venerdì 29 aprile 2011

DON CIOTTI, LA DROGA UNA "PIAGA DIMENTICATA"


TORINO - "Eros, 19 anni, Roma. Concetta 26, Torino. Piero 22, Milano. Nel 1975, in questa città, piazzammo un cartello con questi tre nomi, i primi tre morti di droga in Italia. Tre giorni in piazza Solferino sotto le tende: duecento torinesi decisero di digiunare con noi per chiedere una legge che non mandasse più in galera o in manicomio i tossicodipendenti. Michele Pellegrino inviò un telegramma al presidente della Repubblica Giovanni Leone". Don Luigi Ciotti ricorda quella Torino della metà degli anni 70 con commozione: «Nel 1973 avevamo aperto il Molo 53, in via Verdi, primo spazio in Italia aperto giorno e notte e gestito insieme con medici e farmacisti generosi, contrari ad una legge che prevedeva, fra l’altro, la denuncia delle persone tossicodipendenti. Sono passati oltre trent’anni da quella battaglia ed è ora di tornare ad accendere i riflettori sulle dipendenze, di capire cos’è cambiato, di fare nuove proposte», dice. È lui ad aprire il convegno che il Gruppo Abele ha voluto dedicare ad una riflessione a 35 anni dall’approvazione della legge che riconobbe la tossicodipendenza come problema sociale: due giorni di discussione dal titolo “Droga, è tempo di riparlarne” cui partecipano 400 iscritti da tutta Italia, 30 relatori e che si conclude oggi alla Fabbrica delle ‘E’ di corso Trapani. Ma Luigi Ciotti va oltre il ricordo di quella battaglia condotta in prima fila dalla sua associazione. La sua è anche una denuncia e un allarme: "Oggi, con i consumi, sono cambiate pure le condizioni sociali. Viviamo una situazione di impoverimento generale dovuta alla crisi, che ha accresciuto ansia e disperazione nelle persone. Impoverimento non solo economico, ma anche etico e culturale". La riduzione del fondo per il sociale nel nostro Paese che si ripercuote sui servizi di accoglienza e sostegno, dice ancora il fondatore del Gruppo Abele "parla chiaro sul disinvestimento in questo settore. I fondi destinati al sociale erano 2 miliardi e 500 milioni, oggi sono calati a 379 milioni".

La lotta di trent’anni fa che portò finalmente il parlamento ad approvare una legge all’avanguardia torna anche nell’intervento di Leopoldo Grosso, psicologo e vicepresidente del Gruppo Abele: "Allora si trattava di far emergere un fenomeno, togliere il tabù che lo copriva. Già allora le comunità avevano dimostrato con la loro attività di pionieri che era possibile emanciparsi dalla dipendenza». Con il nuovo modello di società che stiamo vivendo negli ultimi anni «le persone vivono però in una condizione di perenne sovraccarico, e così cresce anche la richiesta di psicofarmaci e delle droghe che vengono chiamate “da prestazione”, con un significativo aumento dell’uso di cocaina, diventata la droga di massa".

Parlare oggi di droga significa parlare della solitudine e della fragilità di molti, osserva ancora don Ciotti: "Si nota una sorta di “tassa sulla povertà” con il diffondersi di gioco d’azzardo, scommesse e lotterie, visto che a giocare sono soprattutto i più poveri. Insieme con l’uso di psicofarmaci e antidepressivi, si registra un approccio sempre più precoce all’alcol come veicolo di stordimento. Si diffondono anoressia e bulimia, disturbi alimentari che nascondono disturbi di relazione".


Repubblica

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