venerdì 22 ottobre 2010

"NIENTE LAVORO PER GLI STRANIERI", L'IRA DEL SINDACO "INTOLLERABILE"


«A parte che la madre degli stupidi è sempre incinta, io chiedo alle autorità competenti che si indaghi. C’è un numero di cellulare in fondo a quel volantino. Bisogna andare sino in fondo perché quello non è lo spirito e l’anima della comunità torinese. La nostra città non ha ancora dimenticato i cartelli con su scritto “Non si affitta ai meridionali” e tanto meno oggi accetta quelli in cui si spiega che non si dà lavoro agli stranieri».

E’ livido il sindaco Chiamparino quando alle undici di ieri nella Sala Gialla del Lingotto decide «di chiedere scusa a nome della città per quell’ignobile volantino di cui parlano oggi i giornali». Lo fa davanti ad una platea fitta di telecamere e autorità. In prima fila c’è il questore, il prefetto e il comandante provinciale dei carabinieri. E il primo cittadino chiede aiuto proprio a loro per dare un seguito alla denuncia apparsa due giorni fa su «La Stampa»: «Non è possibile che accadano queste cose. Si indaghi dunque per scoprire chi è l’autore». La platea risponde con un caloroso applauso.

Per chi si fosse persa la puntata precedente a scatenare l’ira del sindaco è stato un volantino affisso in più punti del centro in cui c’era scritto che si cercavano commesse, tra i 18 e i 20 anni, per un centro commerciale e per aree pubbliche purché «no perditempo e no stranieri». Per Chiamparino si è trattato di un episodio talmente grave da meritare di essere stigmatizzato durante l’apertura ufficiale del Salone del Gusto e di Terra Madre. Di avviso diverso è invece l’onorevole Agostino Ghiglia del Pdl: «Sosteniamo e valorizziamo la forza lavoro rappresentata dalle decine di migliaia di stranieri che hanno un impiego sul nostro territorio e per questo costituiscono un’importante risorsa - ha dichiarato ieri - ma non è neanche giusto limitare la libertà individuale di scegliere chi è più adatto a lavorare, né colpevolizzare chi, per questa ragione, preferisce dare lavoro ad un italiano». Incalza: «Nel ribadire il nostro secco “no” al razzismo, vorremmo allo stesso tempo evitare di cadere in un "razzismo al contrario" che arrivi a penalizzare chi è italiano».

Anche per Stefano Allasia, deputato del Carroccio, si rischia di fare esercizio di «razzismo al contrario». Attacca: «Ci troviamo - aggiunge Allasia - di fronte ad un caso di tutela del diritto di un commerciante di cercare i propri dipendenti secondo i parametri che ritiene più adatti alla propria attività». E conclude: «Vorrei che certi personaggi mostrassero lo stesso sdegno di fronte alle vetrine dei negozi che recano esclusivamente scritte in cinese o in arabo».


(LASTAMPA.it)

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