lunedì 25 ottobre 2010

MARCHIONNE ATTACCA, "SENZA L'ITALIA FIAT STAREBBE MEGLIO"


"La Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia". E' quanto ha detto l'amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne, ospite della trasmissione "Che tempo che fa", condotta da Fabio Fazio. "Nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 - ha concluso - arriva dall'Italia. La Fiat non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre".

"L'Italia è al 118/mo posto su 139 per efficienza del lavoro e al 48/mo posto per la competitività del sistema industriale", ha aggiunto Marchionne. "Siamo fuori dall'Europa e dai Paesi a noi vicini - ha proseguito - il sistema italiano ha perso competitività anno per anno da parecchi anni e negli ultimi 10 anni l'Italia non ha saputo reggere il passo con gli altri Paesi, non è colpa dei lavoratori". Guardando alla classifica indicata, il manager ha commentato: "Non possiamo ignorarla, qualcosa bisogna fare, perchè non c'è nessuno straniero che investe qui". "Gli attacchi verso la Fiat di questi giorni - ha aggiunto - sono fuori posto e non aiutano a richiamare investimenti nel nostro paese dall'estero ".

Marchionne ha poi smentito le voci che lo indicavano pronto a "scendere in politica". "Ma scherziamo? Io faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori", ha detto rispondendo ad una domanda. "Leggo il giornale tutti i giorni alle 6 - ha proseguito Marchionne a cui era stato chiesto di spiegare la recente affermazione secondo cui in Italia erano state aperte tutte le gabbie ed erano scappati tutti gli animali - ne escono di tutti i tipi, c'è una varietà di orientamenti politici e sociali incredibile, tutti parlano e non si capisce dove va il Paese". Tuttavia in questa situazione Marchionne ritiene che "si può avere fiducia nell'Italia, credo di sì, ci sarebbero soluzioni più facili, ma credo che sia possibile costruire qui una condizione diversa, sennò non mi sarei mai impegnato". Alla domanda di Fabio Fazio se c'è da fidarsi del futuro in Italia, Marchionne ha risposto:"Credo di sì. Credo che sia possibile creare una realtà diversa. In Italia le potenzialità ci sono, i problemi ce li creiamo noi".

L'Ad della Fiat ha parlato anche delle vertenze in corso e in particolare della questione "pause". Il sistema di 3 pause ogni 10 minuti anzichè 2 da venti proposto per Pomigliano e Melfi è "già applicato a Mirafiori". "Fa parte degli sforzi - ha aggiunto Marchionne - per ridisegnare il processo di produzione, e i 10 minuti che si perdono sono pagati". Il Gruppo Fiat è pronto a portare i salari degli operai "ai livelli dei Paesi che ci circondano".

Commentando la recente proposta di accorciare le pause di lavoro nello stabilimento di Melfi, Marchionne ha ricordato che si tratta di un progetto "disegnato per dare all'Italia la capacità di poter competere con i Paesi da cui siamo circondati. In cambio - ha proseguito - sono disposto a portare il salario dei dipendenti ai livelli dei Paesi che ci circondano". La situazione, ha poi precisato, "cambierà se arriveremo ai livelli competitivi degli altri". "Stiamo cercando - ha aggiunto - di creare le condizioni per aumentare questi 1.200 euro e il dialogo con i sindacati è assolutamente chiaro su questo".

Marchionne ha poi ricordato che "colmare il divario con gli altri Paesi" per la Fiat è "un compito" per il quale però serve "la collaborazione di tutti". "Quando tre operai - ha detto, ricordando la vicenda di Pomigliano - fermano la produzione è anarchia e non democrazia". "La proposta che abbiamo fatto è dare alla rete industriale di Fiat la capacità di competere con i Paesi vicini a noi, in cambio io sono disposto a portare il salario dei dipendenti a livello dei nostri Paesi vicini". "Il salario cambierà - ha aggiunto - se cambierà il sistema di produzione in Italia, può darsi che sia un cambiamento difficile da sopportare, ma vogliamo migliorare i 1.200 euro di stipendio ai dipendenti".

