mercoledì 30 marzo 2011

L'APERTURA DI COTA, "SI AI PROFUGHI. NO AGLI IMMIGRATI"


TORINO - Ieri la Prefettura di Torino ha smentito comunicazioni dal governo «su eventuali, imminenti arrivi di profughi in Piemonte e su eventuali destinazioni loro assegnate», ma ci vuol altro per silenziare il tam-tam innescato dalla situazione esplosiva in cui versa Lampedusa.

A poche ore dalla Conferenza unificata tra il ministro dell’Interno Maroni e i presidenti di Regione, prevista questo pomeriggio a Roma, per tutta la giornata si sono rincorse voci su località destinate ad accogliere parte dei profughi: dall’ex deposito di munizioni a Front all’ex poligono di San Carlo Canavese-Ciriè, appartenenti all’elenco dei 13 siti che il ministero della Difesa ha messo a disposizione del Viminale, fino a Lombardore e alla stessa Torino. Nomi, questi ultimi, privi di conferme e quindi, allo stato, inattendibili.

Non è un caso se Chiamparino, in assenza di notizie, ribadisce la posizione espressa nei giorni scorsi. «Torino non ha spazi - aveva precisato -. Al massimo, e a condizione che altre realtà piemontesi facciano la loro parte, possiamo fornire le strutture impiegate per fronteggiare l’emergenza-freddo nei mesi invernali, ma si tratterebbe di non più di 100 posti». Mentre la quota destinata al Piemonte, stando a calcoli molto approssimativi, potrebbe raggiungere le 3-4 mila unità.

Altrettanto prudente Roberto Cota. «I nomi in circolazione non mi risultano - ha replicato il governatore prima di inaugurare la filiale torinese della Banca Regionale Europea -. Vedo molta confusione tra clandestini e profughi. I primi, dopo l’identificazione, devono tornare indietro, gli altri hanno diritto a uno status diverso». Fatta salva la sofferta disponibilità a collaborare, già espressa al Viminale, la linea della Regione è chiara: «Intanto del problema devono farsi carico altri Paesi dell’Unione europea». In aggiunta, precisa Cota, abbiamo chiesto di considerare tra i parametri anche il numero di immigrati, assai elevato, già presenti in Piemonte. A Roma ribadirò il concetto». «Massima cautela sul trasferimento di immigrati libici nel Canavese - hanno frenato a scanso di equivoci i consiglieri leghisti in Consiglio provinciale -. Il Torinese non è la Terra Promessa per chiunque».

No comment di Cota sulla proposta avanzata dalla Caritas di Torino nella persona di Pierluigi Dovis, il direttore: chiedere che tutti i Comuni piemontesi adottino uno o due immigrati per evitare di scaricare l’emergenza sui grandi centri urbani. «In assenza di indicazioni sui siti è solo una supposizione», ha tagliato corto il presidente della Regione.

Al contrario Piero Fassino giudica «sensata» la proposta della Caritas. Più in generale, secondo Fassino - che sottoscrive l’appello all’accoglienza lanciato da Napolitano alle Regioni - per fronteggiare l’emergenza servono almeno due cose: risorse ai Comuni e l’attivazione di piani umanitari nei Paesi d’origine». E i clandestini? «L’Italia non ha una legge sull’asilo e assimila i profughi agli stranieri clandestini. Bisogna distinguere tra i primi e i secondi, verso i quali bisogna agire con rigore». Anche il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, a Torino per visitare con un centinaio di studenti i luoghi di Italia 150, conviene sulla distinzione. «I profughi, di questi parliamo - ha detto mentre si trovava in compagnia di Antonio Saitta -, possono diventare un problema se la situazione viene gestita male. Non mi si dica che un Paese di 60 milioni di persone non può affrontare questo flusso migratorio».


La Stampa

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