe permettere di capire quando e come le imprese, con la protezione delle forze dell’ordine, cercheranno di recintare l’area. L’altra sera nel corso di un affollatissimo coordinamento dei comitati sono state decise le tappe della mobilitazione a partire dalla marcia di protesta in programma oggi da Rivalta a Rivoli (partenza alle 14.30 dal Comune di Rivalta) fino all’assemblea prevista per il 26 maggio a Bussoleno dove è annunciata la partecipazione dei sindaci. Tra oggi e domani, nell’area di presidio prenderà forma una sorta di accampamento con tende, camper, casette sugli alberi e baracche piazzate nei terreni di proprietà del movimento».

E poi c’è la sponda istituzionale dei due consiglieri regionali grillini. Bono e Biolè hanno scritto al presidente del Consiglio che la roulotte piazzata alla Maddalena, sarà utilizzata come sede dove si alterneranno i consiglieri e il personale. Ci sarà un collegamento Internet e si sta lavorando all’installazione di una webcam: «Vogliamo vigilare e proteggere la popolazione da eventuali militarizzazioni della valle».


La Stampa

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ANNEGA A 11 ANNI NELL'ACQUA GELIDA DEL TORRENTE SANGONE


COAZZE (TORINO) - Si è tuffato nel torrente per cercare un po’ di refrigerio in un pomeriggio insolitamente caldo. O forse è scivolato in acqua, mentre giocava con in suoi amichetti in riva al Sangone. Sulla dinamica le versioni dei testimoni sono ancora discordanti. Quel che è certo è che un ragazzino ghanese di 11 anni, Mark Aido, è morto annegato ieri pomeriggio verso le 16 in una pozza del torrente, poco al di fuori del centro abitato di Coazze. Una tragedia che ha lasciato attonito l’intero paese, dove il ragazzino africano viveva da quattro anni in compagnia dei genitori della sorella maggiore Roda, di 16 anni.

Mark era uscito di casa dopo aver pranzato e aveva raggiunto la piazza principale per incontrarsi con gli amici. Il gruppetto si è avviato a piedi verso il torrente, che passa alla periferia della cittadina: per raggiungere le sponde del Sangone i ragazzini sono passati tra i ruderi dell'antica fabbrica tessile Defernex e hanno raggiunto una zona accidentata, con sentieri invasi dai rovi. Non era la prima volta che gli amici andavano da quelle parti, ma ieri il torrente era particolarmente impetuoso a causa del disgelo della neve in alta montagna, sul massiccio dell’Orsiera Rocciavrè.

E qui le testimonianze dei compagni di gioco sono discordanti: secondo alcuni, Mark si sarebbe avvicinato troppo all'acqua, scivolando nella ripida cascata. Secondo altri il ragazzino si sarebbe tolte le scarpe da ginnastica e la maglia e si sarebbe buttato in acqua per fare il bagno. Comunque sia andata, dopo pochi istanti Mark ha cominciato ad annaspare, forse a causa della temperatura freddissima del rio. Alcuni del gruppo avrebbero tentato di soccorrerlo, ma ogni tentativo è stato vano. La forza della corrente lo ha trascinato in una caverna sotto una gran roccia.

I compagni hanno subito chiamato i vigili del fuoco con un telefonino e in breve tempo sono arrivati un elicottero e gli uomini del soccorso alpino della Val Sangone. Gli operatori dell’eliambulanza hanno tentato di calarsi con il verricello, ma non sono riusciti ad individuare il ragazzino. Poco dopo, si sono immersi i sommozzatori dei vigili del fuoco, assistiti dai colleghi di Giaveno. Il corpo di Mark Aido è stato individuato in una profonda nicchia fra le rocce ed è stato subito chiaro che ci sarebbe stato poco da fare per salvarlo. È stato portato in superficie, dove il personale medico del 118 ha provato in tutti i modi a rianimarlo. Niente da fare.

