sabato 18 giugno 2011

SASSAIOLA CONTRO LA TAV, 5 INDAGATI: "MA RESISTEREMO"


VAL SUSA - La notte del 23 maggio, a Chiomonte, alta Val Susa, nel sito dove inizieranno i lavori per la costruzione della nuova linea ferroviaria dell’Alta Velocità Torino-Lione, gli operai incaricati di aprire un collegamento tra l’autostrada e l’area del cantiere furono oggetto di una fitta sassaiola, durata quasi un’ora. Autori, circa 200 contestatori, alcuni con il volto nascosto da passamontagna e cappucci; la polizia sequestrò 120 chili di pietre e i lavori furono interrotti, nonostante la presenza dei reparti anti-sommossa. Ieri la procura di Torino ha chiuso la prima fase dell’indagine e ha indagato cinque militanti del movimento No Tav.

All’alba sono state perquisite le loro abitazioni e la sede torinese del centro sociale Askatasuna. Gli indagati, per resistenza e altri reati, sono uno dei leader storici degli oppositori alla Tav, Alberto Perino, 66 anni (dovrà rispondere anche di istigazione a delinquere, in seguito a un comizio avvenuto alla fine di una marcia di protesta); Giorgio Rossetto, 52 anni, uno dei capi di Askatasuna; Brando Ratti, 22, studente universitario del Collettivo Autonomo, di Forte dei Marmi; il torinese Damiano Piccione, 32, un altro studente, Lorenzo Carrieri, 27, di Gemonio (Varese). Quest’ultimi due erano stati coinvolti, nel 2009, negli scontri per il G8 Università. Piccione finì in cella.

Gli agenti della Digos torinese si sono presentati alle 6 nella casa di Condove di Perino, una villetta persa in un borgo vicino al centro. Sono stati controllati documenti, carte, un computer ma, alla fine, è stata sequestrata un’agenda-diario. «Ci tengo i conti della spesa e poco altro ha detto, al termine dell’atto giudiziario, disposto dai pm Giuseppe Ferrando e Manuela Pedrotta - non capisco perchè l’abbiano presa». In realtà, nel libretto, sarebbero annotati considerazioni, orari, spostamenti, nomi di presunti complici, legati proprio alle recenti manifestazioni oggetto dell’inchiesta, non tutte all’insegna della «non violenza».

A Torino gli investigatori del capo della Digos, Giuseppe Petronzi, sono entrati nel centro sociale Askatasuna. Cercavano la stanza di Giorgio Rossetto, perquisita a fondo; poi le case dei due studenti. Alle 10 di ieri l’operazione era già conclusa. Tra le accuse mosse a Perino, quella (inedita) di istigazione a delinquere. Ecco un frammento delle parole incriminate: «...Quando arrivano alla Maddalena, bloccheremo da Torino a Chiomonte. E se a Torino qualcuno sta pensando di festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia, bene, dovranno averne tanti di poliziotti per presidiare, che so, Piazza Castello, Palazzo Reale, Palazzo Carignano, la Venaria Reale...Noi dimostreremo all’Europa che se toccano la Maddalena è finito il turismo a Torino. A Torino, ci sarà la battaglia, non violenta, la battaglia tranquilla, a modo nostro ma non sarà una festa...».

Ieri, Perino ha lanciato accuse al procuratore Giancarlo Caselli: «Vengo incriminato per avere incitato la gente a resistere, ebbene voglio reiterare il reato, son pronto ad andare anche in carcere». Poi s’è richiamato ai «partigiani che in Valle Susa resistevano ai nazi-fascisti», e al diritto di opporsi all’opera, definita «devastante» e «inutile». Nessun commento da Caselli. Ma fonti della procura ribadiscono che i magistrati non sono mossi da logiche politiche bensì da notizie di reato. E, soprattutto, che questa come le altre azioni giudiziarie è stata intrapresa al solo scopo di affermare il valore della legalità.

Sono 73 gli avvisi di garanzia spediti a Perino e ad altri esponenti del movimento, per una lunga serie di reati, dagli abusi edilizi e per aver impedito, nel 2010, le trivellazioni dei terreni.


La Stampa

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