La Politica e una parte del sindacato esultano alla vittoria del sì al referendum di Mirafiori. E mandano un messaggio a Sergio Marchionne: dopo il "sì" della fabbrica ora tocca a lui rendere reali le promesse. Primo fra tutti, il presidente del Piemonte Roberto Cota: "Adesso - dice - bisogna vigilare su investimenti e aumenti di posti di lavoro". E aggiunge: "È un segnale incoraggiante in un contesto in cui è necessario remare tutti nella stessa direzione. Incontrerò Marchionne, come ho già fatto diverse volte nell'ambito dei rapporti istituzionali. È una persona affidabile".
Dunque, il governatore è pronto a fare la sua parte. Mentre le tute blu di Mirafiori si preparano a un lungo stop. Martedì una parte dei 5.500 sarà di nuovo in fabbrica, mentre mercoledì e giovedì tornerà sulle linee una parte più consistente. Venerdì varcheranno i cancelli solo gli addetti alla produzione della MiTo e poi non si sa, perché la Fiat non ha ancora dato comunicazioni ufficiali. L'unica certezza è che il 14 febbraio lo stabilimento si fermerà del tutto e scatterà un periodo di cassa integrazione straordinaria che durerà un anno. Per questo l'assessore regionale, Claudia Porchietto dice che "Regione e Provincia dovranno adoperarsi affinché questo anno di stop funga da opportunità per formare in modo adeguato i lavoratori". E dell'esito del referendum dice che "è stata una vittoria oserei dire meramente tecnica che, pur svelando alcune ombre sulla capacità di Torino a guardare avanti, è un primo punto di partenza. Ora starà alla Regione e alle parti sociali far sì che la fiducia in Fiat sia garantita da un piano industriale serio e puntuale".
Il sindaco Sergio Chiamparino ce l'ha con chi esalta il dato del 46 per cento di no: "Non si può mettere in risalto solo il disagio. C'è anche metà fabbrica che ha dimostrato senso di responsabilità e capacità di accettare i sacrifici in una prospettiva di crescita. Entrambe le cose conducono alla necessità che si riapra il dialogo, sia nello stabilimento sia a livello interconfederale e di Confindustria, per rivedere gli assetti della contrattazione". E sul tema della rappresentanza spiega che "bisogna fare della rottura operata dalla Fiat un'opportunità per definire un nuovo sistema di relazioni industriali, di tipo tedesco. Marchionne deve capire, però, che un sistema competitivo non può essere unilaterale". "E' ora di ricomporre fratture e divisioni, ma soprattutto di credere negli investimenti su Torino" dice Antonio Saitta, presidente della Provincia. E spiega: "Abbiamo bisogno che parta subito il rinnovamento di Mirafiori, per garantire lo sviluppo che i dipendenti hanno indicato con il loro voto".
Per Gianfranco Morgando, leader regionale Pd, "il risultato mantiene aperto il futuro industriale di Torino. La decisione deve essere rispettata, comprendendo le ragioni per cui molti operai hanno detto no. Ora spetta alla Fiat fare la sua. Marchionne in tempi rapidi deve dare certezze". La segretaria provinciale del Pd, Paola Bragantini, aggiunge che "con il sì, non ci sono più dibattiti da fare, ora vediamo gli investimenti. Ci si preoccupi di ricostruire un dialogo con chi ha votato no nonostante la paura". Monica Cerutti, esponente di Sel, loda chi ha votato "no" e la definisce "un'espressione di coraggio e dignità, oltre che di sofferenza". Più caustico il coordinatore regionale Pdl, Enzo Ghigo: "Sono soddisfatto, ma Torino deve cambiare testa altrimenti continuerà ad essere scippata dal resto del mondo".
I sindacati del "sì" sono entusiasti. Ma il leader provinciale della Fim-Cisl, Claudio Chiarle, oltre a incalzare Marchionne ("ora non ha più alibi"), apre ai metalmeccanici della Cgil: "Parta da Torino una proposta di Fim, Fiom e Uilm sulla rappresentanza in fabbrica". Per il leader dell'Amma, l'associazione delle aziende metalmeccaniche, Vincenzo Ilotte, "la prima sconfitta è la Fiom e il sì rappresenta un segnale di cambiamento importante. L'auspicio ora è che tutti rispettino l'esito del referendum, anche chi era contrario. Sono andato ai cancelli per verificare di persona il clima e mi hanno colpito i toni di odio. Si è perso il buon senso".
Repubblica
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