giovedì 17 marzo 2011

ITALIA 150, TORINO UNA NOTTE DA CAPITALE (VIDEO)


E chi se la ricordava più una notte bianca così. «Come le Olimpiadi», si sbilancia qualcuno in tono entusiastico. Chi se la ricordava più la Torino festante e festosa del 2006, in diretta tv. Beh, allora c’erano gli stranieri: tanti, tantissimi. Oggi, per celebrare il compleanno dell’Italia, la Torino madre della Patria e prima capitale, ci sono solo i locali: torinesi, certo, ma non soltanto. Scesi in strada in barba alla pioggia che dal primo pomeriggio trasforma le strade in ruscelli. Poi, però, il maltempo rallenta e la piazza si gonfia di gente. Bandiere e coccarde esibite con orgoglio. Cori improvvisati con le parole dell’inno. E i ragazzi abbracciati che aspettano, zuppi di pioggia, che sul palco sfilino i vip venuti a celebrare la Festa. Vecchioni è ancora a Roma, in diretta tv saluta il presidente Napolitano,mala piazza è già colma per il concertone.

Bisogna aspettare almeno ancora un’ora prima che sul palco arrivi Davide Van De Sfroos. Lui che di solito canta in dialetto si ripete in un «Viva l’Italia» in perfetta lingua di Dante, tanto che quasi commuove vederlo lì, con la faccia all’insù, a farsi lavare dalla pioggia e a bearsi delle sue note. Si diceva che avrebbe messo il tricolore sulla chitarra. Non l’ha fatto, ma chi è assiepato sotto il palco gli perdona tutto con un lungo applauso. Chiamparino s’è appena lanciato in una frase del tipo «Torino riparte dalla sua storia per riprogettare il futuro» che già in piazza si sussurra che Vecchioni è in arrivo. Non è vero. Ma la lunga notte in piazza, sullo sfondo di una Mole ingioiellata dal tricolore, è anche questo. Voci e attesa. E spettacolo. Quando partono i fuochi dal ponte davanti alla Gran Madre la piazza finalmente si scalda. Mezz’ora di spettacolo pirotecnico, tutto giocato sui colori della bandiera. Mezz’ora a guardare il cielo. Gran finale con cascata in tricolore e poi parte l’inno, con gli alpini protagonisti. Ma qualcosa stavolta va in tilt. Sul maxi schermo sfilano le immagini: nitide, bellissime. L’audio, però, fa le bizze: si sente a malapena, proprio sotto il maxischermo.

A due metri l’unica cosa che si sente distintamente è il rumore della piazza. Della gente che poco alla volta se ne va. Vecchioni non basta a fermare la fuga. La sua Samarcanda incanta trentenni e quarantenni: i più giovani migrano versoi il centro, pr tornare per il gran finale con i dj. Quelli più stagionati se ne vanno verso casa: in fondo è mezzanotte passata da un pezzo. Da questo momento l’Italia ha ufficialmente 150 anni, si entra nel cuoredella festa. Luca e Stefania, fradici fino al midollo, stanno ancora lì, sotto il palco. Dicevano, prima del concerto: «C’è un dio leghista che gira catinelle di acqua sulla festa». Adesso ritmano le parole di Samarcanda, infischiandosenedi tutto ciò che accade lì attorno. Due pensionate camminano piano sotto i portici di piazza Vittorio tenendosi a braccetto. «Che uomini c’erano allora. Quelli lì sì che vedevano lontano, sapevano capire». Una parla e l’altra annuisce. «Che politici». «Ce ne fosse di gente così anche oggi, cara lamiaamica...».

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LaStampa

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