sabato 7 maggio 2011

L'ASSASSINO SI PENTE DOPO 20 ANNI, "HO UCCISO IO FRANCO"


IVREA - La tomba è nella seconda fila, settore B, del camposanto di Ivrea. La foto è quella di un ragazzo come tanti: gli occhi seri, le labbra increspate da una piega imbronciata, i capelli castani con la riga da un lato, la maglia grigia e il giubbotto di colore scuro. La lapide, appoggiata alla testa in marmo del sepolcro, è scarna. Riporta solo cognome e nome. Poi ci sono la data di nascita e di morte: Monica Franco, 6-8-1967 e 10-5-1990. Nessun fiore. Solo due vasi dimenticati lì da chissà quanto, con le piante ormai arse e annerite dal tempo.

Quella tomba, fra pochi giorni, verrà riaperta. Per dare risposte ad un mistero che dura da ventuno anni. Una vita. Quasi come l'età di quel ragazzo con lo sguardo serio e il sorriso imbronciato. Franco Monica fu ammazzato la sera del 10 maggio del 1990 in un agguato sotto casa, a Ivrea. Freddato da un killer sbucato dal nulla e al quale, finora, la giustizia non ha ancora dato un nome e un cognome. Ora il caso si riapre. Ventuno anni dopo spunta un pentito. Un collaboratore di giustizia rinchiuso in un carcere lombardo per un'altra brutta storia. E che dice di essere l'autore di quell'agguato. Non solo. Racconta che quella sera era stato mandato lì da tue tizi: «Due di Chivasso, come me. Due che volevano morto quel ragazzo».

Due che la Procura di Ivrea, ora, ha iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio in concorso. Due ex pregiudicati, con un passato trascorso in galera per altre questioni. Ma che ora si sono rifatti una vita. «Gente perbene, uno è anche uno stimato e noto imprenditore. Con questa storia c'entrano nulla» taglia corto Salvatore Lo Greco, l'avvocato che li difende. Nomi? Non se ne fanno. La vicenda viene tenuta nel massimo riserbo, in Procura nessuno parla. «E' una storia delicata, troppo delicata». Si sa soltanto che il procuratore capo della Repubblica di Ivrea, Elena Daloiso ha ordinato la riesumazione del cadavere. E che questa operazione potrebbe avvenire fra pochi giorni, forse già lunedì.

Si cercano nuovi riscontri. Elementi che possano avvalorare le parole di un pentito che viene considerato attendibile, ma le cui dichiarazioni dovranno essere in qualche modo provate. Gli inquirenti vogliono capire, per esempio, da quanti proiettili sia stato raggiunto quella sera di ventuno anni fa, Franco Monica. Solo rianalizzando i poveri resti, forse, sarà possibile avere risposte. Lunedì verrà affidato l'incarico al perito che si dovrà occupare di questo delicato intervento: sarà il medico legale, Antonio Petrachi ad occuparsene.

Resta fitto, ancora oggi, il mistero sul movente. Perché Monica, un ragazzo che viveva di lavori saltuari e che abitava con i genitori, un fratello e una sorella nelle case popolari Iacp di via San Lorenzo, sia stato ammazzato non si è mai saputo. In passato si tirarono fuori questioni legate all'ambiente delle tossicodipendenza, c'è chi parlava di debiti per droga, chi di truffe, piccole somme raggirate alle compagnie di assicurazione. «Forse era entrato in un giro più grande di lui» si diceva all'epoca. I famigliari del ragazzo non vogliono parlare. Il papà, Raffaele, dopo essere rimasto vedovo e lasciato la casa di via San Lorenzo, ora vive alla periferia di Ivrea, in un appartamento di un condominio popolare in via Monte Ferrando. «Che volete sapere di Franco? Non so nulla, non voglio sapere niente. Lasciatemi in pace».


La Stampa

0 commenti:

Posta un commento