sabato 16 ottobre 2010

BERLUSCONI E FIGLIO INDAGATI, EVASIONE SU DIRITTI TV MEDIASET


Approda a Roma un capitolo dell’inchiesta milanese sulla compravendita dei diritti televisivi Mediaset. È quello relativo agli aspetti fiscali legati alle acquisizioni di film e fiction fatte nel periodo 2003-2004. Una presunta frode, secondo quanto si apprende nella capitale, di circa dieci milioni di euro che chiama in causa, soprattutto, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, il figlio Piersilvio ed un’alta decina tra intermediari e dirigenti, all’epoca dei fatti, di Fininvest.

Le accuse
Il premier e il figlio sono per questo indagati a Roma. Evasione fiscale e violazione di norme tributarie i reati contestati negli avvisi a comparire notificati al premier, al figlio Piersilvio firmati dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e dal sostituto Barbara Sargenti. E nell’invito a comparire la procura di Roma scrive che Silvio Berlusconi avrebbe dato «direttive» per mantenere le «relazioni d’affari» con il produttore statunitense Frank Farouk Agrama «nella fittizia intermediazione» nella compravendita dei diritti tv e cinematografici.

L'indagine
L’indagine è uno stralcio della più ampia vicenda al vaglio della magistratura milanese ed è finita, per competenza territoriale, alla procura di Roma poichè nel periodo 2003-2004, epoca in cui la sede legale di una delle società implicate, Rti, era nella capitale. E gli accertamenti dei magistrati romani, investiti della questione a partire dallo scorso marzo, quando arrivarono le carte dal capoluogo lombardo, vertono proprio su quel periodo. Al centro della vicenda, in sostanza, l’ipotesi che siano stati gonfiati i prezzi dei diritti acquistati presso alcune importanti società di produzione (major) statunitensi. Si tratterebbe di operazioni di sovrafatturazione fatte, attraverso società di intermediazione americane, che avrebbero consentito ad Rti e Mediatrade, controllate da Fininvest, di scaricare, ai fini delle detrazioni fiscali, cifre superiori a quelle effettivamente sborsate.

Il nodo dei fondi neri
Non solo: la differenza tra le somme investite e quelle indicate nelle fatture (allegate ai bilanci societari) sarebbero, sempre per l’ipotesi di accusa della procura, state utilizzate per la creazione di fondi neri attraverso un complesso giro che avrebbe portato il danaro dapprima in estremo oriente e, quindi, in Italia. Silvio e Piersilvio Berlusconi, al pari di tutti gli altri indagati, complessivamente una dozzina tra dirigenti Mediaset e intermediatori, hanno ricevuto inviti a comparire. Tale iniziativa blocca, tra l’altro, i termini di prescrizione dei reati, previsti nel 2012. In particolare, per il premier e il figlio, quest’ultimo presidente di Mediaset, la convocazione in procura è per il 26 ottobre prossimo. Ma da ambienti della difesa si è già intuito che, molto probabilmente, nessuno dei Berlusconi di presenterà.

Madiaset respinge le accuse
Dalla stessa Mediaset arriva una rivendicazione di estraneità dai fatti degli indagati: «si tratta sostanzialmente -è detto in una nota- di una duplicazione per anni diversi del medesimo processo pendente presso il Tribunale di Milano. Mediaset ribadisce che i diritti cinematografici oggetto dell’inchiesta sono stati acquistati a prezzi di mercato e che tutti i bilanci e le dichiarazioni fiscali della società sono stati redatti nella più rigorosa osservanza dei criteri di trasparenza e delle norme di legge. La documentazione dimostrerà la totale estraneità di Pier Silvio Berlusconi e degli altri dirigenti coinvolti alle accuse ipotizzate di frode fiscale». Dello stesso tenore la presa di posizione di Nicolò Ghedini, difensore del presidente del Consiglio: «Dall’eventuale prosieguo delle indagini si potrà comunque agevolmente evidenziare -ha dichiarato - come i prezzi dei diritti fossero assolutamente congrui e acquistati da società terze e che pacificamente il presidente Berlusconi e Piersilvio Berlusconi sono totalmente estranei ai fatti in oggetto, dovendosi quindi pervenire ad una pronta archiviazione».

Le reazioni della maggioranza
Daniele CapeIntanto scopia la polemica politica. Czzone detta la linea del Pdl: «Non esiste un solo caso nell’Occidente avanzato e nella storia delle democrazie moderne, in cui un plurivincitore delle elezioni, un leader scelto e più volte confermato da una larga maggioranza di cittadini, sia stato e sia oggetto di una così massiccia, sistematica, inesauribile serie di attacchi, inchieste, procedimenti giudiziari». «E così, è proprio il caso di dire: a ciascun giorno la sua inchiesta», tuona il portavoce Pdl che ribadisce: «Chiunque dovesse pensare di poter battere Berlusconi per via giudiziaria mostrerebbe di non aver capito nulla nè di Berlusconi nè della maggioranza degli italiani. In democrazia, i governi li scelgono gli elettori, non le procure». Per Fabrizio Cicchitto la novità «è la dimostrazione che fino al ’94 la magistratura non si è occupata di Berlusconi mentre dal ’94 in poi ha iniziato a occuparsene perchè lui fa politica». E questo, ha aggiunto, «è un grande problema per la democrazia del paese». Ed è polemica per le parole con le quali il Pdl Francesco Casoli invita «i giudici che amano stare sotto ai riflettori» a «fare molta attenzione perchè il clima politico è molto pesante, e se disgraziatamente dovesse accadere qualcosa le toghe non saranno esentate dal non avere la coscienza macchiata». «Al netto della loro inquietante vaghezza, la parole di Casoli sono di gravità inaudita», replica il Pd Emanuele Fiano, sottolineando che così si tende «a intimidire i giudici, a stravolgere l’equilibrio tra i poteri costituzionali e a procurare un allarme nelle popolazione tanto pericoloso quanto indimostrato».


(LASTAMPA.it)

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