domenica 29 maggio 2011

EMERGENZA CARCERI, TERZO SUICIDIO IN 20 GIORNI


TORINO - Ha infilato la testa in un sacchetto di plastica. E’ morto così, soffocato, un altro detenuto alle Vallette. Era Agostino Castagnola, accusato di aver ucciso la moglie. Domani si sarebbe iniziato il processo a suo carico. Ieri pomeriggio ha atteso che il compagno di cella uscisse per l’ora d’aria. Ha lasciato un biglietto, forse per spiegare il perché del suo gesto.

E’ il terzo detenuto della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno a uccidersi nel giro di pochi giorni; a metà maggio si era impiccato con la cintura nel bagno della cella Vincenzo Lemmo, 48 anni, di Forcella, in carcere con una pesante condanna definitiva per traffico di stupefacenti e per i suoi legami con la camorra. La sua pena sarebbe terminata solo nel 2025.

Aveva raccontato ai compagni di soffrire per la lontananza dalla sua famiglia, privo di qualsiasi contatto anche con il suo clan, forse isolato anche tra i compagni della sezione A. Una settimana prima si era impiccato un altro detenuto, sempre nel bagno, questa volta con un lembo di lenzuolo. Era nato a Udine e arrestato per violenza sessuale.

Leo Beneduci, segretario del sindacato della polizia penitenziaria Osapp, commenta: «Dall’inizio dell’anno è il venticinquesimo suicidio, il terzo a Torino in venti giorni. E’ una strage continua. E la polizia penitenziaria è sempre più abbandonata al destino di prendere atto del disastro delle carceri italiane». Aggiunge con amarezza: «E’ evidente che l’unica soluzione è incrementare l’organico con un provvedimento straordinario: quello che il ministro Alfano promette e non mantiene».

Agostino Castagnola aveva ucciso la moglie, Paola Carlevaro, nell’ottobre dello scorso anno, a Silvano d’Orba nell’Ovadese. All’alba, l’aveva strangolata con una corda. Poi si era costituito ai carabinieri. La donna era la farmacista all’Iper di Serravalle. I due, lui 44 e lei 40 anni, erano stati una «coppia perfetta, innamoratissima, sempre insieme in ogni i momento libero» come raccontavano i vicini e gli amici. Poi qualcosa si era spezzato nell’equilibrio di quelle due vite. L’operaio era in cura da tempo per una profonda depressione e anche la donna negli ultimi mesi aveva sofferto del male oscuro. Tre giorni prima del delitto una lite banale aveva fatto saltare l’apparente normalità dell’uomo. Poi il delitto e ieri la morte forse per sfuggire alla morsa del rimorso e della solitudine.


La Stampa

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