Il decesso potrebbero essere stato causato da una congestione, prima ancora che dall’annegamento, proprio a causa dell’acqua gelata. Sarà comunque l'autopsia a stabilire le cause della morte di Mark. Il corpo del povero ragazzino è stato trasportato all'ospedale di Avigliana e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Beppe Ostorero, consigliere comunale di Giaveno, è stato tra i primi a giungere sul posto della disgrazia. «Gli altri ragazzi erano in preda al panico, tentavano di raccontare ciò che era accaduto ma molti di loro non riuscivano neppure a parlare». Una ragazzina di 14 anni si è sentita male ed è stata ricoverata sotto choc in ospedale. Il sindaco di Coazze, Paolo Allais, non riesce a darsi pace: «Mi pare impossibile che Mark abbia fatto una fine così brutta. Era un ragazzino gioviale, pieno di vita, che scorrazzava per Coazze con la sua bicicletta».

In paese lo ricordano come un bambino educato e sempre allegro. Frequentava la prima media, nella classe 1ª B, e uno dei suoi compagni, Lorenzo, racconta: «Eravamo amici fin dalla classe terza elementare, quando è arrivato a Coazze dal Ghana. In poco tempo siamo diventati amici, ma grazie al suo carattere si era integrato rapidamente anche con gli altri scolari e con le maestre».


La Stampa

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venerdì 20 maggio 2011

MOLINETTE, SPARITI I SOLDI PER RIFARE IL "PRONTO SOCCORSO"


TORINO - Non ci sono fondi per la ristrutturazione del pronto soccorso delle Molinette, un’operazione per cui si preventivava una spesa di 2 milioni e 897mila euro. Niente risorse anche per il rifacimento del blocco operatorio chirurgia d’urgenza diretta da Pier Roberto Mioli, per il raddoppio dei letti della terapia intensiva, l’ampliamento delle sale visita della parte chirurgica e degli spazi da destinare all’Osservazione breve intensiva. Un secondo intervento del valore di 1 milione 300mila euro.

La lettera, datata 13 maggio 2011, è arrivata al commissario dell’ospedale Giovanni Battista Emilio Iodice ed è firmata dal responsabile del settore politiche degli investimenti della direzione sanità Piero Angelo Pais. Dopo aver indicato i lavori in oggetto e dichiarato di aver ricevuto i moduli per l’autorizzazione all’affidamento dei lavori (entro giugno 2011), si comunica che «il capitolo di spesa del bilancio regionale per l’esercizio finanziario 2011relativo agli investimenti risulta avere una disponibilità di previsione pari a 0. Con la conseguenza che questo settore non potrà assumere eventuali impegni di spesa a copertura degli interventi. Pertanto - chiude - si ritiene che ad oggi non ci siano le condizioni per procedere sia all’attivazione della gara d’appalto dell’intervento sia per l’affidamento dei lavori».

L’allarme viene lanciato dalla Cgil aziendale delle Molinette, che diffonde un volantino: «Cota taglia i fondi per il pronto soccorso». Il responsabile aziendale Francesco Cartellà spiega: «Questi interventi erano attesi da anni e sollecitati sia dalla precarie condizioni di lavoro di medici, personale infermieristico e operatori socio sanitari sia dalle invivibili condizioni dei pazienti “ammucchiati” in strutture inadeguate prive di privacy e a rischio infezioni per il poco spazio fra le barelle che affollano la struttura». Si veda il fatto di cronaca di un anno relativo allo scambio di sacche di sangue, scrive ancora l’organizzazione sindacale.

La Regione risponderà soltanto oggi. Il responsabile della comunicazione istituzionale di Roberto Cota Beppe Cortese attende comunicazioni da Paolo Monferino. Ieri, neppure lui riuscito a parlare al direttore regionale per avere la spiegazione “tecnica” della decisione assunta. «Potrei dire che si attendono gli interventi su Città della salute - dice Cortese - ma per essere più chiaro ho bisogno di dettagli che non conosco». «Il direttore è impegnato in una lunga riunione che si protrarrà fino a tarda sera», ha fatto sapere la segretaria del direttore.


Repubblica

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