«La ripresa globale è tornata vigorosa» ma «l'Italia non tiene il passo». Lo afferma il centro studi di Confindustria, sottolineando che, per il Paese, «la produzione industriale è invariata in dicembre (-0,3% nel quarto trimestre, stime Csc; +1,1% in novembre). È del 17,8% sotto i livelli pre-crisi».
«Il 2011 - afferma il Csc nella sua analisi mensile - si presenta come l'anno della stabilizzazione delle aspettative e della riduzione dell'incertezza». L'Italia però «fatica ad andare oltre l'1% nella velocità del Pil» e «la prima metà di quest'anno si intravede migliore, con l'export che trarrà vantaggio dal rilancio dell'Est Europa e del Medio Oriente». La ripresa dell'economia mondiale e il calo dell'incertezza, spiega il centro studi di Confindustria, stanno «facendo ripartire il ciclo degli investimenti nelle economie avanzate più dinamiche (Usa, Germania), favoriti dal costo del capitale in riduzione con i rialzi delle Borse e dal maggior utilizzo degli impianti. Ne beneficeranno occupazione (per ora ancora debole, tranne la tedesca) e consumi (vivaci già gli americani). La crescita così si consolida». «Il percorso - evidenzia il Csc - rimane però accidentato dalla crisi dei debiti pubblici, dalle oscillazioni valutarie e dai rincari delle materie prime, che si traducono in tensioni inflazionistiche (ma al netto di energia e alimentari i prezzi al consumo sono quasi fermi)». I ritmi di crescita «restano molto differenziati: surriscaldati negli emergenti, soprattutto in Asia, elevati in Usa e Germania, deboli in molti paesi dell'eurozona».
In Italia, in particolare, le quotazioni record delle commodity, destinate a salire ancora, «comprimono margini aziendali e potere d'acquisto delle famiglie, agendo da freno alla domanda. Il petrolio a 100 dollari al barile sottrae quasi lo 0,3% all'aumento del Pil italiano quest'anno. Nella stessa direzione agisce l'incremento dei tassi a lunga che riflette lo scenario più propizio». «Questi effetti restrittivi - conclude Viale dell'Astronomia - dovrebbero tranquillizzare le banche centrali. Invece la Bce appare ansiosa di dimostrare il suo rigore monetario, nonostante l'alta disoccupazione terrà bassa la dinamica del costo del lavoro». Nei mercati valutari, inoltre, «le forze continuano a controbilanciarsi: più crescita e minor deficit estero a beneficio del dollaro, mentre è pro-euro l'allentamento delle tensioni sui debiti pubblici».
Corriere
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