sabato 9 aprile 2011

CENTO TUNISINI IN LIBERTA' CON IL PERMESSO TEMPORANEO


TORINO - Oggi pomeriggio li verranno a prendere, li caricheranno sui furgoni della polizia e li porteranno all’ufficio immigrazione della Questura in corso Verona. Li identificheranno: foto, impronte digitali. Poi li lasceranno andare in mano una ricevuta. Il lasciapassare verso la regolarizzazione.

L’ordine è partito ieri sera dalla Questura. Al Cie di corso Brunelleschi ci sono un centinaio di tunisini, fuggiti da Lampedusa o dai campi d’accoglienza di Manduria e approdati a Torino. Ragazzi di trenta-trentacinque anni, tra i primi sbarcati sulle coste italiane dopo il grande esodo. Da oggi non saranno più clandestini. Quella ricevuta dà loro diritto al permesso di soggiorno temporaneo per ragioni umanitarie, come deciso nei giorni scorsi dal governo dopo l’intesa con gli enti locali. Per sei mesi potranno restare sul territorio italiano, per tre circolare nei paesi dell’area Schengen.

Torino è la prima grande città a dare avvio alle operazioni. Solo Ventimiglia, dove centinaia di giovani premono alle porte delle frontiere francesi, si è già messa in moto. La procedura è complessa: la tessera viene stampata dalla Zecca di Stato, ci vogliono giorni perché arrivi. I cento tunisini la riceveranno non prima di mercoledì. Ecco perché la Questura si è rivolta alla Pastorale dei migranti per chiedere una mano: quando i cento immigrati verranno identificati, cesseranno di essere considerati clandestini, non potranno più essere riportati al Cie. Potrebbero essere lasciati liberi, con l’indicazione di tornare a prendersi la tessera, ma la macchina organizzativa si è comunque messa in moto per assicurare una sistemazione a tutti quelli che lo vorranno.

Poi si passerà alla seconda fase, che riguarderà le migliaia di stranieri stipati tra Lampedusa e le tendopoli del Sud. Il messaggio da ieri rimbalza di parrocchia in parrocchia, accompagnato da una lettera della Conferenza episcopale piemontese: chi può, chi ha anche solo un posto letto disponibile si faccia avanti. La Chiesa ha avviato una ricognizione alla ricerca di soluzioni per ospitare gli immigrati che il governo destinerà al Piemonte. «Oltre che un doveroso atto di fraternità, la disponibilità all’accoglienza è, in un momento difficile come questo, un segnale preciso e concreto di partecipazione della Chiesa piemontese alla situazione di emergenza di questi giorni», dice l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, presidente della Conferenza episcopale piemontese.

La cabina di regia è stata affidata a Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana, appena nominato responsabile regionale. Sarà lui a tenere le fila del dialogo con la Regione e con tutti gli altri enti coinvolti. Intanto il tam tam è cominciato. «Di fronte al dramma di tanti fratelli e sorelle provenienti dal Nord Africa tutte le Chiese piemontesi si stanno mobilitando. I vescovi stanno lanciando appelli alle comunità parrocchiali, religiose e a tutti i fedeli delle singole diocesi, affinché si rendano disponibili ad accogliere coloro che arriveranno sul territorio subalpino», recita una nota della Conferenza episcopale piemontese. Una richiesta d’aiuto subito accolta da don Luigi Ciotti, fondatore di Libera: «Ognuno con le risorse che ha può farsi carico di piccoli gruppi che si possono inserire più facilmente».

Nelle intenzioni della Caritas, però, c’è un progetto con una precisa filosofia: «Non vogliamo riempire scatole, dove le scatole sono i posti che si renderanno disponibili», spiega Dovis. «Vogliamo costruire scatole su misura delle persone che le andranno a occupare». Una metafora per dire che l’obiettivo è fare qualcosa di più che tamponare le falle dell’emergenza. La ricognizione tra le parrocchie serve per essere pronti non appena da Roma arriveranno direttive precise: quante persone?, profughi su cui attivare percorsi d’inserimento o immigrati di passaggio? E ancora: ci saranno minori, donne, donne con bambini? «A quel punto, sulla base delle disponibilità emerse potremo decidere come agire», dice Dovis.

Il fine settimana servirà per diffondere gli appelli nelle parrocchie e aspettare risposte. Da lunedì, non appena il ministero dell’Interno comunicherà le destinazioni degli immigrati, toccherà alla Regione il ruolo di coordinamento e gestione delle operazioni. «Il dialogo con la Caritas e Nosiglia è costante», ha detto ieri Roberto Cota. «La situazione è difficile, ma bisogna evitare inutili allarmismi». Il governatore ha anche voluto replicare alle continue frecciate del sindaco Chiamparino: «Non accetto lezioni da nessuno».


La Stampa

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