giovedì 25 novembre 2010

UNIVERSITA', LA RIVOLTA AI TEMPI DEL WEB, "BASTA UN CLIC E PARTIAMO"


TORINO - La protesta 2.0, quella della generazione dei social network e della musica digitale. È una contestazione diversa da quelle del passato quella che va in scena a Palazzo Nuovo e nelle università di tutta Italia in questi giorni. Una protesta differente da quelle degli Anni 70 e 80 per la tecnologia utilizzata, per i ritmi veloci, per l’imprevedibilità degli avvenimenti, per le inedite alleanze che nascono contro il disegno di legge Gelmini. Prima tra tutte quella fra studenti e docenti, separati negli Anni 70 da un fossato invalicabile. «Oggi i ricercatori sono una delle anime del movimento anti Gelmini» dice Marta Belotti, degli autonomi, una delle figure di spicco della protesta a Palazzo Nuovo.

La dimostrazione è sul tetto del palazzo, con i docenti, ricercatori e qualche professore associato, che mantengono vivo il presidio allestito due giorni fa. Ma, su questo fronte, l’evento più eclatante di ieri è stata la visita del rettore dell’Università Ezio Pelizzetti ai dimostranti: «La vostra protesta è condivisibile» ha detto. Sarebbe stata una eresia qualche decina di anni fa, quando i rettorati erano visti come palazzi inviolabili e impermeabili alla protesta.

Altra differenza figlia del nostro tempo è l’irruzione della tecnologia nella contestazione. Un fenomeno tanto forte che i simboli dell’occupazione di Palazzo Nuovo sono i computer portatili disseminati nell’atrio e i cellulari dei rappresentanti degli studenti che squillano di continuo. La linea wireless è molto più importante di quella politica, di cui l’assemblea degli occupanti si dice «felicemente orfana».

Gli aggiornamenti corrono nell’etere e danno linfa sempre nuova alla contestazione. «Che fanno le altre facoltà?», è una delle domande più ricorrenti nel grande atrio di via Sant’Ottavio. Per soddisfare la curiosità basta un sms o un clic su qualche pagina di Facebook, dove la cronaca della manifestazione è praticamente una diretta.

I rappresentanti degli studenti fanno i loro interventi con un occhio agli universitari accampati nell’atrio e l’altro al monitor del pc più vicino: in caso di novità, l’aggiornamento avviene in tempo reale. E la colonna sonora delle discussioni sono le canzoni scaricate da Internet o ascoltate direttamente su YouTube.

«Grazie a cellulari e radioline anche i cortei sono basati sull’improvvisazione», spiega Nicola Malanga degli Studenti Indipendenti, troppo giovane per ricordarsi dei cortei annunciati dal ciclostile. «Il percorso si decide all’ultimo - aggiunge - oppure si sceglie la strada da percorrere durante la marcia, per creare più disagio», come ben sanno gli automobilisti torinesi fermati dai blocchi selvaggi degli ultimi giorni.

«In realtà l’organizzazione non manca», giurano molti universitari, ma nessuno nasconde che questo movimento manca di un leader e di un punto di riferimento vero. «Abbiamo un’idea di società più giusta, con meno diseguaglianze - dice Luca Spadon degli occupanti - ma in nessun personaggio, politico o dello spettacolo, vediamo espressa la nostra idea di futuro». Per Francesca Zanola «le tre assemblee quotidiane che si tengono a Palazzo Nuovo sono il luogo delle decisioni», ma bando alle riunioni fiume, «vietato andare oltre l’ora di assemblea».

E poi, altro che Marx, Che Guevara e la rivoluzione permanente. I padrini della contestazione di oggi sono gli iPhone e Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook.


LaStampa

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