lunedì 4 aprile 2011

IL SINDACO, "L'ARENA ROCK ME L'HA CHIESTA IL MINISTRO"


TORINO - Chiamparino non ci sta a farsi bacchettare da Cota sulla questione clandestini-Arena Rock. Sabato il governatore ha accusato il sindaco di aver combinato un pasticcio, «perché con il suo atteggiamento da primo della classe ha spiazzato la Regione che vuole accogliere il minor numero possibile di profughi». Il primo cittadino replica secco da Bruxelles non appena letti i giornali: «La prima reazione al commento di Cota sarebbe quella di dire che la disponibilità dell’Arena Rock non è solo sospesa, ma ritirata.

Siccome però sono una persona responsabile aspetterò la decisione che il governo assumerà domani (oggi per chi legge, ndr)». Poi arriva al vero punto: «Sia chiara una cosa: è il ministro Maroni, che mi risulta sia della Lega, che mercoledì scorso ha cercato il sottoscritto, e non viceversa. Spero che la sua chiamata sia stata intercettata, sono pronto a un confronto sui tabulati, ho fior di testimoni che possono dimostrarlo: io mi sono attivato soltanto per venirgli incontro. Per questo mi sono pure attirato le critiche di qualcuno nel mio partito. E ora mi si accusa di fare il primo della classe?».

Sindaco, ma ora come andrà a finire?
«Abbiamo concordato con il ministro di attendere l’esito della riunione di Roma e del viaggio di Berlusconi a Tunisi. Ma prima di ribadire che Torino è pronta a fare la sua parte, sempre che non sia la sola città a muoversi in questa direzione, insomma che si attivi quanto prima un tavolo regionale per capire come verranno distribuite queste persone, mi preme ricostruire tutti i passaggi della questione».

Partiamo dal ministro Maroni che è stato il primo a cercare lei.
«Sì, era mercoledì e stavo inaugurando i battelli sul Po. Mi ha chiamato il Prefetto a nome suo chiedendomi la disponibilità di un’area. Io, davanti a tutti, gli ho risposto: mi dia un’ora. Gli ho anticipato che occorrevano precise garanzie che andavano dai soldi alla durata dell’accoglienza, sino al numero di persone che avremmo dovuto ospitare. Di lì a poco l’ho richiamato per dirgli che l’Arena Rock era disponibile».

Poi giovedì il Comune ha dato l’ok al montaggio delle tende.
«E’ stato il ministero a chiederci di cominciare a montare le tende nella notte “per mettersi avanti con il lavoro”, nonostante la cabina di regia romana si fosse conclusa con una fumata nera sulla questione. Appena l’ho saputo ho richiamato Maroni: non trovavo giusto che Torino continuasse a lavorare nella direzione dell’accoglienza, anche perché la gente non avrebbe capito. Ma come, si sarebbe chiesta, a Roma bloccano tutto e Torino è più realista del re?».

Insomma, nessun dietro-front, ma soltanto una frenata per evitare di restare con il cerino in mano?
«Esattamente. Ribadisco: è il governo ad averci cercato. Noi abbiamo fatto di tutto per andare incontro alla loro richiesta, ma di fronte alla decisione di congelare il tutto non potevamo certo andare avanti da soli, senza alcuna garanzia di essere parte di un progetto composito, regionale e nazionale».

E ora qual è la sua posizione?
«È evidente che Torino non può restare sola ad accogliere questi clandestini, perché di profughi ormai è chiaro che non ce ne sono. Poi bisogna chiarire se in quell’area si vuol realizzare un centro di prima accoglienza oppure un centro di identificazione ed espulsione. Perché, in quest’ultimo caso, se dovessimo accogliere 1500 persone quello spazio diventerebbe una polveriera: la gente in odore di espulsione diventa pronta a tutto. Si può anche fare un Cie, ma deve essere molto più ridotto, diciamo 150 massimo 200 persone. Se invece si tratta di un centro di prima accoglienza, allora le dimensioni possono anche essere superiori. Però deve essere chiaro che in Piemonte ci devono essere altri sette-otto siti come l’Arena Rock».


La Stampa

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