mercoledì 15 giugno 2011

LA MORTE ASSURDA DELLA RAGAZZA UCCISA DALLA VETRATA


TORINO - Giorgia era bella. Bella davvero. Aveva quindici anni. Voleva diventare un’educatrice sociale. «Sì, era un tesoro. Sognava di prendersi cura dei bambini disabili. Diceva sempre di volersi occupare delle persone sfortunate» racconta la nonna Caterina. «Chi muore da giovane - scherzava sempre Giorgia con la sorella Jessica - è pronto per la via eterna». Proprio come i miti, che non tramontano mai.

Uccisa dalla scheggia di una vetrata esplosa all’improvviso nell’androne di un palazzo di corso Cincinnato. Il frammento le ha trafitto il collo. Una fatalità. Familiari e amici accusano adesso i soccorsi per l’eccessivo ritardo. «Abbiamo aspettato venticinque minuti l’arrivo dell’ambulanza. Mentre le stringevo la mano, sentivo che mi stava lasciando» ricorda Davide, il cognato.

Un incidente. A raccontarlo è proprio Federico, il suo amico del cuore. L’amico d’infanzia. L’altra sera era con lei e con altri tre ragazzi, tutti inseparabili. Federico era salito in casa un secondo, dopo aver trascorso la giornata nei giardinetti del quartiere, a divertirsi pensando alle vacanze. «Giorgia - spiega Federico - era sul marciapiede, con la schiena incollata alla parete dell’ingresso. Scendendo nell’androne, ho appoggiato la mano sinistra sull’apriporta e la destra sul vetro. In quel momento la vetrata superiore è esplosa in tanti pezzi. Io sono rimasto lì, con la mano sospesa nel vuoto. Come prima reazione ci siamo messi tutti a ridere». Chiara, un’altra ragazza del gruppo, si trovava anche lei sul marciapiede. Era ad un soffio da Giorgia: ha sentito l’amica lanciare un breve lamento. «Sì, ha detto “ahi!”, mentre si portava la mano al collo - dice Chiara, mimando il gesto - Non sembrava nulla di grave».

Federico citofona alla mamma dicendole di scendere con l’acqua ossigenata. «Sembrava solo un taglio». Poi si spaventa. Col telefonino di Chiara chiama il 118, mentre l’amica le tampona la ferita con un fazzoletto. «La prima volta è caduta la linea, poi ho richiamato. Mi hanno fatto mille domande. Dalla prima chiamata all’arrivo dell’ambulanza saranno passati più di venti minuti, forse mezz’ora». Altri chiamano il 118. Il cognato arriva dopo un paio di minuti con Giuseppina, la mamma di Giorgia. Pure lui telefona al 118 per sollecitare i soccorsi.

Quando l’ambulanza raggiunge il civico 256 di corso Cincinnato, le condizioni della ragazza sono disperate. «I soccorritori - dice Davide - sono scesi come se dovessero raccogliere una persona con la caviglia rotta. Nessuno ha capito la gravità. Solo in ospedale, al Maria Vittoria, si sono accorti della situazione, ma era troppo tardi. Qualcuno ha sbagliato. Per dimostrarlo basterebbe risentire le registrazioni al 118». I carabinieri della compagnia Oltre Dora, coordinati dal pm della procura dei minori, Marta Lombardi, hanno sentito a lungo gli amici. Nessuno è indagato. Il magistrato ha aperto un fascicolo. Ha effettuato di persona un sopralluogo nel palazzo. Nelle prossime ore disporrà l’autopsia.

Giorga Gallo viveva a Venaria, in un grande palazzo ai margini della città. Qui ogni cosa racconta di lei. Il giardino al centro del condominio, dove da piccola organizzava i pic-nic con gli amici. Il marciapiede con la dedica: «Giorgia ti amo». Il vestito appeso al balcone, che avrebbe dovuto indossare l’altra sera in pizzeria, per festeggiare con i compagni dell’istituto Santorre Santarosa di Torino la fine della scuola.

«Aveva sempre il sorriso sulla bocca» dice Federico. Su Facebook c’è un filmato dedicato a lei. Le immagini scorrono sulle note di due brani che Giorgia adorava: «Buonanotte principessa» di Mattia Cerrito e «Incancellabile» della Pausini. Al funerale gli amici più stretti indosseranno magliette con quella frase sulla vita eterna. «Sarà il nostro modo di dirle addio». Proprio come canta Mattia: «Adesso tu non ci sei più. Buonanotte principessa. Volevo salutarti per l’ultima volta».


La Stampa

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