martedì 19 ottobre 2010

DALL'AZIENDA PIEMONTESE "MARCOPOLO" IMPIANTO DI BIOMASSA


De André recitava: “Dal letame può nascere un fior”. Qui si parla di elettricità. Un po’ più prosaico, ma la sostanza non cambia poi molto: le deiezioni animali – termine tecnico per indicare le loro “cacche” – possono essere trasformate in energia elettrica. Ottenendo tre risultati: si riduce la dipendenza da fonti fossili, si evita l’emissione in atmosfera di anidride carbonica e si risolvono i problemi di molti agricoltori che non sanno cosa fare degli escrementi dei loro animali.

L’idea ha radici ormai trentennali ed è stata raccontata durante l’VIII Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura “People Building Future” organizzato dall’associazione Greenaccord a Cuneo.

A fine anni ‘70 un allevatore di bovini di Cuneo, Antonio Bertolotto, si trovò nella necessità di risolvere un problema molto concreto: la legge Merli infatti fissò dei limiti alla quantità di liquami animali spargibili nei campi. Per gli allevatori, un problema non da poco, perché senza terreni sufficienti dovevano ridurre il numero di capi di bestiame. Bertolotto inventò un impianto di “biomasse zootecniche”, potenzialmente in grado di trattare gli escrementi animali e di trasformarli in energia elettrica.

Troppo futuristico per l’epoca: la rete e le leggi non prevedevano la possibilità di recuperare energia in tal modo. La sua azienda – la Marcopolo – si buttò allora nel settore rifiuti: nelle discariche si produce infatti biogas assai dannoso per l’ambiente, che quindi va distrutto. La risposta della Marcopolo fu quella di brevettare impianti da affiancare alle discariche, per bonificarle e produrre energia verde.

“Questa è la vera energia verde – tiene a sottolineare Alessia Bertolotto, che di Antonio è figlia e siede oggi nel CdA della società – perché oltre a produrre kwatt puliti elimina gas dannosi per l’atmosfera e per la salute umana”. Il biogas non trattato, infatti, finisce nell’acqua piovana e quindi, ricade sulle colture che finiscono nei nostri piatti. Qualcosa di simile avviene con il letame: gettato in quantità eccessiva nei campi, li brucia e crea un danno enorme. La Marcopolo prende il letame in eccesso (per la felicità degli allevatori, non più costretti a “tagliare” sul numero di capi) e lo inserisce in un ciclo chiuso. Nei suoi impianti viene “trattato” e trasformato in una risorsa, due volte positiva: serve per produrre energia che alimenta aziende e abitazioni. Inoltre, addizionato di microorganismi (rigorosamente non Ogm) diventa “ammendante”: in pratica un concime di qualità (il suo nome è Humus Anenzy) che “bonifica” i campi eliminando le sostanze chimiche presenti nel terreno a causa di massivi usi di diserbanti, concimi chimici, fitofarmaci e monocolture spinte.

Una strategia che ha ottenuto il plauso anche delle associazioni ambientaliste (Legambiente l’ha inserita tra le politiche virtuose, segnalate nel suo rapporto Comuni Rinnovabili 2010). All’inizio dell’anno è partito l’impianto di Alessandria e il 5 luglio è stato inaugurato un altro a Vignolo (Cuneo). I primi due di un pacchetto di venti, che l’azienda ha intenzione di attivare per produrre 20 MW di energia elettrica. Ciò permetterà di distruggere, ogni ora, 5mila metri cubi di biogas, di evitare 70 tonnellate di Co2 e di alimentare 68mila abitazioni private. Per la bolletta energetica nazionale, significherà un risparmio di quasi 300 barili di petrolio ogni giorno.


(AFFARITALIANI.it)

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