TORINO - Pochissimi bar aperti, ristoranti e pizzerie quasi tutti chiusi. E i turisti che si aggirano sconsolati per le vie del centro alla ricerca di un posto dove rifocillarsi. Sui loro volti si legge lo sconforto di fronte a tante serrande abbassate. Un vero smacco: proprio quando, per la prima volta e un po’ a sorpresa, Torino si trasforma nella seconda città italiana ad attrarre in assoluto più turisti per le feste, l’accoglienza, ai primi dell’anno, non è delle migliori. «E’ vero ed è un peccato - commenta Carlo Nebiolo dell’Epat, l’associazione di categoria che riunisce bar, caffetterie e ristoranti - quest’anno è andata così. Ma c’è un motivo preciso legato al calendario, che speriamo non capiti più». In effetti, il primo gennaio è caduto di sabato, il due di domenica, e così il primo week-end dell’anno è stata un’occasione per molti per fare un po’ di vacanza. «Si tratta solo di una coincidenza, molti chiudono in genere solo il primo gennaio, ma con il fine settimana c’è stata l’esplicita richiesta di chiusura da parte del personale che non ha saputo resistere alla ghiotta tentazione di riposarsi per due giorni» chiarisce Nebiolo. Il problema più significativo si registra proprio nel cuore della città: «in realtà il 30 per cento di bar e ristoranti sono rimasti comunque aperti, ma molti si trovano fuori dal centro: lì però i turisti non ci vanno, e così dove c’è offerta non c’è richiesta, e viceversa».
Di certo le storiche caffetterie di via Roma, piazza Castello e piazza San Carlo, o i pochissimi locali rimasti aperti nelle vie limitrofe hanno avuto due giorni d’oro e di lavoro serrato: «noi non chiudiamo mai - raccontano ad esempio dal ristorante Kipling di via Mazzini 10 - anche quest’anno non abbiamo avuto dubbi e la nostra scelta è stata premiata». Il rammarico è, al contrario, molto più sentito da parte di chi riaprirà soltanto oggi: «siamo proprio dispiaciuti - spiega uno dei titolari del ristorante pastificio De Filippis di via Lagrange, Paolo Damilano - questo è per noi l’unico week-end dell’anno di chiusura, in genere siamo aperti sette giorni su sette, anche a Ferragosto. Ma sono stati proprio i nostri dipendenti a chiedercelo». «E come non capirli? - ribatte Maria Luisa Coppa dell’Ascom - dopo un periodo di costante apertura come quello del mese di dicembre, sono stati spremuti ed è normale che vogliano riposarsi: non possono essere criminalizzati, sono piccole e medie imprese e i dipendenti hanno un costo alto. Questo problema si registra di certo anche in altre città, ma la soluzione potrebbe essere una politica di marketing che spinga i turisti ad affacciarsi al di fuori del centro. Non dico andare in periferia, ma esistono molti ristoranti di elevata qualità che si trovano in altri quartieri non troppo lontani dal cuore della città». Un’alternativa potrebbero essere i turni di apertura, proprio come accade nel mese di agosto: «è una soluzione a cui si può pensare per il futuro - commenta ancora Nebiolo - anche se speriamo davvero che il calendario sia più favorevole. Del resto non eravamo abituati a una tale presenza di turisti, forse anche la politica dovrebbe pensare ad aiutare i commercianti del centro anziché mortificarli con divieti e telecamere».
Dopo tante aperture straordinarie, anche molti negozi hanno approfittato del ponte del primo gennaio, e così i turisti affamati non hanno potuto consolarsi nemmeno con lo shopping. I portici del centro erano davvero affollati, ieri pomeriggio, per lo “struscio” domenicale: giri di ricognizione e tanti sguardi alle vetrine, in attesa del via libera dei saldi. Il prossimo week-end sarà tutto aperto, ma i turisti saranno forse già andati tutti via.
Repubblica
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