venerdì 6 maggio 2011

MARTA RUSSO, LA FAMIGLIA RISARCITA CON UN MILIONE


Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, i principali imputati per la morte di Marta Russo, la studentessa della Sapienza uccisa il 9 maggio 1997 mentre percorreva in compagnia di un'amica i viali interni dell'università, dovranno risarcire i familiari della ragazza per circa un milione di euro. È quanto stabilito dal giudice della XIII sezione del Tribunale civile di Roma, Roberto Parziale, che ha invece deciso che la Sapienza non può essere ritenuta responsabile della morte della giovane.

DANNI ALL'UNIVERSITÀ - Il risarcimento dovrà essere versato nei confronti dei genitori della studentessa, Donato e Aureliana, e della sorella Tiziana rappresentati in giudizio dagli avvocati Luca Petrucci, Cristina Michetelli e Andrea Barenghi. Scattone e Ferraro, inoltre, sono stati condannati a pagare anche le spese di giudizio. I due, all'epoca dei fatti ricercatori universitari, nel dicembre del 2003 furono condannati a titolo definitivo dalla Cassazione rispettivamente a cinque anni e quattro mesi di reclusione e a quattro anni e due mesi: Scattone per omicidio colposo e Ferraro per favoreggiamento. Il tribunale civile ha anche stabilito che sia Ferraro a versare all'università 28 mila euro come risarcimento danni all'immagine. La causa civile intrapresa dai familiari della studentessa uccisa è durata circa quattro anni. Nel maggio del 2007 i genitori della ragazza e la sorella decisero di chiamare in giudizio civile non solo i due imputati, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, ma anche l'ateneo capitolino. Una decisione, quest'ultima, che Aureliana Iacobini Russo, madre della studentessa motivò affermando che «era giusto citare per danni l' Università perché» i familiari «ritenevano che l'ateneo doveva controllare ed essere più vigile nei confronti dei due imputati (all'epoca dei fatti ricercatori universitari). E che pur non essendo strettamente dipendenti comunque vi lavoravano all'interno». Il tribunale civile ha stabilito che La Sapienza non può però essere ritenuta responsabile della morte della giovane.

IL DELITTO - Marta Russo, studentessa di giurisprudenza alla Sapienza di Roma, è la vittima di un omicidio compiuto all'interno della città universitaria: il 9 maggio 1997 la ventiduenne fu colpita da un colpo di pistola. L'omicidio fu al centro di un complesso caso giudiziario, oggetto di grande attenzione mediatica alla fine degli anni novanta. Marta Russo fu raggiunta da un proiettile mentre, insieme a un'amica, percorreva un vialetto all'interno dell'ateneo capitolino, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Giurisprudenza e Scienze Politiche. La ragazza fu trasportata al vicino Policlinico Umberto I, dove morì il 14 maggio. I genitori e la sorella decisero di donare gli organi della giovane. Il delitto fu oggetto di un'intensa copertura giornalistica, sia per il luogo in cui era stato perpetrato, sia per le difficoltà in cui versarono le prime indagini, che non riuscivano a delineare moventi. Per la complessità delle indagini si susseguirono perizie diverse, ma poi con gli scanner 3D dell'università di Ferrara si realizzò un modello estremamente preciso e completo come base per le perizie. Fu allora individuata la finestra dalla quale era stato esploso il colpo, negli uffici dell'istituto di filosofia del diritto, e si cominciò a raccogliere qualche testimonianza; dopo poco, fu arrestato il professor Bruno Romano, direttore dell'istituto e noto filosofo egli stesso, e poi si giunse all'incriminazione dei due assistenti universitari, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro sempre proclamatisi innocenti.


Corriere

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