martedì 17 maggio 2011

LE RICHIESTE DEL PARROCO PEDOFILO, "PORTAMELI GIOVANI E CON PROBLEMI"


GENOVA — Resta in carcere don Riccardo Seppia, lo ha deciso ieri mattina il gip Annalisa Giacalone, confermando l’arresto del sacerdote genovese da venerdì sera in cella a Marassi con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di un chierichetto sedicenne e di cessione di stupefacenti. Potrebbe «reiterare il reato» o inquinare le prove. Ieri don Seppia si è chiuso nel silenzio. Dopo un colloquio con il suo avvocato, Paolo Bonanni, una volta davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere: «Don Seppia — ha detto il legale — è pronto a assumersi le sue responsabilità, a spiegare quello che è accaduto, chiederò che sia presto ascoltato dal pubblico ministero. Prima però voglio leggere con attenzione l’ordinanza di custodia di cautelare, cosa che oggi non ho potuto fare».

Quaranta pagine di ordinanza dalle quali emerge una personalità sconcertante. Don Riccardo, un parroco, bestemmia come il peggiore dei miscredenti, saluta l'amico ex seminarista con un «Che Satana sia con te», così blasfemo sulla sua bocca che è difficile pensare sia solo un’eco ironica di quella «forza sia con te» di Guerre stellari. E anche se fosse solo un saluto irridente, come può un sacerdote «giocare» col nome di Satana? L’ordinanza è un elenco di telefonate, messaggini, e anche intercettazioni ambientali effettuate nella canonica della chiesa del Santo Spirito dove don Riccardo si incontrava con i suoi amici per parlare di «bei ragazzi» e di come avvicinarli. Il contenuto è durissimo, le frasi choccanti. A un ex seminarista, un quarantenne che ha lasciato gli studi teologici per diventare barista e poi croupier, don Riccardo «ordinava » i ragazzini: «Portami un bambino, mi raccomando l’età, meglio un moretto, un negretto» dice. E l’amico risponde: «Vado nella zona della Fiumara e vedo di trovarti qualcosa». La Fiumara, nel ponente di Genova, è uno di quei non luoghi dove un tempo dominavano le fabbriche meccaniche, oggi sostituite da grandi centri commerciali e giardini spelacchiati. La notte è luogo di trattative e di incontri.

«Li voglio giovani — dice don Riccardo — non sedicenni, quattordicenni va bene e che abbiano problemi di famiglia». Li cerca fragili, don Riccardo, ragazzini con famiglie povere, emigrati, «negretti», sui quali esercitare l’autorità dell’uomo adulto e del sacerdote. E impartisce i suoi ordini anche a un marocchino che si muove fra Genova e Milano, con il compito di rifornirlo di cocaina e di ragazzi. L’ex seminarista è ora indagato per prostituzione minorile, il marocchino e un commerciante genovese sono accusati di favoreggiamento nell’ambito dei reati inerenti alla droga. Quella cocaina che don Riccardo avrebbe consumato e usato per pagare prestazioni sessuali: «Mandami quel ragazzo — messaggi all’amico — ho tanta roba ». E quando la cocaina non era disponibile, il sacerdote avrebbe pagato gli incontri con 50 euro, «il solito regalino». L’accusa di violenza sessuale nei confronti del chierichetto si riferisce a un incontro avvenuto in canonica, al termine del quale don Riccardo invia ancora una volta un messaggio all’ex seminarista: «L’ho già baciato in bocca». Lo stesso chierichetto, interrogato, avrebbe confermato l’episodio. In questi giorni gli inquirenti stanno ascoltando a Milano e Genova diversi ragazzi, alcuni minorenni, che avrebbero subito le attenzioni di don Riccardo. Colloqui dolorosi, che si svolgono con l’assistenza dello psicologo. È difficile liberarsi dell’ascendente di un adulto che indossa la tonaca. Don Riccardo non è accusato solo di violenza sessuale, gli è contestata anche l’aggravante di aver agito contro un soggetto «in condizione di inferiorità psichica o fisica».

«Vieni da me, sono solo» scrive sul telefonino a un quindicenne che gli risponde: «Non posso sono a scuola». Don Riccardo: «Sono solo anche domani mattina. Di’ alla mamma che sei a scuola e vieni da me». Da parte del sacerdote un’ossessiva ricerca di incontri di ragazzi, la necessità di usare un linguaggio scurrile, le confidenze all’amico che gli dice «io sono frocio, non ho alcun problema a dirlo», e lui che risponde: «Beato te». Era davvero questo don Riccardo, questo orco? Lui, dalla cella, ha cercato di negare: «Solo parole ». Una specie di gioco erotico, una doppia personalità che simanifestava quando don Riccardo camminava sul lato oscuro, bestemmiando, comprando cocaina e ragazzi. Il suo legale sta già pensando alla perizia psichiatrica.


Corriere

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