Parlando poi delle organizzazioni sindacali, riferendosi alla Fiom Cgil, Marchionne ha spiegato che "meno della metà dei nostri dipendenti appartiene a una sigla sindacale". Dopo aver spiegato che "più della metà non è iscritta al sindacato", Marchionne ha aggiunto che il 12,5% dei dipendenti è iscritto alla Fiom".
"A Pomigliano - ha aggiunto - non abbiamo tolto il minimo diritto, abbiamo cercato di assegnare la responsabilità della gestione di uno stabilimento ai sindacati per gestire insieme a loro le anomalie". E ha poi aggiunto: "Quando il 50% dei dipendenti si dichiara ammalato in un giorno specifico dell'anno, vuol dire che c'è una anomalia". Alla domanda sul giorno in cui avviene tale anomalia, Marchionne ha replicato: "Dipende da che partita c'è".

Marchionne ha comunque smentito possibili dismissioni delle aziende campane: "Se la Fiat dovesse smettere di fare auto in Campania, avremmo, credo, un problema sociale immenso, specialmente in una zona dove la Camorra è molto attiva". "Considerando l'indotto, lavorano 20 mila persone", ha spiegato per indicare la dimensione del problema. Riferendosi alla missione de Lingotto in zona, Marchionne ha criticato l'atteggiamento "dei sindacati che ci criticano". Riguardo alle richieste sindacali di conoscere il piano dei nuovi modelli previsti, l'ad di Fiat ha replicato: "Di nuovi modelli ne abbiamo quanti se ne vuole, dobbiamo però dare ai nostri stabilimenti la possibilità di produrre ed esportare, gli impianti devono essere competitivi, altrimenti non possono produrre e vendere niente". Marchionne ha poi confrontato l'Italia con la Polonia, dove: "I nostri 6.100 dipendenti producono oggi le stesse auto che si producono in tutti gli stabilimenti italiani".

Marchionne è poi intervenuto sulle accuse alla Fiat di essere un'azienda "assistita dallo Stato": "Qualsiasi debito verso lo Stato è stato ripagato in Italia, non voglio ricevere un grazie, ma non accetto che mi si dica che chiedo assistenza finanziaria. E tra il 2008 e il 2009 la Fiat è stata l'unica azienda che non ha bussato alle casse dello Stato, diversamente da quanto fatto da molte concorrenti europee".

"La Fiat - ha spiegato Marchionne - ha collaborato con lo Stato per costruire il futuro industriale del Paese, e oggi ha collaborato con il governo Usa per salvare Chrysler". Secondo Marchionne, quel tipo di collaborazione Stato-Industria esiste in tutti i Paesi del mondo, l'importante è ripagare i prestiti e che lo Stato non diventi "gestore delle società".

Riferendosi a Chrysler, Marchionne ha precisato che "noi stiamo risanando l'azienda e pagheremo il debito".
Riguardo all'Italia ha invece indicato che "noi non abbiamo chiesto finanziamenti come invece hanno fatto i tedeschi e i francesi, e gli incentivi sono soldi che vanno ai consumatori, e aiutano noi indirettamente perchè in Italia sette auto su dieci sono straniere".

