domenica 7 novembre 2010

L'ULTIMATUM DI GIANFRANCO FINI, "BERLUSCONI SI DEVE DIMETTERE"


"Berlusconi deve andare a dimettersi". Gianfranco Fini è pronto allo strappo finale, a quella richiesta di "discontinuità" - l'apertura di una "fase nuova" - che solo in parte ha lasciato intravedere ai fedelissimi alla vigilia del discorso di oggi. È finita l'era del Cavaliere, si volta pagina dunque. Ma tutti i passaggi devono essere consumati con i tempi giusti, Fini è pur sempre il presidente della Camera. Inoltre c'è da tener conto di Giorgio Napolitano, preoccupato per le conseguenze di una crisi al buio, per ciò che le "fibrillazioni istituzionali" possono comportare nell'immagine del paese all'estero, sui mercati dove si negozia il debito pubblico italiano.

Fini ne è consapevole, per questa ragione chiederà oggi che sia Berlusconi stesso a gestire la "fase nuova" che si aprirà in Parlamento. Il percorso immaginato passa anzitutto per l'apertura formale di una crisi di governo, con la presa d'atto che "l'illusione dell'autosufficienza è finita", che "l'attuale maggioranza da sola non ce la fa più ad affrontare i gravi problemi del paese". Dunque il Cavaliere deve salire al Colle e dimettersi. Per andare alle urne? Per lasciare spazio a un governo tecnico? Niente affatto. "Gli italiani hanno scelto Berlusconi e deve essere lui a provare a dar vita a una nuova maggioranza. Non siamo ribaltonisti". Un nuovo governo per una nuova maggioranza, non un Berlusconi-bis. Una maggioranza di "responsabilità nazionale", aperta ai parlamentari che ci stanno, in primis quelli dell'Udc. Un governo di "unità nazionale". Con alcune priorità, in testa lo sviluppo e il lavoro, la lotta alla precarietà, il taglio della spesa improduttiva e gli investimenti nell'università. E i 5 punti del Cavaliere? Roba vecchia. Su questa linea Fini terrà insieme falchi e colombe.

"Si chiude una fase - sintetizza Andrea Ronchi - e se ne apre un'altra, all'insegna della leadership di Fini". Fabio Granata è certo che il nuovo partito non si spaccherà: "Siamo tutti d'accordo che qualsiasi prospettiva che sia solo un rimescolamento di cose già viste, compreso il patto di legislatura, a questo punto sia inaccettabile". Le prime parole pronunciate ieri sera da Fini davanti ai giovani del Fli, d'altra parte, lasciano intuire il clima: "Non vi farò mai cantare meno male che Gianfranco c'è perché bisogna essere fedeli a un'idea, non ad una persona. Le persone passano". E ancora, "in Italia oggi c'è troppa atonia morale, i giovani devono ribellarsi".

Raccontano che, dietro la decisione dello strappo, ci siano anche le voci arrivate all'orecchio del presidente della Camera. Si parla di un incontro segreto tra Bossi e Casini, con la Lega pronta ad accogliere l'Udc nella maggioranza. Anche per anticipare una mossa del genere, Fini avrebbe deciso di gettare il cuore oltre l'ostacolo. E l'impatto con la folla accorsa nei padiglioni di Umbria Fiere, dove il tasso di antiberlusconismo è altissimo, ha di certo giocato un ruolo. "Fini - osserva Umberto Croppi, assessore alla cultura del Campidoglio - è davanti a un bivio: fare il leader di un partitino alla Dini, oppure intestarsi la battaglia e proiettare la sua leadership oltre l'area dei delusi del Pdl. Ma per far questo deve prima "uccidere" il Re". Il "regicidio" è dunque un passaggio obbligato. E si vedrà, se mai ci si dovesse arrivare, se sarà davvero Berlusconi a gestire la fase finale della legislatura. Oppure, come già prevedono i colonnelli finiani, dovrà passare la mano a qualcun altro di sua scelta. "Nel patto di legislatura - suggerisce sibillino Italo Bocchino - non c'è mica scritto con quale premier e con quale maggioranza".

Se Fini pensa di aver trovato il modo per fare un passo in avanti, senza deludere le aspettative di chi è venuto ad ascoltarlo, ma senza neppure aprire una crisi al buio, è anche vero che nessuno si illude che Berlusconi possa accettare una proposta del genere. "Se si assume la responsabilità di dirci di no - spiega un finiano - allora al Cavaliere non restano che due possibilità: tirare a campare indebolito, o strappare provando ad andare al voto". Ma il premier, a sentire chi gli ha parlato, è invece convinto di avere buone carte in mano per andare avanti. "Se davvero vogliono l'apertura di una crisi - ragiona Berlusconi - mi devono votare contro. A quel punto voglio proprio vedere quanti resteranno con Fini". Dai calcoli fatti in queste ore a palazzo Grazioli, Fini dovrebbe perdere quasi tutto il gruppo al Senato e restare con una quindicina di deputati a Montecitorio. Ma già in passato si è visto quanto fossero fallaci i numeri sulla scarsa consistenza parlamentare di Fli. Intanto i finiani sono certi di aver strappato alla Lega il baricentro della maggioranza. "Martedì - ti spiegano soddisfatti - Tremonti verrà da noi a concordare come spendere gli otto miliardi della Finanziaria".


(REPUBBLICA.it)

0 commenti:

Posta un commento