martedì 3 maggio 2011

IN MANETTE LA REGINA DELLE CARTE CLONATE E I SUOI ATTENDENTI


TORINO - Anche il crimine risente della globalizzazione. Nell’ultima associazione a delinquere sgominata ieri dalla squadra mobile di Torino con l’esecuzione di 23 ordinanze di custodia cautelare, collaboravano infatti italiani, romeni e cinesi. Tradizioni e culture diverse accantonate per perseguire un obiettivo comune: arricchirsi illecitamente. D’altra parte il settore nel quale operava la banda è complesso, anche per gli esperti: clonazione di carte di credito a livello internazionale.

L’indagine, condotta dal sostituto procuratore di Torino, Alessandro Sutera Sardo, è durata due anni. Partita da una semplice denuncia per una clonazione di carte di credito, ha portato a svelare le attività di un’organizzazione che aveva mezzi e uomini all’avanguardia.

Particolare interessante, al vertice dell’organizzazione c’era una donna: Alina Maria Ursache, romena di 34 anni. Era lei, secondo l’accusa, a progettare e dirigere le operazioni. Gestiva uomini e mezzi di trasporto. Ma non solo. Era la tesoriera del gruppo e, dove necessario, pagava le spese giudiziarie dei membri dell’organizzazione quando questi finivano nei guai. Un gradino sotto Alina si trovava il suo attendente: Dragos Mihail Gaspar Popa, detto «Capsunel», 21 anni appena: era lui a controllare e far rispettare ai membri dell’organizzazione le direttive di Alina.

Al di sotto tutta una serie di figure minori. Mihai Galateanu, detto «Nicu», 35 anni, Flori Babiuc, detto «Nutu» (31) ed Emilian Babiuc, detto «Emi» (39) intrattenevano i rapporti fra i diversi membri dell’organizzazione, scambiavano informazioni e materiali. Gabriel «Gabi» Saponariu, 35 anni offriva appoggio logistico mettendo a disposizione un capannone a Vinovo, in via Candiolo e la propria abitazione di Nichelino. C’era anche un «sergente»: si tratta di Silviu Ghergut, detto «Geambasu», 27 anni, organizzava i «giovani operai» portandoli davanti ai bancomat del Nord Italia che venivano segnalati da Filippo Birritteri, detto «Zio», che all’età di 64 anni svolgeva il compito dell’osservatore. Infine il cinese Baoshan Chen forniva la logistica mettendo a disposizione il proprio negozio per gli incontri e addirittura un Porsche Cayenne per permettere agli «operai» di andare e venire in fretta.

Altri indagati, sempre secondo le accuse, si occupavano di clonare le carte con gli skimmer e leggere i codici segreti con mascherine plastiche che, sovrapposte alle tastiere dei bancomat, registrano le cifre digitate dagli utenti. Altri ancora fornivano carte plastificate vergini, e altri ancora si occupavano di usare le carte clonate in Paesi stranieri per evitare sospetti.

Nel corso delle indagini, grazie alle intercettazioni telefoniche, si è anche scoperto che la banda sfruttava due ragazze minorenni romene. Avrebbero esercitato negli alloggi di tal Agostino «Sofi» Caruso, palermitano di 45 anni.


La Stampa

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