martedì 14 dicembre 2010

"TECNIMONT" LASCIA TORINO, L'IRA DEL SINDACO: "E' INACCETTABILE"


TORINO - I lavoratori hanno resistito fino all’ultimo e con loro le istituzioni locali. Ma, dopo lunghi mesi di vertenza, alla fine la Tecnimont ha deciso di chiudere comunque la sede di Torino. Un pezzo di eccellenza se ne va, dopo che per anni da quegli uffici sono usciti grandi progetti come la metropolitana.

Ieri al ministero del Lavoro è stata firmata l’intesa per la chiusura. I 353 lavoratori andranno gradualmente in cassa integrazione straordinaria, con un’integrazione economica da parte dell’impresa.

A tutti sarà proposta la ricollocazione nella sede del gruppo a Milano. Una soluzione difficile da praticare per molti che non sono in grado, anche per condizioni famigliari, di fare i pendolari o di trasferirsi.

Guglielmo Gambardella della Uilm spiega i termini dell’accordo: «Ai lavoratori che accetteranno la ricollocazione verrà corrisposta una cifra una tantum da parte dell’azienda. La Maire Tecnimont si è impegnata, con le istituzioni locali, a cercare soluzioni utili a favorire la mobilità verso Milano».

Aggiunge: «La società ha preso la difficile decisione di chiudere la sede di Torino perché è intenzionata a potenziare il polo ingegneristico di Milano. L’abbiamo criticata, ma abbiamo anche apprezzato il modo in cui ha agevolato in seguito le nostre richieste per ridurre i disagi dei lavoratori coinvolti».

Il segretario Fiom, Federico Bellono, analizza l’intesa che è stata raggiunta unitariamente: «Purtroppo né noi né le istituzioni siamo riusciti a bloccare il trasferimento e la chiusura. E questo ci dispiace. Quello che siamo riusciti a fare è stato tutelare i lavoratori dal punto di vista economico».

Spiega che «i dipendenti riceveranno una integrazione alla cassa integrazione». Un elemento particolarmente importante perché per tecnici e ingegneri, quali sono in maggioranza i lavoratori della Tecnimont, la differenza tra stipendio e cassa integrazione - che può arrivare al massimo intorno ai 900 euro - è molto elevata.

Il sindaco Sergio Chiamparino, che aveva più volte esortato l’azienda a non lasciare Torino, non l’ha presa bene. Dice lapidario: «Si tratta di un danno per la città». Aveva scritto al presidente e amministratore delegato della Tecnimont, Fabrizio Di Amato, per chiedere un incontro. Aveva parlato di una decisione «inaccettabile per gli effetti sulla dispersione di importanti professionalità e per quelli sull’indotto qualificato generato da Tecnimont». Ieri ha insistito: «Ora la conclusione che si prospetta, anche dopo l’accordo al ministero del Lavoro, appare tuttavia inaccettabile per la città». E sollecita ancora un incontro per un eventuale ripensamento.

Tutte le istituzioni avevano appoggiato la battaglia dei lavoratori per evitare la chiusura. Lo scorso 19 novembre Regione, Provincia e Comune avevano reagito duramente alla scelta improvvisa dell’azienda di avviare le procedure per la cassa integrazione motivandola con la cessata attività. Avevano detto: «Reputiamo questo comportamento sbagliato nel metodo e nel merito, visto che l’azienda aveva preso degli impegni precisi con le istituzioni locali. Noi intendiamo evitare lo scippo di una attività dal Piemonte». E i dipendenti avevano organizzato presidi e manifestazioni, l’ultima nel gelo di fronte alla stazione della metropolitana di Porta Susa che avevano contribuito a realizzare.



LaStampa

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