sabato 4 giugno 2011

CARCERI INVIVIBILI, SCIOPERO DELLA FAME DELL'AVVOCATO


TORINO - L’avvocato Manuela Deorsola, oggi, non toccherà cibo. Il suo è un digiuno simbolico, un modo per ricordare i tre suicidi avvenuti nel carcere delle Vallette di Torino negli ultimi venti giorni. Ma non solo: un modo per ricordare le condizioni di estrema gravità in cui si trovano tutte le carceri italiane, strapiene all’inverosimile, senza mezzi e senza personale, tanto da creare condizioni inumane tra i detenuti che - sempre più spesso - scelgono di togliersi la vita.

Questo avvocato torinese digiunerà perché fa parte della giunta dell’Unione delle Camere Penali, organismo che ha scelto questa forma di protesta seguendo l’esempio di Marco Pannella, a digiuno già da un mese per le stesse ragioni. «Abbiamo scelto questa forma di espressione perché ci sembra la più efficace - racconta l’avvocato Deorsola - Il primo giugno è partito il nostro presidente Valerio Spigarelli e, a staffetta, lo seguiremo tutti noi membri della giunta. Poi toccherà al coordinatore Alessandro De Federicis e quindi agli altri componenti dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali».

I penalisti italiani da tempo hanno fatto delle condizioni delle carceri italiane una delle loro battaglie principali. Studi e convegni vengono organizzati di continuo e l’anno scorso ognuna della Camere Penali aveva denunciato alla procura della Repubblica del proprio territorio le condizioni igienico sanitarie delle case circondariali. «Le condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti sono inumane - continua la futura digiunante -. In altri Paesi, quando c’è il rischio sovraffollamento, si adottano provvedimenti svuotacarceri che funzionano davvero, non come quello annunciato dal ministro Angelino Alfano che poi si è rivelato del tutto inefficace. In Scandinavia ci sono addirittura le liste di attesa: se le carceri sono piene, il condannato resta fuori finché non si libera un posto e solo a quel punto entra per scontare la sua pena. Da noi, invece, si muore». Il Lorusso e Cutugno è una delle strutture meglio organizzate d’Italia, è un fatto assodato. Eppure gli ultimi tre suicidi, avvenuti proprio a Torino, lanciano l’allarme a livello nazionale. Il carcere ha una capacità di 998 posti. Attualmente le persone detenute sono 1592. Si tratta del 60% in più del consentito.

Tutto questo, ovviamente, si riverbera sulla vita carceraria, anche e soprattutto sugli agenti della polizia penitenziaria che da tempo lamentano un sottodimensionamento di organico che mette in pericolo tanto gli agenti quanto i detenuti (sono numerose le segnalazioni di ferimenti). Non solo.

L’Unione delle Camere Penali lamenta che ormai in molte case circondariali gli scarsi mezzi economici impediscono qualunque attività lavorativa per i detenuti, il che rende praticamente impossibile perseguire l’obiettivo della rieducazione alla società civile che dovrebbe essere lo scopo della detenzione. Il prossimo 9 giugno l’Unione delle Camere Penali incontrerà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e in quella sede esporrà al capo dello Stato tutte le preoccupazioni dei penalisti. Un altro incontro istituzionale è stato richiesto dalla Camera Penale Vittorio Chiusano del Piemonte Occidentale e della Valle d’Aosta al presidente della commissione Diritti Umani del Senato, il torinese Pietro Mercenaro.

Le richieste degli avvocati sono che al più presto vengano predisposte una serie di iniziative legislative idonee per tutelare i diritti delle persone che si trovano rinchiuse e di contenere il sovraffollamento. «Purtroppo - ha scritto la giunta dell’Unione delle Camere Penali - il Governo e gran parte della politica sono sordi a queste richieste».


La Stampa

1 commenti:

Posta un commento