domenica 3 aprile 2011

UN VOTO PER UN LAVORO?, BUFERA SUL PROFESSORE


TORINO - I suoi studenti saranno anche «disoccupati che hanno guardato troppi Ballarò» (copyright di Valter Boero), ma ora il professore di Agraria che ha promesso loro un lavoro in cambio del voto alle Comunali rischia grosso.

L’Udc, il partito di cui il professor Boero è capogruppo in Sala Rossa, sta valutando l’opportunità di una sua ricandidatura e anche l’Ateneo si sta muovendo visto che il professore ha inviato la singolare «offerta di lavoro» utilizzando la mailing list del «Job Placement», strumento gestito dallo stesso Boero messo a disposizione dall’università per mettere i neolaureati in contatto col mercato del lavoro.

«Quello che ho letto è gravissimo - dice Alberto Goffi, coordinatore regionale dell’Udc - La visione della politica mostrata dal professor Boero è contraria a qualunque valore espresso dal nostro partito. La cosa è ancor più grave se si considera che proviene da un docente universitario che ha un ruolo pubblico. Non posso pensare che non si sia reso conto delle conseguenze».

Goffi non ha voluto affrontare la questione ieri, visto che avrebbe potuto imbarazzare Casini in visita a Torino, ma annuncia che domani convocherà il professor Boero: «Gli chiederò di giustificarsi, poi attiveremo i probiviri per verificare l’opportunità di una sua ricandidatura con l’Udc». La presa di distanza sembra la linea più probabile.

Ma i guai per il professore non arrivano solo dal partito. L’università ha già adottato i suoi provvedimenti: giovedì scorso il consiglio di facoltà ha deliberato di togliere al professor Boero la responsabilità del Job Placement affidato ora al professor Luca Cocolin, un microbiologo. La decisione è arrivata prima dell’uscita dell’articolo sulla «Stampa».

«Ero già a conoscenza della lettera inviata agli studenti da parte del professor Boero - spiega la preside di Agraria, Elisabetta Barberis - È vero che il Job Placement è stato creato dal professor Boero e gliene siamo grati, ma non è una sua proprietà come non lo sono l’ufficio, la sedia, il computer. Nulla di ciò che è targato “uni.to” può essere appannaggio di un privato. Siamo un ateneo pubblico e quella rete è stata creata per altro, non perché qualcuno la usi per farsi campagna elettorale».

Il professore, ieri, si era giustificato dicendo di voler fare «lobbying»: «Col fondello che mi sono fatto, ora stai a vedere che passo anche per uno che chiede voti in cambio di un lavoro». La lettera inviata agli studenti, tuttavia, lasciava pochi margini di interpretazione. La richiesta era piuttosto cruda ed esplicita.


La Stampa

0 commenti:

Posta un commento