domenica 28 novembre 2010

IL PEDOFILO TORNA NEL QUARTIERE DELLA SUA VITTIMA


TORINO - L’«orco» era al supermercato. Sacchetto in una mano, telefono cellulare nell’altra. Impegnato in una conversazione così tanto da non accorgersi di Daniela, 45 anni, mamma di Erica, la bimba di sei anni che lui aveva molestato, violato con giocattoli per adulti. L’«orco» ha continuato a telefonare e si è allontanato assieme all’uomo che era con lui. Daniela è rimasta a bocca aperta, ha incominciato a tremare come una foglia. E’ ripiombata in un incubo che sperava di aver cancellato due anni e mezzo fa, quando quell’uomo era finito in carcere. Lui si chiama Angelo, ha 55 anni. I giudici lo hanno condannato a 8 anni e 10 mesi di carcere, in primo grado e in appello. Da quasi un anno, però, è agli arresti domiciliari in una «casa accoglienza». «E’ in condizioni di salute gravissime» spiega l’avvocato Maria Grazia D’Ursi, difensore di Angelo assieme al collega Giuseppe Caprioli. L’«orco» ha un problema all’aorta, potrebbe cedere da un momento all’altro. «Il mio cliente ha sempre chiesto aiuto e in questo momento lo ha trovato. L’assistenza di quei volontari è preziosa» aggiunge il legale.

L’incontro è avvenuto lunedì scorso, alle 14. «Ero andata a fare la spesa nel centro commerciale vicino a casa - racconta Daniela - Ero ancora nel piazzale, a pochi passi dall’entrata. Ho udito una voce, non so perché, ma ho deciso di voltarmi. In quel momento, l’ho visto. Non riuscivo a crederci, era lì, davanti a me. Aveva la testa bassa, sorrideva. Mi sono sentita morire». Daniela è voleva essere certa, ha seguito quell’uomo «per 3 o 4 minuti. Era proprio lui». Appena tornata a casa, è andata da Cinzia, 41 anni, la vicina di casa. ma soprattutto, mamma di un’altra bimba, anche lei oggetto delle attenzioni morbose di Angelo quando aveva appena sette anni. «Ho fatto star male anche lei, ma non potevo tenermi dentro un groppo del genere» dice ancora Daniela. Ancora: «Non voglio sindacare sui motivi di salute, ma è possibile che debba venire proprio in questa zona? Possibile che nessuno ci pensi?».

Angelo è stato in carcere a Torino, poi a Biella. Poco meno di un anno fa, i giudici della terza sezione della corte d’appello gli hanno concesso gli arresti domiciliari in una «casa accoglienza» per motivi di salute. «Ma come hanno potuto pensare di lasciarlo venire in zona?» tuona Giuseppe, 47 anni, marito di Cinzia. Lui era un collega di Angelo, lavoravano per la stessa azienda informatica. «Un giorno, sono andato fuori dal posto di lavoro. L’ho chiamato, tra noi c’era soltanto una rete metallica. Ho tirato fuori un coltello e l’ho minacciato, gli ho detto di non farsi più vedere altrimenti sarebbe finita male. Lo so, ho sbagliato, non avrei dovuto, ma sono un padre e quell’essere aveva abusato di mia figlia. Lei che avrebbe fatto?».

Ancora: «Quel giorno al centro commerciale, è andata bene che lo ha visto Daniela. Fosse capitato a me, non so come sarebbe andata a finire». Gli fa eco Michele, marito di Daniela: «Lo so, è sbagliato, mi rendo conto. Ma provi a capire, provi a immaginare come ci sentiamo. Non so come avrei reagito se me lo fossi trovato davanti».

Quel giorno, Angelo era fuori con un permesso dei giudici. Dalle 10 alle 16, per visite mediche legate alla sua patologia. In più, il medico di famiglia di Angelo ha lo studio nella zona dove viveva prima dell’arresto, la stessa dove abitano le famiglie dei bimbi oggetto delle fantasia malate dell’«orco». «E’ previsto lo spostamento in un’altra struttura» rassicura l’avvocato D’Ursi, che assieme al collega Caprioli attende il pronunciamento della Cassazione.


LaStampa

0 commenti:

Posta un commento