sabato 23 ottobre 2010

"MA TU 6 SOLA?", DOMANDA IMBARAZZANTE PER DONNE DOPO I 30


Il mondo è come l'arca di Noè. Ci si sale in due. A noi ragazze lo insegnano subito, da quando, ancora all'asilo, il tormentone è: «Ce l'hai il fidanzatino?». Due, per le femmine, diventa il vero numero perfetto, la bacchetta magica che rende tutto possibile. E tutto mette in equilibrio. Perché il problema, anche nel 2010, è proprio questo: una donna sola ha un potenziale destabilizzante. Che va neutralizzato. Lo avvertono gli uomini che, se sono soli, paiono tanto «fighi». Ma lo sentono soprattutto le altre donne, le sole e le accoppiate. Sono loro a imporre la legge dell'arca di Noè e a far risuonare ad alta voce, perché tutti la sentano, la domanda che t'inchioda: «Ma tu sei da sola?».

DOMANDA - La risposta cambia nel corso della vita seguendo la traiettoria della propria crescita interiore (se c'è). Certo, la prima fase è difficile. Se ancora ci si pone troppe domande sulla propria identità, rispondere a quelle altrui costringe a lavorarci sopra. Con esiti alterni. Racconta Lucia Ciardo, 40 anni, attrice, nata a Padova ma cresciuta al Sud: «È stata mia madre a insegnarmi il coraggio. Quando le sue amiche chiedevano se fossi fidanzata, era lei a rispondere: "No, mia figlia è diversa. Non tutte le scelte van bene per tutti". Ancora oggi mi sento così - continua -: speciale. Certo, conservo l'ideale di una bella relazione, ma proprio per questo non la voglio a tutti i costi».

RISPOSTA - Eppure quella benedetta domanda ci insegue ovunque. Il campionario delle risposte possibili oscilla tra l'originale e il patetico. Alcuni esempi tratti dalla pratica quotidiana: «Sì, no, non sono sola. È che il mio ragazzo fa il pilota, allora...», allora niente. Oppure: «Sì, sono sola, ma sto meglio così» e chi ci crede. «Mi sono appena lasciata», tristezza infinita. «Non sono sola: ho il mio cane», contenta tu. La variante «ma a te che t'importa?» è sacrosanta ma fa tanto «acidella».
Fin qui, studiando toni e pose, ce la si può pure cavare. Il problema è quando dalla nostra risposta discende una conseguenza pratica. Tipo: si è invitati a una cena seduti ed essere soli «spaia». A parte la soluzione «ti metto a capotavola» come un portafiori, ci si può sentire chiedere: «Puoi portare un amico?». Il pensiero che se si avesse un amico «portabile» forse a quella cena non si andrebbe, non sfiora mai il/la gentile ospite. L'ipotesi di invitare un bello «spaiato» è fuori discussione. Quanto alla soluzione «porto un'amica» può fare rinviare la cena indefinitamente.

ETÀ CRITICA - L'età più critica sono i trent'anni, quando intorno le amiche cominciano a sposarsi e ad avere figli. In quel mondo fatto prima di bomboniere e nuove ricette da provare e poi di pappine e notti insonni, quelle che erano le chiacchiere di una volta diventano all'improvviso futili. Senza dire che, al cospetto di un pancione, anche la più bella silhouette conquistata in palestra sembra non reggere il paragone. Gli inviti delle amiche impalmate diventano a senso unico: serate di sole donne (perché a quelle di coppie non si è ammesse). I mariti, i compagni vengono occultati manco fossero George Clooney. In compenso le amiche «che ce l'hanno fatta» diventano prodighe di consigli, in genere pensano che chi è «rimasta» sola a questo punto debba accontentarsi. Facendo sorgere il dubbio che lo abbiano fatto anche loro.

CAMBIAMENTO - Ma c'è un punto di svolta dopo il quale tutto cambia. Non si tratta tanto d'osservarsi intorno e scoprire che molte coppie non funzionano e che quei rituali, da cui ci si è sentite escluse, sono appunto spesso solo rituali. Non è dal paragone con le altre che si coglie una nuova prospettiva. Il percorso è interiore. Dice Palmina Pavone, romana d'adozione, alla fine dei trenta: «Convivere con se stessi per anni è introspezione continua, approfondimento dell'io e piena conoscenza. Io ho coltivato un sano individualismo che mi permette di vivere in armonia con me stessa e i miei eventuali fantasmi. Insomma - prosegue - in due mi si scaricano le batterie, da sola mi si amplificano passioni, interessi, amore. Mi circondo di amici che mi somigliano, e in inverno... metto una coperta in più».

SOLITUDINE - Egoiste? Il contrario. La solitudine costringe prima a trovarsi e poi a cercare fuori di sé. In una coppia, in una famiglia, gli «altri» possono essere eventuali, certo vengono dopo. Per una persona sola, sono essenziali. Elisabetta Santovito, 50 anni, tarantina, divorziata da quasi vent'anni, un figlio di 23, ne è convinta. «È l'abbraccio degli amici che mi fa star bene ora che ho recuperato equilibrio - afferma con orgoglio -. Certo, forse in un piccolo centro è più facile non sentirsi soli. Senza sentirsi giudicate perché anche in provincia, al Sud, le donne sole ormai sono tante». Se il percorso è stato quello giusto, se ogni giorno che passa l'ansia si placa, quella famosa domanda si finisce per attenderla al varco. Caterina Tosi, 57 anni, milanese, insegnante, si diverte a stupire: «Quando mi chiedono se sono mai stata sposata, rispondo che sono tre volte vedova e cerco marito». Ma anche senza arrivare a tanta smaliziata allegria, si può cominciare a pensare che se l'arca delle coppie va, noi si resta a terra a ridere, piangere, continuare a sognare, riflettere oppure no. E domani rispondere con il nostro sorriso migliore: «Sono sola sì. E tu, come stai?».


(CORRIERE.it)

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