Dure reazioni alle affermazioni dell'Ad della Fiat: "Le parole di Marchionne sono ingenerose nei confronti dell'Italia e dei lavoratori che hanno contribuito a fare grande la Fiat. L'azienda è nata e cresciuta nel nostro paese più di 100 anni fa, e se oggi è una multinazionale di successo è anche grazie a questo inizio." Lo afferma Cesare Damiano, capogruppo in commissione Lavoro del Pd. "Nel mercato globale la sfida della competitività è continua. Chi oggi guadagna domani può perdere e viceversa per questo non è condivisibile una logica che allude ad un potenziale taglio di rami secchi basato su un risultato di conto economico. Noi - continua Damiano - siamo per accettare la sfida che Marchionne propone, ma non condividiamo la filosofia che sottende. Le imprese devono fare profitti per avere un futuro, ma hanno anche una responsabilità sociale." "Il governo si svegli e reagisca e, come hanno fatto tutti i paesi industrialmente avanzati, si doti di una politica industriale per i settori strategici capace di sostenere innovazione e ricerca. Questo vale anche per l'auto e per i veicoli industriali e commerciali." "Il Partito democratico si batterà contro una scelta che possa "tagliare" l'Italia e chiede l'attuazione del piano d'investimenti promesso dal'azienda". conclude Damiano.

Anche i sindacati, con diverse sfumature, criticano pesantemente le parole dell'Ad Fiat. Sergio Marchionne parla "come se la Fiat fosse una multinazionale straniera che deve decidere se investire in Italia", attacca Giorgio Airaudo, responsabile del settore auto della Fiom Nazionale.

"Marchionne - dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm - deve evitare di continuare ad umiliare i lavoratori e il sindacato che si è assunto la responsabilità di gestire anche accordi difficili". Palombella invita il manager del Lingotto "a chiarire una volta per tutte quale sia la reale intenzione della Fiat. Se vuole davvero invertire il rapporto tra la quantità di auto prodotte all'estero e quelle fabbricate in Italia - osserva - deve smetterla di fare dichiarazioni che sono la negazione di ciò. Un gruppo industriale che chiede responsabilità e consenso non può continuare a dire che dell'Italia non sa che farsene. E' un errore strategico".

Per Bruno Vitali, responsabile Auto della Fim, "Marchionne deve credere di più nell'Italia e smettere di tenere tutti appesi. Ha sempre detto che qui perde, ma se investirà anche l'Italia genererà profitti come avveniva prima della crisi. Gli impianti sono nuovi e i lavoratori sono pronti a fare la loro parte". Apprezzabile, sostiene Vitali, l'idea di monetizzare con aumenti salariali l'incremento di efficienza nelle fabbriche.

"Io mi accontenterei che i lavoratori avessero il premio di risultato tagliato a luglio", osserva Airaudo che critica l'idea che "competitività e produttività si recuperino intervenedo sul fattore lavoro". Il segretario della Fiom precisa che a Mirafiori non è già in vigore il sistema di pause di 3 pause di 10 minuti anzichè quello di 2 da venti proposto per Pomigliano e Melfi. "E' curioso comunque - ironizza - che in uno stabilimento che fa tre settimane di cassa integrazione al mese si considerino utili dieci minuti in più di produzione".

Durissimo Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale della Fiom: "Il discorso di Sergio Marchionne è stato un concentrato di falsità e bassezze, un comizio reazionario antisindacale senza contraddittorio. E' un messaggio così brutale ed ingiusto - prosegue Cremaschi - che davvero andrebbe diffuso per convincere a scioperare".

E in serata ha parlato anche il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: "L'Italia è un Paese che già ha dimostrato l'attitudine ad evolvere verso una maggiore competitività nel rispetto dei diritti dei lavoratori incluso il diritto ad incrementi salariali legati a una maggiore produttività. E se è legittimo da parte di Marchionne invocare maggiore produttivita", è anche vero che "la maggioranza delle organizzazioni sindacali e le istituzioni si sono già rese concretamente disponibili ai necessari cambiamenti".
"Marchionne - commenta Sacconi - ci ha ricordato che Fiat oggi è un Gruppo multinazionale con stabilimenti distribuiti in diverse dimensioni economiche e sociali. Noi ricordiamo a lui che l'Italia è il Paese di storico insediamento del Gruppo automobilistico ove ha depositato impianti e soprattutto un grande patrimonio di esperienze e professionalita".


(REPUBBLICA.it)

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